Unione monetaria, ecco il piano di Bruxelles per cambiarla

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Il documento si articola in tre blocchi: l’Unione finanziaria, quella economica e di bilancio e la nuova architettura dell’Uem. Un percorso di riforma che va dal 2020 al 2025

Non può essere una conseguenza delle parole di Angela Merkel di domenica 28 maggio («Noi europei dobbiamo prendere il nostro destino nelle nostre mani»), ma l’esecutivo comunitario butta le basi al desiderio di rendere più concreta l’Unione europea. A partire dall’economia, tanto per cambiare. Nella storia dell’Ue è sempre stato così, d’altronde, e l’euro è lì a dimostrarlo.

Domani, mercoledì 31 maggio, la Commissione europea presenterà le diverse opzioni per completare l’Unione economica e monetaria (Uem, nell’acronimo inglese EMU, Economic and Monetary Union). Non una rivoluzione, ma in questo momento qualcosa di solido per ripartire da dove si è iniziato a “unire”. Sul tavolo le idee che sembrano essere gradite a tutti i gabinetti governativi comunitari, che vanno dal ministro del Tesoro unico ai bond sovrani dell’Eurozona.

Bruxelles, al solito, non indicherà la sua preferenza, ma la speranza è che, con il nuovo slancio dato dalle ultime elezioni – in primis quella di Emmanuel Macron e il rinnovato asse franco-tedesco – l’ideale europeo possa trovare un nuovo spazio e crescere nei desideri e nelle intenzioni dei cittadini dei Ventisette.

Il documento si articola in tre blocchi: l’Unione finanziaria, quella economica e di bilancio e l’architettura dell’Uem. Un percorso di riforma che va dal 2020 al 2025. In tutte e tre le aree si presentano misure a breve termine e quelle a più lungo orizzonte, che saranno appunto le più difficili da far accettare agli Stati.

Sull’Unione finanziaria, Bruxelles chiederà di approvare le misure di riduzione dei rischi, già in discussione all’Ecofin (Consiglio economia e finanza, in inglese Economic and Financial Affairs Council), così come lo schema di assicurazione dei depositi e il “backstop” per il fondo salva-banche.

Introdurrà poi un elemento nuovo: i bond sovrani dell’Eurozona, o Esbs (European bond backed securities), ma chiarendo che non si tratta in alcun modo di una forma di messa in comune del rischio. Che poi sarebbero i famosi Eurobond desiderati dai Paesi del Sud Europa. Ma per quello è ancora troppo presto, se mai ci si arriverà. C’è qualcosa nelle misure a lungo termine, dove si accenna alla possibilità di “asset sicuri” che possono prevedere una forma di mutualizzazione, e a una diversa valutazione del rischio dei bond sovrani.

L’Unione economica invece prevede, a breve termine, misure per incentivare le riforme, magari utilizzando il bilancio Ue. L’idea è di usare i fondi europei non solo per la progettazione ma anche l’attuazione delle riforme, ovviamente prevedendo la possibilità di bloccarli se gli Stati non s’impegnano.

Altra idea è permettere al fondo salva-Stati (Meccanismo europeo di stabilità Esm, dall’inglese European Stability Mechanism, istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona – approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo – con la codecisione) la funzione di stabilizzatore: ad esempio, in caso di shock finanziario, per proteggere gli investimenti o per assicurare contro la disoccupazione. L’idea di un bilancio dell’Eurozona sarà, invece, nel lungo periodo.

Infine, l’architettura dell’Uem. L’idea è semplificarla. Nel breve termine si rifletterà sulla funzione dell’Eurogruppo, lanciando l’idea, ad esempio, di riunire la figura del suo presidente con quella del commissario agli Affari economici. Che porta così all’altra ipotesi succitata, cioè quella di dare vita ad un Tesoro unico, che raggruppi sotto di sé tutte le funzioni ora sparse tra Commissione, Eurogruppo e Esm, inclusa quindi la sorveglianza sulle politiche economiche degli Stati. A lungo termine, poi, si propone di trasformare l’Esm in un Fondo monetario europeo.

 

Margit Szucs

Foto © European Central Bank

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