Mali, il colpo di Stato nel colpo di Stato

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Mali

Arrestati dai militari, il presidente di transizione e il primo ministro del Paese africano si sono dimessi

Un secondo colpo di Stato in nove mesi. Il presidente di transizione e il primo ministro del Mali hanno lasciato gli incarichi dopo essere stati arrestati dai militari lunedì 24 maggio. Il presidente Bah Ndaw e il suo primo ministro Moctar Ouane si sono dimessi alla presenza di una missione di diplomatici che erano venuti a trovarli nella base militare di Kati, a circa 15 chilometri da Bamako. Come ha riportato Baba Cisse, consigliere speciale del colonnello Assimi Goita, fautore del colpo di Stato.

La delegazione diplomatica ha espresso il proprio disaccordo

La delegazione diplomatica non ha esitato ad esprimere il proprio disaccordo al colonnello Assimi Goita, come ha commentato uno dei membri della delegazione. Le dimissioni, le cui condizioni sono sconosciute ma che erano tra gli scenari possibili dopo gli eventi di lunedi, rappresentano un’incognita totale sull’evoluzione degli eventi in Mali. Uno Stato cruciale per la stabilità del Sahel.

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha condannato all’unanimità l’estromissione

«Imporre un cambiamento nella leadership della transizione con la forza, anche attraverso dimissioni forzate, è inaccettabile», ha dichiarato il Consiglio. Gli Usa hanno sospeso l’assistenza alle forze di sicurezza e di difesa del Mali, come annunciato dal Dipartimento di Stato, annunciando che prenderanno in considerazionemisure mirate contro i leader politici e militari che hanno impedito la transizione civile al governo democratico“. Se gli sforzi di mediazione falliscono, «prenderemo sanzioni contro tutti coloro che impediscono lo sviluppo del processo di transizione», ha avvertito anche il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian.

La Francia sta attualmente impegnando circa 5.000 truppe nel Sahel. I Paesi europei sono pronti per le sanzioni, ha annunciato il presidente francese Emmanuel Macron, che ha parlato di un “golpe nel golpe”. Anche l’Ecowas (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) ha confermato che delle sanzioni sono possibili, come ha fatto dopo il golpe guidato dagli stessi colonnelli nell’agosto 2020.

L’incontro della missione dell’Ecowas con i leader arrestati

«Sono in corso negoziati per la loro liberazione e la formazione di un nuovo governo», ha commentato Baba Cisse (nella foto), consigliere del colonnello Goïta. Egli «ci ha detto che stavano lavorando sulle modalità del loro rilascio», ha ribadito il capo della delegazione Ecowas, Goodluck Jonathan. «Dopo le dimissioni del presidente e del primo ministro, i detenuti riacquisteranno la loro libertà, questo sarà fatto gradualmente per ovvie ragioni di sicurezza», ha riportato anche ai giornalisti Baba Cisse. Ma la missione, così come gran parte della comunità internazionale, non intendeva solo ottenere assicurazioni sul loro stato di salute ed esigere il loro rilascio immediato.

Richiesto il ritorno alla transizione

La missione diplomatica ha chiesto un ritorno alla transizione, che dovrebbe riportare i civili eletti al potere all’inizio del 2022. In una dichiarazione rilasciata lunedì sera, le organizzazioni africane, la missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo, gli Usa e l’Unione europea hanno avvertito che non avrebbero accettato le dimissioni forzate come un fatto compiuto. Dal loro arresto, il presidente di transizione e il primo ministro sono tenuti in isolamento nel campo militare di Kati, dove anche il presidente Ibrahim Boubacar Keita, rieletto un anno prima, era stato condotto dai colonnelli nell’agosto 2020 e costretto ad annunciare le sue dimissioni.

Profonde divergenze

“Portare chiarimenti”: è così che il comandante Baba Cissé, consigliere speciale per la comunicazione del vicepresidente della transizione, il colonnello Assimi Goïta, ha iniziato la sua dichiarazione a Koulouba, dove si trova il palazzo presidenziale. Per giustificare queste rimozioni, l’ufficiale ha addotto profonde divergenze con i due uomini, suscettibili di impedire il buon funzionamento della transizione, in particolare nei settori della difesa e del governo. I vari problemi incontrati ci avrebbero portato allo sgretolamento della coesione all’interno delle forze di difesa e di sicurezza. Ci sono stati licenziamenti o cambiamenti abusivi (…). Questo avrebbe portato alla demoralizzazione delle truppe e ad una certa rottura della catena di comando“, ha spiegato Baba Cissé.

