Pochi magistrati, molti avvocati: quintultima per numero giudici, seconda per legali. Sistemi giudiziari più efficaci, ma permangono criticità. Soprattutto la lentezza
In Italia la giustizia è lenta, non poteva che essere questa la diagnosi della Commissione Ue che ieri ha pubblicato il quadro di valutazione 2017 che confronta l’efficienza, la qualità e l’indipendenza dei sistemi giudiziari degli Stati membri dell’Unione europea, con l’obiettivo di aiutare le autorità nazionali a migliorare l’efficacia degli stessi. Il Belpaese è ultimo in Europa nella soluzione dei contenziosi, quintultimo per numero di magistrati. Ma anche secondo per numero di avvocati e comunque i sistemi giudiziari, rispetto al passato, sono più efficaci.
Dunque per l’esecutivo europeo restano tante le sfide aperte per la Penisola, ma non tutto è da buttare. Ci vuole più di un anno, in media, per chiudere il primo grado in una causa di giustizia civile, dato che sale a un anno e mezzo in caso di contenzioso e che arriva quasi a tre se si deve andare al Tar per una questione amministrativa: sono i tempi della giustizia a confermarsi il tallone d’Achille del sistema italiano. Soprattutto se si fa un confronto con Paesi come la Danimarca, dove bastano 17 giorni per il primo grado di una causa civile, o la Svezia con i suoi 105 giorni per il tribunale amministrativo di primo grado.
Per la durata delle cause civili, commerciali e amministrative nel loro complesso, l’Italia è il quarto peggiore in Europa. Se si considerano solo i contenziosi civili e commerciali, siamo i più lenti in assoluto, mentre in campo amministrativo fa peggio di noi solo Cipro. Emerge, come già detto, il ritratto di un Paese con pochi magistrati e molti avvocati: l’Italia è quintultima in Europa per numero di giudici, 11 ogni centomila abitanti ma seconda per numero di legali: 391 ogni centomila, in aumento rispetto al 2010 quando erano 350. Forse la causa del problema è proprio qui: tante cause e pochi giudici per smaltirle.
Ma, spiegano fonti della Commissione, «vediamo progressi in Italia, ad esempio nell’uso dell’informatica, e uno sforzo genuino per migliorare, anche se restano tante sfide». Alcuni dei parametri risultano, infatti, positivi: le tabelle mostrano un decremento del numero di cause, passate dalle 6,9 per 100 abitanti del 2010 alle 5,7 del 2015. Cala anche il numero delle cause pendenti, anche si è comunque quinti in classifica per questo parametro. Dati incoraggianti anche per quanto riguarda il tasso di risoluzione delle cause, che vede l’Italia al terzo posto dopo Estonia e Portogallo e in miglioramento dal 2010. E poi la presenza femminile nel mondo giudiziario è alta complessivamente: si va dal 56% di giudici nei tribunali di prima istanza al 51% in quelli di secondo grado, per scendere al 28% nelle corti supreme. Migliora infine la percezione dell’indipendenza dei giudici tra i cittadini, passata da un 25% che nel 2016 la considerava buona o molto buona al 32% del 2017. Dati simili per quanto riguarda la percezione dell’indipendenza dei giudici tra le società, dove il dato positivo è passato dal 24% al 31%.
Margit Szucs
Foto © Court of Justice of the European Union ed European University Institute