Diritto all’autodeterminazione e libertà di scelta sono davvero possibili e garantiti?

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Diritto

Dire, fare, baciare, lettera, testamento: attesa la relazione sull’applicazione della Legge 219/2017

Una legge di diritto. Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la Legge 22 dicembre 2017, n. 219 in materia di Consenso informato e Disposizioni anticipate di trattamento.

Si parlava da tanto della normativa che avrebbe restituito ai cittadini il diritto a operare scelte libere e consapevoli. Ma le resistenze di molti politici e della società civile frenavano il percorso.

Ed ecco, all’improvviso, la schiarita inaspettata. Il 16 novembre 2017 il Pontefice si esprime sulla normativa in pectore.

«Gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi. Possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute», scrive il Santo Padre.

DATPrimo destinatario della missiva è monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la Vita. Dichiara Papa Francesco: «Occorre quindi un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona».

Accanto a monsignor Paglia le parole del Pontefice raggiungono tutti i partecipanti al meeting della World Medical Association sulle questioni del fine vita, organizzato presso l’Aula Vecchia del Sinodo in Vaticano. E, ancora, essa raggiunge medici, infermieri, volontari, psicologi, OSS, assistenti sociali e spirituali che operano nell’ambito delle cure palliative.

La Legge

Approvata dopo un lungo dibattito il 22 dicembre 2017, la legge – spesso citata come norma sul testamento biologico – rispetta i principi della Costituzione (art. 2, 13 e 32) e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Non prevede l’obiezione di coscienza.

Essa “tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona. Inoltre, stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.

Oggi per domani

La possibilità concreta di operare delle scelte sul proprio ipotetico futuro – offerta dalla legge – ha facilitato la riapertura della discussione sulla dignità del vivere, e di conseguenza del migliore accompagnamento nella eventuale malattia con la Pianificazione condivisa delle cure, e nel morire. Tuttavia, essa non ha determinato la compilazione di massa delle Disposizioni anticipate di trattamentoDat (un tempo definite Testamento Biologico).

Affinché i cittadini sentano la necessità o colgano l’opportunità di farlo, occorre non solo promuovere il processo di consapevolezza dei valori che diamo alla vita, ma anche integrare il concetto di morte come parte integrante della vita stessa.

I gesti apotropaici a questo punto si moltiplicano, ma abbiamo il coraggio di proseguire. Le rivoluzioni hanno bisogno di tempo.

Il tempo di comunicazione è tempo di cura

L’articolo 1 della legge coglie tutti di sorpresa. Esso afferma infatti che ogni persona ha il diritto “di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati. Nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.

DIRITTO

Questo passo della normativa, che si riferisce a tutte le situazioni cliniche – implica che vi sia una comunicazione efficace tra il medico e la persona malata, definita tempo di cura“.

Qualcuno vorrà infierire, dicendo che la capacità del medico di comunicare è cosa nuova. Peraltro la comunicazione è bidirezionale, e l’ascolto vale tanto quanto il parlare.

Il malato deve infatti essere messo nella condizione di comprendere non solo il significato immediato di una singola scelta, ma quanto da essa può scaturire nell’immediato, come a breve o lungo termine. Perché la comunicazione sia accessibile a ogni persona – si considerino le possibili barriere linguistiche, culturali, fisiche – il medico deve essere adeguatamente formato.

Raccolta del consenso informato

A questo proposito si noti che “il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.

Purtroppo, ad oggi, la videoregistrazione – unica modalità di sottoscrizione possibile per un largo numero di persone malate e fragili – non è ancora possibile attraverso i Comuni. Altro limite: i pubblici ufficiali non possono uscire dagli uffici comunali per ritirare le Dat a domicilio nei casi di necessità. La legge dà un diritto, depositare le Dat – le proprie volontà, ma chi non è autonomo spesso non può farlo gratuitamente.

Una pianificazione condivisa

Accanto al consenso informato, che il malato può revocare in ogni momento, la legge 219/2017 affronta due temi di fondamentale importanza: la pianificazione condivisa delle cure, e le disposizioni anticipate di trattamento – Dat.

Medico e paziente si confrontano e dialogano sulla malattia e sui contenuti valoriali della biografia della persona per identificare insieme e scegliere, in caso dipatologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta“, le cure che la persona – sempre sostenuta e coadiuvata nella scelta dal medico e dall’équipe multidisciplinare – ritiene accettabili.

Esse sono, una volta pianificate, mandatorie e vincolanti.

Le Disposizioni anticipate di trattamento – Dat

Le Disposizioni anticipate di trattamento – Dat sono un documento scritto, redatto dalla persona sana, capace di intendere e di volere.  Questa sceglie – in maniera unilaterale, oggi per domani, guardando a una ipotetica futura situazione di incapacità di decidere – quali trattamenti e cure vorrebbe ricevere o non ricevere.

Qualora le Dat non siano state depositate, ma vi siano stati colloqui con la persona prima che questa si sia trovata nella condizione di non potersi più esprimere, l’amministrazione di sostegno può richiedere l’interruzione delle terapie.

