Ue, nessun nuovo negoziato sulla Brexit. No alla proposta della May

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Nel Regno Unito rinviato il voto parlamentare a prima del 21 gennaio. Si lavora per risolvere il nodo dei confini nordirlandesi e scongiurare il rischio no deal

«I negoziati non si riaprono». Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker spezza sul nascere la strategia della premier del Regno Unito Theresa May, che proprio alla vigilia  aveva rinviato il voto parlamentare sull’accordo con l’Unione europea per la Brexit, al fine di migliorarlo. A fare da eco al commissario anche il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e i leader politici di molti Paesi, tra cui Germania, Francia e soprattutto Irlanda, direttamente interessata per la questione dei confini con l’Ulster.

Irlanda BrexitLa speranza dell’esecutivo britannico è quella di rivedere il cosiddetto backstop, la questione delle frontiere fra Eire e Irlanda del Nord, con quest’ultima che andrebbe ad avere un regime speciale temporaneo all’interno del mercato comune fino a nuove soluzioni, per non violare gli accordi del Venerdì Santo del 1998. Il trattato, che pose fine alla sanguinosa stagione di terrorismo, vieta esplicitamente la demarcazione netta dei confini tra le due Irlande.

La May sa che questo rebus sarebbe potuto costare caro nel voto parlamentare, visto che la maggioranza non sarebbe più tale per il probabile voto contrario sia degli oltranzisti tories, che giudicano l’accordo tra governo e Ue troppo conveniente ai secondi, sia del Partito Unionista nordirlandese, che appoggia l’esecutivo ma non queste concessioni. Come spiega bene il nome, il partito guarda infatti molto più a Londra che a Dublino.

Certa di uno scenario sfavorevole che avrebbe messo seriamente a rischio quanto pattuito, la May ha cercato di allontanare l’immediatezza del no deal, spettro che da tempo aleggia sopra la Brexit. Senza intese infatti, il 29 marzo 2019 il Regno Unito sarebbe drasticamente fuori dall’Unione europea, senza transizione che ammortizzi gli effetti diluendoli nei due anni previsti. Possibili conseguenze, caos economico, commerciale, difficile gestione della circolazione delle persone e dello status dei cittadini europei in Gran Bretagna.

Theresa May BrexitVisto che il nodo principale è il backstop, Downing Street ha tentato la carta della rinegoziazione del punto con i 27 membri Ue, in modo da accontentare gli oppositori interni all’esecutivo. Ma anche se è già in programma l’incontro May-Juncker, come abbiamo visto, l’Ue chiude ogni porta a modifiche in tal senso.

Anzi, il gruppo socialista al Parlamento europeo spera in un ribaltamento completo della situazione, citando la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Ue, che ha conferito a Londra la possibilità di rinunciare unilateralmente alla Brexit revocando l’articolo 50 del Trattato di Lisbona. Ma è tutto molto incerto, per quanto gli scenari possibili non sono a questo punto tantissimi, visto che il fatidico 29 marzo si avvicina – e dopo questa data i ripensamenti non saranno possibili.

Il recesso dalla Brexit potrebbe essere avvalorato da un nuovo referendum, a due anni e mezzo da quello che si espresse per il leave. L’esito non sarebbe per niente scontato e l’opzione di tornare alle urne è gradita a tutte le parti. I laburisti sognano di capovolgere il risultato, i fautori di una hard Brexit vogliono legittimare la loro vittoria, annacquata dal compromesso voluto dalla May. Tuttavia il tempo stringe e potrebbe non esserci modo materiale per organizzare la tornata elettorale.

Theresa May BrexitCosì come potrebbe non esserci tempo per nuove elezioni, non referendarie ma in questo caso politiche. Se la May finisse in minoranza in Parlamento, il governo con ogni probabilità cadrebbe. A quel punto prevedere quale esecutivo verrebbe fuori dalle urne non sarebbe facile, ma da qui dipenderebbe la linea da intraprendere nel brevissimo periodo.

Per questo, se si vogliono evitare corse contro il tempo, le possibilità più accreditate a rimanere in piedi sono l’accettazione dell’accordo attuale o il no deal. Nella prima circostanza prevarrebbe il pragmatismo che la May cerca di ottenere dai membri del Parlamento, usando il no deal come deterrente e invitando alla responsabilità.

La seconda alternativa non è gradita a quasi nessuno tranne forse agli oltranzisti, se non altro per maggiore affinità con le loro idee. Ma in questi due anni si è capito che non bisogna mai dare nulla per scontato. Tanto che già molti si stanno cautelando contro questa eventualità. In Francia si stanno votando misure speciali per non arrivare impreparati al no deal, l’Irlanda sta reclutando agenti di frontiera.

Amber Rudd BrexitUnico paracadute potrebbe essere la soluzione sul modello norvegese, che per la ministra del Lavoro Amber Rudd è «plausibile ma non desiderabile». Il Regno Unito diventerebbe parte dello Spazio economico europeo, evitando scossoni economici e finanziari, ma più della Norvegia rimarrebbe anche nell’unione doganale, per via delle frontiere irlandesi. In cambio, i britannici sarebbero fuori da accordi su agricoltura e pesca. Ma anche questa ipotesi non sarebbe definitiva, solo un prodromo a ulteriori negoziati alla ricerca della quadratura del cerchio.

L’unica certezza (anche se vaga) per ora è che la palla passerà al Parlamento entro il 21 gennaio, come ha dichiarato Downing Street. Non ci sono altri dettagli se non il fatto che il dibattito non potrà andare avanti fino al termine ultimo, tenendo in piedi l’opportunità per la Camera dei Comuni di proporre alternative all’accordo attuale per la Brexit, come sancito nei giorni scorsi.

Non sono mancate le frecciate sul rinvio, che sintetizzano la confusione e la delicatezza del momento. La ministra dei Rapporti con il Parlamento Andrea Leadsom ha invitato i deputati ad accettare il piano May – per i motivi già citati – sarcastica la replica dello speaker della Camera bassa John Bercow, «è abbastanza difficile votare per qualcosa se non è messo ai voti».

 

Raisa Ambros

Foto © El Nuevo Pais; hindustantimes.com; reuters.com; bostonherald.com; eveningharold.com

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Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

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