“Effetto quarantena. Chi siamo e cosa saremo nella stagione del Covid-19”

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Il libro che lo psichiatra Luca Pani, già dg Aifa, professore ordinario di Farmacologia Clinica all’Università di Modena-Reggio Emilia e di Psichiatria all’Università di Miami, e Maria Elena Capitanio, giornalista e collaboratrice, tra gli altri, di Panorama e de La Verità, hanno scritto nei giorni della chiusura totale

Tante le persone che finito il lockdown si sono trovate a fare i conti con le proprie paure. In quarantena le giornate erano difficili, il tempo dilatato, lo spazio limitato e così le quattro mura di casa erano solite trasformarsi in una gabbia. Quasi tutti in quei momenti si immaginavano il “dopo”, la fase due, come una vera e immediata liberazione. Invece adesso che è scoccata, ci si è accorti che nel confinamento bene o male si godeva di un certo senso di protezione. La fatica della socialità era azzerata, così come il rischio di ammalarsi, e il faccia a faccia con i problemi economici, evidenti e aggressivi ora che si esce per le strade, si cercava di rimandarli, di far finta di non doverli mai affrontare. Ora ogni cittadino cerca la normalità, ma si accorge che è stata risucchiata dalla pandemia. Lo psichiatra Luca Pani e la giornalista Maria Elena Capitanio (nella foto a sinistra, ndr) analizzano questo scenario in Effetto quarantena. Chi siamo e cosa saremo nella stagione del Covid-19 (Lswr), arricchito dalla prefazione di Antionio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva. Un libro che vuol essere una sintetica e ritmica guida psicosociale per “imparare la lezione” offerta dalle misure di confinamento, giudicate da alcuni come draconiane. Il viaggio nella mente umana parte dalle emozioni, la cui analisi è importante per ripartire con il piede giusto dopo il grande stop alla propria esistenza, ma c’è anche spazio per i commenti su povertà, disagi, mentali, vizi e virtù dell’essere umano, al cospetto di un evento darwiniano di portata storica.

Ecco un piccolo assaggio del volume in esclusiva per i lettori di Eurocomunicazione:

Emblematico, per lambire lo scenario di emergenza psicosociale, è il caso del primo decesso relativo all’emergenza Covid-19 in Giappone, che non si è verificato, come molti potrebbero pensare, per l’infezione. A perdere la vita è stato un dipendente governativo di 37 anni che dava supporto ai pazienti positivi in quarantena. Causa della morte? Suicidio. Le persone esposte all’onda d’urto del virus non sono solo quelle che si ammalano o che non sopportano la quarantena, ma anche chi presta assistenza, medici e infermieri in primis. I dati sulla pandemia prevedono un futuro ignoto che, come sappiamo, non rappresenta una condizione neutrale per la mente umana. Anzi, la paura dell’ignoto è in grado di aumentarespesso a dismisurai livelli di ansia anche in individui sani. Il cervello umano regge quantità e tipi di stress immensi, ma solo se non sono prolungati nel tempo. Stress e reazioni emotive croniche, anche di piccola intensità, se si ripetono giorno dopo giorno, possono essere devastanti. Il che è esattamente quanto sta producendo il Covid-19 su gran parte dell’umanità. A complicare le cose c’è il fatto che lo stress cronico abbassa le nostre difese immunitarie e ci espone alle infezioni, tra cui quelle virali. Un circolo vizioso di cui in questo momento non abbiamo proprio bisogno. Un’altra cosa di cui faremmo volentieri a meno sono le bugie, le contraddizioni, la mancanza di trasparenza e la pura ignoranza da parte di una classe dirigente non adeguata a gestire una crisi di questa portata, che alimenta stress e nuova insicurezza. In questo contesto il Giappone sembra quasi “abituato” alle sfortune, con una popolazione che ha subito stress piscologici forse come nessun altro al mondo. Due bombardamenti atomici nel 1945, gli attacchi con gas Sarin nel 1995, la pandemia dell’influenza H1N1 nel 2009, l’incidente nucleare di Fukushima nel 2011. Eventi che hanno prodotto paura e amplificato a dismisura i rischi associati ai cosiddetti agenti invisibili, come appunto i virus. Titoli di giornali sensazionalistici e immagini forti hanno contribuito alla fabbrica del panico e la conseguenza di tanta emotività è che si diventa più impulsivi e meno riflessivi. Le decisioni, per lo più sbagliate, vengono prese in base a reazioni individuali, egoistiche e amorali, senza tenere minimamente conto delle conseguenze delle azioni attuali. A quel punto anche il senso della salute – ovvero come mi sembra di stare, come individuo e come Paese – precipita nel baratro e questo si associa a una minore aspettativa di vita”.

                    Lo psichiatra Luca Pani

Dunque, qual è il mondo che ci sta aspettando nei prossimi anni? A questa domanda gli autori hanno cercato di rispondere con esempi concreti, con ipotesi strutturate e modelli positivi, senza sminuire quello che verrà ricordato come uno dei periodi più bui del nostro secolo. La pandemia, a loro parere, sta scrivendo «una nuova grammatica della salute, della politica, della finanza, e, aspetto da non trascurare, anche dei sentimenti». Le cento pagine ripercorrono tutti i momenti salienti delle prime fasi dell’emergenza: dalle prime avvisaglie fino alla catastrofe globale; dalle comunicazioni frammentate che a inizio 2020 arrivavano dalla Cina fino alle solitarie sepolture di massa sull’isola di Hart Island negli Stati Uniti. Dalla colonna di Bergamo ai balconi. Un vademecum che regala non solo consigli, ma che per primo forse prova a ripercorrere la storia del Covid-19 attraverso tutti gli strati della società contemporanea. Impegnati e assorbiti completamente dal progetto, gli autori hanno deciso di devolvere i proventi del volume al Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

 

Pierfrancesco Mailli

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