Fermo da anni lo Stadio Flaminio di Roma: è un rifugio per senzatetto

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La struttura di Nervi, il secondo stadio per capienza della Capitale, oggi è diventata un simbolo di degrado e abbandono. L’ipotesi del Getty museum e la denuncia di Di Tursi e Giro

Lo Stadio Flaminio di Roma rischia di perdersi  a causa dell’incuria in cui versa la struttura: cumuli di sporcizia accatastati ovunque, ritrovo di sbandati e clochard, vandali che entrano in azione di continuo, nuclei familiari che vivono lì in pianta stabile. Scarpe, coperte, pentole, materassi, detersivi, bottiglie. Per non parlare del prato con due bidoni dei rifiuti rovesciati a centrocampo. Tutto in barba alla vigilanza e alle recinzioni.

«Sono anni che lo stadio Flaminio e le zone limitrofe sono in uno stato di degrado e pericolosità sociale». Lo dichiarano il senatore Francesco Giro e il capogruppo di Forza Italia in II Municipio Patrizio Di Tursi.

Dentro lo stadio, in pianta stabile, hanno preso a vivere 15 persone. Categoria: senza fissa dimora, ma se chiedete a loro vi diranno che un alloggio semi permanente ormai ce l’hanno. Due sono coppie miste italo-romene, che — una nella ex sala stampa, l’altra nel gabbiotto di una delle biglietterie — hanno improvvisato un arredamento di fortuna. Altri sono ospiti ormai fissi della struttura, che è diventata meta per i clochard, vandali o sbandati di una notte, come sembrerebbe sia per il bengalese trovato morto.

Della riqualificazione dello Stadio Flaminio, abbandonato da anni, si parla da molto tempo. Tra discussioni su chi dovesse prendersene cura, se il Comune che è il proprietario o il Coni che lo aveva in gestione (e per cui il Tribunale di Roma nel 2016 ha anche chiesto una perizia) ecco che spunta la notizia che il Getty museum di Los Angeles ha assegnato al Flaminio 160 mila euro del bando annuale per il recupero delle strutture di pregio del XX secolo.

A oggi niente (o quasi) si è mosso. A novembre dello scorso anno, un camion ha iniziato a lavorare alla rimozione di oggetti e arredi portati lì dai senzatetto che lo avevano occupato. Ma dopo questa messa in sicurezza più niente.

Volendo rispettare le volontà dei Nervi, basterebbe capire che, ciò che affascina dello stadio attuale e che merita di essere protetto, più che gli esterni, sono gli ambienti coperti che, in una trasformazione, potrebbero tranquillamente essere preservati! È necessario riflettere a fondo sulla assurdità di tenere in stato di abbandono la strutture che, in breve, potrebbe definitivamente perdersi!

L’attuale stadio del Flaminio potrebbe certamente ospitare ristoranti, pub, negozi e quanto altro, al di sotto delle gradinate e tribune, nonché nei piazzali di accesso .Queste attività, oltre a soddisfare gli interessi speculativi, verrebbero a tenere vitale l’area intorno allo stadio, anche in assenza di manifestazioni sportive pertanto renderebbero l’area più sicura.

In pratica, rilanciare lo Stadio Flaminio significherebbe dare una vera e propria lezione di vita non solo a tutto il mondo sportivo ma all’intera società per la sicurezza del cittadino, la tutela dell’ambiente, più sano, più sostenibile e con meno rifiuti.

 

Francesca Sirignani

 

 

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Francesca Sirignani
Giornalista pubblicista specializzata in tematiche turistiche ed europee. Ha conseguito una laurea in Giurisprudenza – indirizzo transnazionale e, dopo aver ottenuto la seconda laurea in Studi Europei ed Internazionali, ha approfondito la conoscenza dell’inglese e del francese viaggiando e frequentando corsi linguistici all’estero. É il Direttore Responsabile della testata giornalistica on-line Follow Me Magazine ma collabora anche per “Montecarlo In”, "Weekly Magazine", “Area Wellness”, "Leisure & News International”, “Elaborare 4x4”,“Travel Quotidiano” e “Week – end Premium”. È docente al Master “Comunicazione per il settore enologico e il territorio” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e ha anche collaborato in diversi progetti europei e di Legislazione Turistica che le hanno permesso di accompagnare gruppi in molte destinazioni del mondo. È iscritta al GIST cioè al Gruppo Italiano Stampa Turistica. Appassionata per culture, tradizioni e paesaggi di altri popoli ha fotografato molti Paesi.

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