Giochi di curve, colori e intersezioni in un processo estetico capace di trasformare l’inutile in utile, il grottesco in elegante, l’insignificante in simbolico
Ecologia, Economia, Estetismo. Le tre E che contraddistinguono le opere di Oreste Cosentino. Artista calabrese, emigrato in Piemonte negli anni bui della recessione che interessò l’economia italiana, facendo seguito alla crisi petrolifera degli anni ’70 e che coinvolse, travolse e stravolse migliaia di famiglie italiane. Un vivace gioco di cerchi e intersezioni, colori e sfumature, simbolismo e libertà di espressione. Solo alcune delle chiavi di interpretazione dell’audace opera di Oreste Cosentino: opere policrome e polisenso, che nascono da un’innata manualità accostata a grande abilità stilistica, che l’autore declina e trasmuta in vivaci composizioni geometriche bidimensionali dalle forme per lo più circolari e tondeggianti, realizzate, completamente e incredibilmente, a mano libera e senza alcun ausilio tecnico o strumentale. Proprio questo innato talento rappresenta il valore aggiunto di un’opera al contempo “semplice” ma “complessa”, “ordinata” ma non “schematica”, “geometrica” ma non “matematica”. Costituita da una successione di linee armoniche, rappresentate istantaneamente all’atto della trasposizione su cartoncino, senza alcuna intermediazione tra immaginario momentaneo dell’artista e opera realizzata. L’errore è un’ipotesi non ammessa, nelle creazioni del Cosentino, una eventualità non concepita, né contemplata dall’autore. Anche questa impostazione metodologica motiva la scelta dei materiali utilizzati per le composizioni: la matita (quindi, la possibilità di cancellature) è bandita dall’artista, che disegna direttamente con pennarello semi-consumato e destinato allo scarto, su cartoncino, anche questo di recupero. Un’opera estetica di trasformazione dell’inutile in utile, del brutto in bello, dell’insignificante in simbolico. Economia ed ecologia dei materiali danno alle opere un tratto ancor più univoco e caratterizzante e contribuiscono a conferire alle stesse quei connotati della sostenibilità e del riciclo, sempre più ricercati e apprezzati nella produzione artistica contemporanea e pienamente rispondenti ai parametri della emergente “Green Art economy”. Armonia, un altro tratto tipico delle opere del Cosentino, insieme alla ricorrenza dei temi, dal gioco di sezioni e intersezioni, curve e incroci che danno vita a forme ogivali, che ricordano al contempo le morfologie della “mandorla” (simbolo di Vita e Verità), e quello analogo della “vescica piscis”, entrambi temi ricorrenti nelle arti figurative riproposte sin dalle antiche civiltà asiatiche e diffuse anche nelle arti decorative romanico-gotiche e alle quali le civiltà di tutti i tempi hanno attribuito i più diversi significati simbolici. L’oculus è l’ulteriore elemento caratterizzante che finalizza, perfeziona e completa le figure del Cosentino. L’occhio è il simbolo universale della percezione intellettuale e conferisce alle forme la configurazione delle stesse quali essenze viventi, attribuisce vitalità e personalità alle figure, aprendo la via alla chimerica interazione con l’osservatore. Una rappresentazione unica, dunque, attinente più alla dimensione onirica e fantastica che non a quella reale, capace di catturare per qualche istante l’osservatore e trasportarlo in una diversa dimensione, fatta di immagini, forme e colore. Il riempimento cromatico e il gioco di sfumature, rappresentano una ulteriore caratteristica delle opere del Cosentino. Il risultato dei contrasti e accostamenti cromatici acuisce la dinamicità di figure, le quali, pur essendo bidimensionali, risultano multiformi e suggeriscono un’idea di varietà e movimento. Sul piano strettamente semantico, infine, si rileva come l’artista, non intendendo condizionare il giudizio e la libertà di interpretazione di chi osserva, e nel rispetto dell’altrui sfera immaginaria, volutamente non attribuisce alcuna specifica denominazione alle immagini. Tutte le opere sono genericamente denominate dallo stesso, affettuosamente e volendo in qualche modo creare un legame quasi paterno con esse, con l’appellativo “Orestiadi”, dal nome dell’autore, ma è l’interprete che, secondo la propria sensibilità e la propria scelta, definisce liberamente il concetto ivi rappresentato e lo riempie del contenuto che più appare conforme all’interno sentire dello stesso, sicché l’opera dell’autore e l’animo dell’interprete, si incontrino nel mezzo, integrandosi e completandosi a vicenda e dando vita a un’esperienza sensoriale quasi mistica e trascendente, certamente unica e irripetibile. L’osservatore potrà così apprezzare il momento di creatività e liberazione dell’immaginario, o fuga dalla quotidianità e dalla banalità del reale, che il Cosentino propone, invitando con un sorriso, a regalare alla propria immaginazione qualche istante di svago e creatività, travalicando dai rigidi confini della realtà e di una società civilmente organizzata, evadendo, per qualche breve istante, dal dolore e dall’angoscia del mondo terreno. Un piacevole intermezzo tra illusione e sogno, una gradevole distrazione di luce e colore: una deviazione non programmata dalla grigia autostrada dell’Esistenza.
Francesca Agostino
Foto © Oreste Cosentino