Roberto Viola (Ue): «pronti a intervenire contro fake news»

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Dibattito al Prix Italia con la ministra Fedeli e la presidente Rai Maggioni. Nei giorni precedenti, fra gli altri, sono intervenuti Cilla Benko (Radio svedese) e Philippe Colombet (Google)

Il Prix Italia, lo storico evento internazionale in cui vengono premiate le eccellenze creative del settore radiotelevisivo e multimediale, quest’anno per la prima volta a Palazzo Giureconsulti a Milano, ha registrato l’intervento ieri di uno dei principali esponenti dell’Unione europea sul campo, l’italiano Roberto Viola a capo della Direzione generale (Dg) Connect della Commissione europea. Ed è emerso che l’Ue è pronta a intervenire sul tema delle fake news e sulla rimozione dei contenuti illegali in rete, qualora gli operatori non si attiveranno in maniera efficace per arginare il fenomeno.

                              Roberto Viola

«Abbiamo appena pubblicato una comunicazione che dice: cerchiamo di svolgere questo lavoro con l’autoregolamentazione, soprattutto la rimozione dei contenuti illegali. Se non ci saranno novità allora dovremo intervenire sul piano legislativo», ha spiegato Viola nel corso di un dibattito con la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e la presidente della Rai Monica Maggioni. «La rete è diventato il mezzo più importante di informazione dei cittadini e il sistema dei media tradizionali, che regge il sistema democratico, è stato scosso da questa rivoluzione».

Secondo il direttore generale «la situazione è preoccupante, anche perché ci sono algoritmi che amplificano le fake news. Per questo il presidente Jean-Claude Juncker ha inviato una lettera al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani per spiegare che un’iniziativa politica è necessaria». Secondo Viola, infatti, occorre «aiutare i giornalisti a mantenere la loro professionalità e per questo è stata riformata la regolamentazione del diritto d’autore europeo con il riconoscimento della testata» e «la protezione dei contenuti in rete».

«Occorre però» – ha insistito il dg – «avere ben presente che ciò che è illegale nella vita reale, lo è anche nella vita online. Per questo abbiamo chiesto alle piattaforme di rimuovere i contenuti illegali entro qualche mese, altrimenti saremmo costretti a intervenire. L’altro aspetto è l’alfabetizzazione digitale: le fake news non sono illegali e non vogliamo istituire il ministero della verità, bisogna combatterle con la cultura». Anche la ministra Fedeli ha sottolineato la necessità di intervenire a livello culturale e per questo ha ricordato il raggiungimento di un accordo «sull’educazione civica al digitale che partirà il 31 ottobre con programmi mirati nelle scuole, insieme a Google, a Confindustria e anche ad altri soggetti che hanno la responsabilità delle diverse piattaforme».

«Il digitale è un’opportunità, ma in questa fase serve alzare il livello culturale. Noi» – ha proseguito la responsabile del dicastero che si occupa delle scuole italiane – «possiamo fare molto, molto possono fare i media, ma deve esserci una alleanza a 360 gradi su questo», aggiungendo che a metà ottobre sarà, inoltre, «dato il via a iniziative per l’educazione al rispetto dell’articolo 3 della Costituzione, perché ci sono falsità che le vengono attribuite» e «dall’8 gennaio, a 70 anni dalla sua entrata in vigore, abbiamo concordato con Gentiloni e Padoan di distribuire in tutte le scuole la Costituzione italiana».

«Quello che ci permette di tornare ai fatti sono gli strumenti», ha aggiunto la presidente Rai Maggioni, ricordando che il Prix è intitolato proprio “Back to facts”. «Non è che i falsi siano mancati nella storia, quello che è cambiato è la pervasività di chiunque voglia inquinare il mondo delle notizie, anche usando il più subdolo degli strumenti che è il verosimile». Al dibattito erano presenti Augusto Rasori e Francesco Conte per Lercio.it, che hanno mostrato la loro satira in rete, sottolineando proprio la differenza con le fake news.

Il cuore del Prix Italia di quest’anno è proprio porre al centro il tema delle fake news. Cosa è vero e cosa è verosimile nel mondo dell’informazione, come riconoscere le fake news e difendersi con la qualità, ma soprattutto come garantire all’opinione pubblica un’informazione corretta e gli strumenti per riconoscerla. Fare di più per tutelare la libertà di espressione, come ha chiesto senza mezzi termini sabato 30 settembre la direttrice generale della Radio svedese, Cilla Benko, lanciando l’allarme sull’attuale “erosione” della libertà di espressione.