Come redigerle, dove registrarle

La redazione delle Dat può avvenire in diverse forme. La prima riguarda la scrittura presso un notaio, sia con atto pubblico, sia con scrittura privata in cui la persona scrive autonomamente le proprie volontà e fa autenticare le firme dal notaio.

Le Dat possono inoltre essere redatte presso l’Ufficio di stato civile del Comune di residenza (con scrittura privata) che provvede all’annotazione in un apposito registro come da circolare del ministero dell’Interno.

Secondo la legge è possibile redigerle anche presso le strutture sanitarie competenti in quelle Regioni che ne abbiano regolamentato la raccolta. Tuttavia, non risultano strutture sanitarie che ritirino le Dat. Nemmeno laddove la gestione telematica delle cartelle cliniche è regolamentata.

Infine, le Dat possono essere redatte e consegnate presso gli Uffici consolari italiani, per i cittadini italiani all’estero (nell’esercizio delle funzioni notarili). Esse dovranno poi essere registrate presso la Banca dati nazionale.

Terapia del dolore e sedazione palliativa profonda

La legge 219/2017 affronta anche il tema della terapia del dolore, del divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e della dignità nella fase finale della vita.

DAT

Il medico, infatti, secondo l’articolo 2 “deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze (del malato). Anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico”. A tal fine, è sempre garantita un’appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l’erogazione delle cure palliative di cui alla Legge 15 marzo 2010, n. 38.

Minori e incapaci

La normativa non dimentica poi la persona minorenne o incapace. La quale “deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle condizioni di esprimere la sua volontà”.

Una legge che accoglie le volontà di ciascuno

I cittadini del nostro Paese dispongono da tre anni di una legge – la 219/2017 in materia di Consenso informato e Disposizioni anticipate di trattamento – che assicura la libertà di operare importanti scelte per il futuro.

Ma i cittadini conoscono questo loro diritto?

Ci saremmo aspettati una Pubblicità Progresso, una campagna di informazione capillare sul territorio per dire che scegliere, adesso, si può. Tanti connazionali – e non solo – durante questi lunghissimi mesi di pandemia hanno imparato a parlare di morte, a metterla in conto. Ma non sanno che possono anche scegliere come sia, o – meglio – come non vogliono che sia.

DIRITTOAllora sono entrate in campo le organizzazioni del Terzo Settore, che negli stessi mesi hanno messo in atto al meglio il principio di sussidiarietà.

Senza voler sottolineare che insieme fanno attorno al 3% del Pil, possiamo affermare che non hanno mai abbandonato il campo.

Si sono adoperate, consorziate, hanno accolto le istanze delle persone, si sono fatte carico di un bisogno diventato emergente. Poter mettere nero su bianco il proprio volere.

Il Terzo Settore non basta, urge il ritorno delle Istituzioni

Interessanti i dati del recente sondaggio di Swg commissionato dall’Associazione Luca Coscioni, a difesa di ogni diritto negato. Il testamento biologico è conosciuto dall’83% degli intervistati. Ma il 71% ignora le procedure per il rilascio delle Disposizioni anticipate di trattamento. Per l’84% la causa di questa difficoltà è da legare alla scarsa informazione proprio da parte delle Istituzioni.

Dati di altre organizzazioni sono ancor meno rassicuranti, il livello di conoscenza del diritto a operare scelte anticipate è secondo alcuni molto basso.

Sappiamo che manca anche una adeguata formazione degli operatori sanitari. Spesso si trovano impreparati dinanzi alla richiesta inaspettata di un malato, all’espressione franca di una persona che chiede di poter smettere di essere idratata e alimentata perché la vita, così, non è dignitosa. Quando qualche paragrafo più in alto parlavamo di scelte valoriali intendevamo questo: il concetto di qualità della vita è uguale per tutti?

La risposta è facile

I dati aggiornati sul numero di Dat redatte e registrate, unitamente alla relazione sull’applicazione della normativa, dovrebbero essere trasmessi dal ministero della Salute alle Camere entro il 30 aprile.

Abbiamo letto solo il report del 2019, il 2020 è stato saltato a piè pari. Facciamo un appello perché i dati quest’anno vengano forniti, pubblicati e diffusi. Sono fondamentali per fotografare la situazione, sia a livello locale che nazionale. Dobbiamo completare i passaggi lasciati in sospeso. Raggiungere più persone, rendere accessibili le Dat.

Solo insieme possiamo trovare la rotta: è un nostro diritto.

 

Chiara Francesca Caraffa

Foto © Revital Nave, European Association for Palliative Care

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Chiara Francesca Caraffa
Impegnata da sempre nel sociale, è Manager del Terzo Settore in Italia, ove ricopre ruoli istituzionali in differenti Organizzazioni Non Profit. Collabora con ETS in Europa e negli Stati Uniti, dove promuove iniziative per la diffusione della consapevolezza dei diritti della persona, con particolare attenzione all'ambito socio-sanitario. Insegna all'International School of Europe (Milan), dove cura il modulo di Educazione alla salute. Cultrice di Storia della Medicina e della Croce Rossa Internazionale ed esperta di antiquariato, ha pubblicato diversi volumi per Silvana Editoriale e per FrancoAngeli.

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