Allarme Fipronil da 2016, ma non scattarono test su uova

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Paura per 2 italiani su 3 per effetto del ripetersi di emergenze sanitarie. La posizione delle istituzioni del Belpaese, Codacons, Coldiretti, Confagricoltura e Carlo Petrini

Un rapporto del Consiglio superiore della sanità belga mise in guardia sulla tossicità dell’antiparassitario Fipronil già nel giugno 2016, ma l’Agenzia per la sicurezza alimentare belga (Afsca, dall’acronimo francese Agence fédérale pour la sécurité de la chaîne alimentaire) non fece scattare i controlli. La nuova accusa all’Agenzia, nel mirino delle polemiche per lo scandalo delle uova contaminate, che ha ormai colpito oltre metà dei Paesi dell’Unione europea, arriva da Le Soir, principale quotidiano belga di lingua francese. Ma l’Afsca si difende spiegando che nell’allerta (dove si avvertiva in particolare sulle preoccupazioni per possibili alterazioni del sistema endocrino specie in epoca prenatale e nella prima infanzia) non si indicava la potenziale presenza dell’antiparassitario nelle uova.

Ma mentre in Belgio si continua a litigare (anche con i vicini dei Paesi Bassi, vedi precedente articolo di Eurocomunicazione), Spagna, Libano e Repubblica Ceca si sono aggiunti alla lista dei 15 Stati ad aver inviato una notifica al Sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi dell’Ue, per lo scandalo delle uova. Tra questi c’è anche l’Italia, per aver importato uova da aziende coinvolte nello scandalo. Un fatto, che di per sè, non significa aver ricevuto uova contaminate. Secondo il ministero della Salute infatti nel Belpaese, per ora, non risultano uova o ovoprodotti contaminati dall’antiparassitario, il cui uso, nei Ventotto, è proibito nella catena alimentare. Ma è comunque stato predisposto un piano di campionamenti con le autorità sanitarie regionali e i Carabinieri del Nas che nelle ultime ore ha portato a fermi cautelativi, anche in Emilia Romagna, dove tre lotti di prodotti alimentari – uno nella provincia di Bologna e altri due nel parmense – derivati da uova provenienti da Germania, Belgio e Olanda, sono stati bloccati.

Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, rivolge un appello affinché la vicenda sia «affrontata e risolta in fretta, con la massima determinazione, per la sicurezza dei consumatori e l’ordinato andamento dei mercati, affinché non si traduca in un danno ingiustificato per i produttori italiani». Il presidente del Codacons Carlo Rienzi chiede di «sospendere la commercializzazione in Italia di tutti quegli alimenti trasformati che contengono al loro interno uova provenienti da uno dei Paesi classificati a rischio dall’Unione europea». Secondo l’associazione «ancora una volta si forniscono troppo presto rassicurazioni ai cittadini, quando sarebbe stato necessario istituire una rete di controlli preventivi. Solo a posteriori si è deciso d’incrementare le verifiche attraverso le regioni, una scelta tardiva e del tutto insufficiente». Questo anche perché le ripercussioni dello scandalo si stanno già facendo sentire, con l’aumento dei timori tra i consumatori. Da un’analisi Coldiretti/Ixè divulgata dopo i primi sequestri, emerge che due italiani su tre – il 66% – sono preoccupati dell’impatto di quello che mangiano sulla salute, anche per effetto del ripetersi delle emergenze sanitarie che hanno caratterizzato l’ultimo secolo.