«In veste di leader di un’organizzazione che opera nel settore dell’informazione» – ha rilevato la Benko – «spesso mi trovo a constatare una sconcertante realtà: un crescente numero di Paesi in cui per i giornalisti sta diventando pressoché impossibile lavorare». E per questo ha invitato i politici ad attivarsi maggiormente: devono fare il possibile con le leggi per tutelare la libertà di stampa e la libertà di parola «anche se questo può, occasionalmente, significare che il diritto assoluto del singolo sia compromesso».

La stessa Unione europea non è sfuggita alle critiche della dg svedese che ha puntato il dito su quanto accaduto al più autorevole quotidiano ungherese: «Un giornale famoso per aver svelato una serie di scoop e di scandali che coinvolgono il primo ministro e il suo partito al governo Fidesz. Nell’ottobre dello scorso anno, i suoi giornalisti hanno ricevuto il preavviso di licenziamento, è stato impedito loro di entrare negli uffici. La pubblicazione del quotidiano è stata inaspettatamente sospesa. Secondo la proprietà la chiusura era dovuta a un calo nelle vendite. Il partito al governo l’ha definita “una decisione economica razionale”. Ma i giornalisti l’hanno chiamata “colpo di stato”. E che fine ha fatto il quotidiano? Venduto a una società controllata da un amico d’infanzia del primo ministro Viktor Orban».

«Stiamo facendo la nostra parte, ma non vogliamo essere visti come gli arbitri della verità»: queste le parole, invece, di Philippe Colombet, responsabile di Emea Partnerships Solutions for News & Publishers di Google nel corso dell’incontro moderato dal direttore del Tg1 Andrea Montanari. Colombet ha puntato l’attenzione sulle iniziative per la promozione del fact checking e sull’importanza di «agire tempestivamente nella smentita di una falsa notizia, che viaggia veloce in rete ed è difficile da cancellare». Non basta la tecnologia, «serve anche la collaborazione di tutti, la creazione di gruppi in grado di lavorare insieme con uno stesso obiettivo», ha aggiunto, spiegando inoltre che «l’intelligenza artificiale può avere un ruolo importante nel contrasto al linguaggio d’odio, specialmente nei commenti».

Il dibattito, al quale erano presenti anche Justina Kurczabinska, responsabile Eurovision News Exchange (Ebu), Massimo Russo, direttore divisione digitale del Gruppo Gedi, e Nabil Wakim, direttore dell’innovazione editoriale Le Monde, è stato preceduto da un faccia a faccia tra Montanari e l’editorialista del Corriere della Sera (ex La Stampa) Massimo Gramellini. «La dittatura dell’istante pone problema della verifica», ha detto quest’ultimo, sottolineando come le convinzioni diffuse possano spesso rivelarsi sbagliate. Ma soprattutto ha fatto riflettere l’intervento della presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini.

«Non può esserci qualità se un pezzo viene pagato 10 euro. Perché non si può pretendere la verifica scrupolosa delle fonti, né alcun approfondimento, da parte di chi dovrà mettere insieme quanti più articoli, il più velocemente possibile, per avvicinarsi a una paga mensile che consenta almeno la sopravvivenza». La Boldrini ha rivolto un appello direttamente agli editori: «investite di più nella qualità, che significa anche investire di più nei giovani; mostrate, voi per primi, di volervi distinguere dalla pseudo-informazione a costo zero e anche a credibilità zero». E poi, rivolgendosi ai giganti del web, «è essenziale che i social network sappiano incrementare la collaborazione con le istituzioni e le testate giornalistiche, così come è necessario un loro maggiore investimento in risorse umane e tecnologie adeguate a fronteggiare il problema, anche attraverso l’apertura di uffici territoriali destinati alla verifica dei contenuti e al rapporto con gli utenti».

Laura Boldrini

«Cosa che ho ripetutamente chiesto ai vertici di Facebook – ha chiosato nei giorni precedenti la presidente della Camera – «senza ottenere fin qui risposte soddisfacenti». Boldrini si è quindi detta favorevole all’istituzione di una web tax a livello europeo. «Non so se la web tax possa servire per sconfiggere le fake news, ma potrebbe essere uno strumento di giustizia fiscale: è inaccettabile che questi giganti del web che fanno tantissimi soldi non paghino le tasse nel Paese in cui fanno business. Penso sia una questione di giustizia e mi auguro che si arrivi a trovare un accordo e che si vada fino in fondo su questo tema».

 

Ludovico Stella

Foto © Prix Italia

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