Impianti sciistici: col senno di poi…

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Impianti

La beffa di vedere molti italiani andare a sciare all’estero, nelle vicine Svizzera, Austria, Francia o addirittura in Polonia o Georgia

Il 6 aprile prossimo è la data beffarda in cui si rivedrà la proroga del primo Dpcm Draghi che ha prolungato la chiusura degli impianti di risalita su tutto il territorio nazionale per gli sciatori amatoriali (esclusi atleti tesserati F.I.S.I di interesse nazionale degli sci club, che hanno a disposizione per alcune ore al giorno un impianto e una pista per allenamento). Data beffarda perché il 6 aprile, due giorni dopo Pasqua, normalmente gli impianti sciistici si avviano alla chiusura stagionale.

Regioni ancora in rosso

E anche perché, con la danza dei colori che attualmente vede molte regionisciistichein rosso (Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli Venezia Giulia), nessuno potrebbe accedere alle piste, tranne forse i residenti dei comuni dove sono collocati gli impianti.

Un anno perso in una lenta agonia e alcuni duri colpi, come a metà febbraio la decisione di non consentire la riapertura, presa 12 ore prima della medesima, con danni gravissimi: disdette di prenotazioni alberghiere, ore e ore di lavoro di preparazione piste buttate al vento, inutili revisioni di impianti, ecc.

All’estero tutto aperto

In più c’è stata la beffa di vedere molti italiani andare a sciare all’estero, anche in giornata nelle località più vicine della Svizzera, Austria, Francia, complici i pochissimi controlli alle frontiere al ritorno, quando in teoria i nostri connazionali che rientrano dovrebbero sottoporsi a quarantena fiduciaria o tampone nelle 48 ore antecedenti. Per non parlare dello scatenarsi online di propostevacanza sulla neve in luoghi piuttosto esotici, dalla Polonia alla Georgia. Tutto inutile, tra l’altro, tenuto conto della situazione pandemica nel momento in cui scriviamo.

Resta la domanda per migliaia di operatori del turismo della neve in tutta Italia se sia stato un sacrificio necessario (a prescindere dal modus operandi, che ha evidenziato come a Roma non abbiano ben presente il lavoro necessario per offrire comprensori sicuri e di qualità).

Turismo stagionale montano azzerato

Non si tratta del capriccio di una sciata in un anno dove c’è altro a cui pensare. Si tratta di aver bloccato un comparto del turismo con una stagionalità piuttosto breve che si consuma prevalentemente nei mesi invernali. Adesso si faranno i conti che, a un primo bilancio, sembra facciano segnare una perdita intorno ai dodici miliardi di euro. Era l’unica scelta possibile?

Ne abbiamo parlato con Michael Kirchner, responsabile marketing di Engadin St. Moritz Mountains, società che gestisce gli impianti di risalita di St Moritz, località molto frequentata dagli italiani anche quest’anno, soprattutto dopo il fatidico 14 febbraio.

Il caso svizzero

«La Confederazione svizzera ha emanato le linee guida per poter aprire gli impianti in sicurezza», racconta Kirchner. «I vari Cantoni hanno poi deciso autonomamente, in base alla situazione epidemiologica. In Engadina abbiamo aperto gli impianti con un rigoroso protocollo. La prenotazione dello skipass online, in modo da non formare code alle casse e da porre un limite ai flussi giornalieri. Uso della mascherina su tutti gli impianti, non solo quelli al chiuso, ma anche seggiovie e skilift. Tutti gli impianti inoltre raggiungono al massimo 2/3 della loro capienza. Sono state aggiunte corse alle funivie, che viaggiano con i finestrini aperti per una maggior aerazione. L’accesso alle seggiovie avviene con il distanziamento dei sedili.

Tutti i collaboratori della società di gestione impianti fanno test PCR frequenti, almeno una volta alla settimana per chi sta in ufficio, fino a tre volte a settimana per chi sta a contatto col pubblico. Abbiamo aumentato il personale di controllo alle stazioni di partenza e arrivo e sulle piste per verificare il rispetto delle regole. Tutti i bar e ristoranti sulle piste servono solo in esterno bevande e cibo da asporto. Abbiamo inoltre istituito centri dove anche i turisti possono sottoporsi a test rapidi: in 20 minuti possiamo isolare eventuali focolai».

Impianti aperti, maggiori contagi?

Una decisione che ha portato uno scotto significativo in termini di crescita del contagio? Sembra di no, a giudicare dai dati emanati da Swissinfo.ch (portale d’informazione di SRG SSR, l’azienda che gestisce il servizio pubblico radiofonico e televisivo svizzero). Dopo la seconda ondata Covid, a partire da gennaio si ha un lento e costante calo di ricoverati in tutta la Svizzera, da 3.716 il 15 novembre 2020 a 912 il 3 marzo 2021 (fonte: Ufficio Federale di Statistica UFSP). Inoltre, anche durante il picco di novembre-dicembre i Grigioni, Cantone di cui fa parte l’Engadina, hanno avuto un incremento decisamente inferiore rispetto al vicino Canton Ticino, con 8.086 contagi il 31/12 contro i 23.393 del Ticino (Fonte: TI/GR/RSINews).

Controlli tassativi

C’è da dire che la Svizzera aveva dato una forte stretta alle attività – bar, ristoranti, negozi – e solo a fronte di un miglioramento delle scorse settimane sta seguendo un piano di riapertura graduale delle attività, iniziato il primo marzo con negozi, musei, impianti sportivi e per il tempo libero all’aperto; le riaperture dovrebbero proseguire il prossimo 22 marzo, previa verifica di fattibilità, e solo se i tassi di positività saranno inferiori al 5% (adesso siamo intorno al 4,77%).

Certo, nonostante l’apertura totale degli impianti fino al 9 maggio, i comprensori engadinesi stanno subendo un calo oscillante dal 35 al 40% rispetto alla stagione passata, ma dato l’annus horribilis è sempre meglio del niente italiano, che i ristori promessi non renderanno meno cupo.

 

Elena Bianco

Foto © Elena Bianco

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