«Da mesi che questa patata bollente gira e la verità è che non ci sono autorità competenti per fermare la diffusione delle uova contaminate. Assistiamo a due governi dell’Ue che si rimpallano le accuse, mentre le nostre istituzioni cercano di rassicurare, anche se nessuno sa esattamente quale sia la deambulazione della merce da uno Stato all’altro. Se questo è il libero mercato, non possiamo non dire che applicato all’alimentare sia un vero disastro». Ad affermarlo è il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, ieri intervistato da Stampa e Manifesto e autore di un intervento su Repubblica. Lo scandalo delle uova «sta dimostrando tutti i limiti e le distorsioni del sistema», rileva Petrini, secondo cui si tratta della «estrema conseguenza di una produzione intensiva affidata a logiche industriali che non guardano affatto alla qualità, ma solo alla quantità». Il fondatore di Slow Food si dichiara «esterrefatto per la posizione dell’Unione europea: non si può pensare che le merci circolino senza controllo da uno Stato all’altro se a monte non ci sono standard comuni, a maggior ragione se consideriamo che sono oggi in discussione trattati globali come Ceta e Ttip, dove non esiste nemmeno una base giuridica comune come quella assicurata dall’ordinamento europeo».

Intanto l’Unione europea avverte che, oltre alle uova, anche la carne delle galline delle aziende “bloccate” in Belgio, Olanda, Francia e Germania, «deve essere controllata in osservanza della legge dell’Unione. È quanto si sta facendo in Belgio», fanno sapere dall’Afsca. Anche perché una volta abbattuta, la gallina ovaiola può essere venduta per il consumo (molte le esportazioni in Africa, soprattutto in Congo). Ma il problema del Fipronil – ci tiene altrettanto a sottolineare l’autorità – non si presenta per i polli cosiddetti “da carne”, perché vengono macellati dopo alcune settimane di vita, prima di prendere le pulci, e quindi non hanno bisogno di trattamenti. Bruxelles ha convocato per il 26 settembre un incontro di alto livello con le autorità interessate dalla vicenda. «Non è una riunione di crisi», ha chiarito un portavoce della Commissione europea, l’obiettivo è «migliorare l’efficacia del sistema di allerta dell’Unione sulla sicurezza alimentare». Ma una prima discussione sul punto si avrà già il 4 e 5 settembre, a margine della riunione dei ministri dell’agricoltura Ue a Tallinn. Nelle ultime settimane i controlli hanno portato alla sospensione delle attività (solo in alcuni casi già ripresa) per centinaia di aziende in quattro Paesi: Paesi Bassi (195), Belgio (86), Francia (5) e Germania (4). Ad oggi in soli due lotti – uno proveniente dai Paesi Bassi e l’altro dal Belgio, entrambi ritirati dal mercato – si è riscontrata una concentrazione di fipronil superiore allo 0,72 mg/kg. Si tratta del valore limite generalmente accettato dalle agenzie per la sicurezza alimentare di tutta Europa per indicare la concentrazione massima di fipronil nelle uova di gallina per cui non esiste rischio acuto per la salute.

Secondo il ministero dell’agricoltura francese, 250mila uova con tracce di fipronil potrebbero essere finite nei supermercati dell’Esagono da aprile in poi. La Food Standards Agency britannica ha aumentato da 21mila a 700mila la stima del numero di uova provenienti dalle aziende coinvolte nello scandalo. Si tratta, precisa l’agenzia, dello 0,007% delle uova consumate Oltremanica ogni anno. Ma le più importanti catene di supermercati del Regno Unito hanno iniziato a ritirare dagli scaffali uova, sandwich, maionese e insalate. L’Ue produce 6,6 milioni di tonnellate di uova l’anno, 110 miliardi di pezzi stimati. Il mercato si sviluppa in gran parte su filiere nazionali, anche se esistono scambi nel mercato interno e con i Paesi terzi (250mila tonnellate di export e 18mila di import), soprattutto di ovoderivati. Secondo Coldiretti nei primi cinque mesi del 2017 in Italia sono arrivate 610 tonnellate di uova in guscio di gallina dai Paesi Bassi ai quali si aggiungono 648 tonnellate di derivati. L’organizzazione agricola chiede di rendere «finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero». «Anche questo episodio conferma una volta di più la necessità di una normativa europea obbligatoria più stringente sull’origine delle materie prime attraverso un’etichettatura trasparente», come afferma in una nota il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina.

 

Claudia Lechner

Foto © Le Soir

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