L’estromissione di due colonnelli

L’estromissione di due colonnelli, membri della giunta e dei ministeri della Difesa e della Sicurezza, non è stata gradita né accettata. Il comandante Baba Cissé ha aggiunto: «In termini di governance, il vicepresidente della transizione aveva nutrito l’ambizione di verificare la legge di orientamento e la programmazione militare. C’era un blocco a questo livello». Il consigliere speciale del colonnello Assimi Goïta ha denunciato l’opposizione del presidente Bah N’Daw all’arresto dei dignitari identificati dai militari per la loro cattiva gestione degli affari finanziari e militari del Paese. Mentre ha rimproverato al primo ministro Moctar Ouane «la sua gestione problematica e clanica» dello stato.

Le conseguenze del golpe

Il colpo di Stato, l’ennesimo scossone nella storia contemporanea del Mali, solleva una serie di interrogativi sul suo impatto sulla lotta anti-jihadista e sulla governance in Mali. Sul futuro rapporto con i colonnelli e sul rispetto delle scadenze previste, come lo svolgimento delle elezioni all’inizio del 2022. Le dimissioni del presidente Bah N’Daw e del primo ministro Moctar Ouane, mercoledì 26 maggio, sono state criticate dalle istituzioni incaricate della mediazione internazionale, guidato dall’Ecowas, che aveva già parlato di possibili sanzioni. Nessuna decisione è stata ancora annunciata, ma le sanzioni potrebbero essere adottate rapidamente. Riuniti nel comitato locale di controllo della transizione, l’Ecowas, l’Unione africana, la missione delle Nazioni Unite in Mali, ma anche l’Unione europea, la Francia e gli Usa avevano avvertito erespinto in anticipo qualsiasi atto imposto con la coercizione, comprese le dimissioni forzate“.

L’Unione europea si dice pronta per “misure mirate”

L’Unione europea, intanto, si dice pronta permisure mirate, che sarebbero rivolte individualmente alle persone che ostacolano la transizione. Questo potrebbe significare un congelamento dei beni e divieti di viaggio per i soldati del Cnsp e i loro collaboratori. Per quanto riguarda l’Unione africana, in caso di colpo di Stato, essa  prevede che il Paese, il Mali quindi, sia automaticamente sospeso dagli organi dell’Unione. Anche se il caso del Ciad ha recentemente dimostrato che ci possono essere delle eccezioni. Ancora più importanti sono le sanzioni che potrebbero essere imposte dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS). All’indomani del colpo di Stato dello scorso agosto, l’Ecowas aveva sospeso gli scambi commerciali e finanziari tra il Mali e gli altri Paesi membri. Colpendo gravemente l’economia nazionale.

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu riunito in una sessione d’emergenza

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu, riunito in una sessione d’emergenza mercoledì, ha chiesto il “rilascio sicuro, immediato e incondizionato” di tutti i funzionari maliani detenuti dai militari. Parigi, Bruxelles e Washington hanno minacciato di imporre sanzioni contro coloro che ostacolano la transizione. Un passo che il Consiglio di sicurezza dell’Onu non ha fatto mercoledì. Nel loro comunicato congiunto, i Paesi membri del Consiglio di sicurezza “condannano fermamente l’arresto del presidente e del primo ministro della transizione”. Chiedono la loro liberazione ed esortano i militari “a tornare senza indugio nelle loro caserme”. Il testo non fa menzione di un colpo di forza o di un colpo di Stato. Nulla neanche sulle possibili sanzioni contro i responsabili di questi arresti.

Washington sospende l’assistenza alle forze di sicurezza e di difesa del Mali

Questo aiuto era stato mantenuto dopo il golpe dello scorso agosto.
Gli Usa stanno anche considerando “misure mirate contro i responsabili che ostacolano la transizione civile”. Come hanno menzionato la Francia, attraverso Emmanuel Macron, e l’Unione europea.

Il Movimento M5-RFP

Tenuto ai margini del processo di transizione, il Movimento 5 Giugno-Riunione delle Forze Patriottiche (M5-RFP) potrebbe accettare di proporre un nome per la carica di primo ministro. Secondo l’entourage dell’inviato speciale dell’Ecowas, una delle opzioni che sta chiaramente emergendo è che il colonnello Assimi Goïta, che ha preso in mano la situazione, potrebbe guidare la transizione. Ma ha bisogno di alleati. E pensa soprattutto al M5RFP, il movimento che ha contribuito a far cadere l’ex presidente Ibrahim Boubacar Keita. Inizialmente escluso dall’ex giunta.
Il M5-RFP è uscito dal suo silenzio. In un comunicato, il movimento ha dichiarato di aver preso atto delle dimissioni annunciate. Chiede “il rispetto della carta di transizione, il dialogo inclusivo” e sostiene la dinamica di rettifica in corso“.

 

 

Rossella Vezzosi

Foto © news.un.org, maliweb.net, Agence France-Presse (AFP)

Video © Eurocomunicazione

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