Clima: codice rosso per l’umanità

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Clima

Le Nazioni Unite richiamano all’ordine gli Stati

Clima in codice rosso, non c’è tempo da perdere. Il Pianeta Terra è a rischio.

Un importante rapporto scientifico delle Nazioni Unite ha concluso che il riscaldamento globale è ormai irreversibile. Inequivocabile il nesso con l’influenza umana.

Il rapporto

Durissimo l’avvertimento. A meno che non vengano intraprese azioni significative per ridurre le emissioni, il Mondo è sulla buona strada per raggiungere un riscaldamento catastrofico. Il sesto rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici – IPCC, pubblicato all’inizio di questa settimana, è drammatico. Il climatologo Tim Palmer definisce lo scenario uninferno sulla Terra”. I risultati del rapporto dicono infatti che le temperature potrebbero aumentare di oltre 1,5°C.

Clima in allerta

Portando a condizioni meteorologiche estreme, diffuse in tutte le Regioni del Pianeta.

Nel suo scenario più ottimistico, il rapporto prevede che il Mondo abbia una probabilità del 50% di fermare il riscaldamento a 1,5°C, la soglia “sicura” nell’accordo di Parigi. Questo a condizione che, entro la metà del secolo, si raggiungano emissioni nette pari a zero. Entro quattro anni da oggi esse dovrebbero pertanto, per raggiungere l’obiettivo, iniziare rapidamente a scendere.

Agire subito

ClimaL’editore ambientale del Guardian Damian Carrington sostiene che i principali politici del Mondo ora non abbiano più un posto dove nascondersi. Dove potrebbero mettersi al riparo se non agissero con urgenza sulle conclusioni del rapporto?

Carrington afferma che la possibilità di limitare l’aumento del riscaldamento globale di un ulteriore 1,5°C sta intanto diminuendo. Perciò, per evitare il disastro, gli impegni devono essere sostenuti con azioni concrete.

Aviazione zero

Il Regno Unito a luglio ha lanciato una consultazione per il raggiungimento di un obiettivo mai fissato – e contemplato – prima. Jet Zero/Aviazione Zero entro il 2050.

L’ambizione del Governo della Gran Bretagna è quella di decarbonizzare l’aviazione in modo da preservare i vantaggi del trasporto aereo, e massimizzare le opportunità che la de-carbonizzazione può portare.

Inoltre intende ridurre o eliminare le emissioni di anidride carbonica dal trasporto aereo. Quindi efficienza del sistema del sistema aeronautico, sviluppo e diffusione di carburanti per l’aviazione sostenibili, volo a emissioni zero.

Dipende anche da noi cittadini

Nel pacchetto c’è anche l’educazione, cioè la volontà di influenzare il comportamento dei consumatori. Ad esempio la riduzione del traffico aereo. Insomma, sarebbe bene volare solo per necessità, ricorrendo quando possibile a mezzi di trasporto su rotaia, meno inquinanti.

Italia e Regno Unito insieme

Lo stesso Regno Unito ospiterà la 26a Conferenza delle Parti sulla Convenzione Onu sul cambiamento climaticoCOP26 a Glasgow, in partenariato con l’Italia. Il nostro Paese ospiterà invece gli eventi preparatori, tra cui uno per i giovani e il vertice Pre-COP, che si terranno a Milano dal 28 settembre al 2 ottobre.

Pienamente in linea con i principi delle Nazioni Unite, il partenariato si concentrerà sulla promozione di azioni tangibili che diano vita al cambiamento radicale necessario a realizzare tutto il “potenziale” dell’Accordo di Parigi.

Parigi 2015: accordo da rispettare

L’accordo di Parigi del 2015 ha fissato un limite di riscaldamento di 1,5 °C, ma non è riuscito a stabilire un prezzo per il carbonio a livello globale. Il risultato è stato che le Nazioni ricche di carbone hanno iniziato a bruciare le loro riserve il più velocemente possibile, prima che le tasse sul carbonio diventassero proibitive.

ClimaInoltre, l’estrazione del gas e la produzione di carne hanno contribuito al rapido aumento dei livelli di metano atmosferico.

Questa combinazione ha spinto le temperature mondiali sopra 1,2°C nel 2020.

L’Organizzazione meteorologica mondiale ha previsto una probabilità del 90% di superare 1,5°C in almeno un anno da qui al 2025.

Carattere di urgenza

Sembra certo che, senza interventi mirati in tutti i continenti, si raggiungeranno +1,5°C entro il 2030. Ma il problema non si ferma qui, poiché i luoghi in cui la temperatura cambia non sono distribuiti uniformemente. In Europa, l’aumento è già di 2°C e nell’Artico le temperature sono aumentate di oltre 3°C dal 1900. Perciò l’Artico si sta destabilizzando e la Groenlandia si sta sciogliendo più velocemente di quanto previsto dall’IPCC.

A meno che durante i lavori non venga concordato un meccanismo per fissare un prezzo del carbonio a livello globale, non è possibile impedire che il riscaldamento globale diventi irreversibile e inarrestabile.

Interessi da difendere

Nel campo dell’energia, dei trasporti e dell’edilizia abitativa, ci sono numerose alternative alle centrali elettriche a carbone, alle auto a benzina e alle caldaie a gas. Matthew Paterson, professore di politica internazionale all’Università di Manchester, dice però che il re è nudo.

Secondo l’accademico ciò che impedisce questo cambiamento non è alcunché di tecnologico. Le ragioni sono esclusivamente politiche (ed economiche). Dalle potenti compagnie di combustibili fossili, agli intrighi politici degli Stati nazionali, allo scarso sostegno delle finanze pubbliche, gli ostacoli sono enormi.

Greta in copertina

ClimaAlleggerisce, per così dire, il tono della comunicazione – il clima – la notissima Greta Thunberg.

È lei in copertina sul primo numero di Vogue Scandinavia, impegnata nel sottolineare la contraddizione tra moda prodotta in serie e sostenibilità.

Una annotazione: Vogue Scandinavia è diretto da Rawdah Mohamed, la prima donna di colore – editrice di una rivista di moda occidentale – che indossa l’hijab.

Moda sostenibile, anche per i lavoratori del settore

Dice l’attivista: «l’industria della moda contribuisce enormemente all’emergenza climatica ed ecologica». Apre una parentesi sul movimento di cui fa parte: «smettetela di dire che noi attivisti siamo negativi e pessimisti e ci stiamo solo lamentando». Semplicemente, a suo sentire, sanno di poter cambiare il corso delle cose. Anche con l’uso esclusivo di capi di abbigliamento sostenibili.

«Molti stanno facendo sembrare che l’industria della moda stia iniziando ad assumersi le proprie responsabilità» – afferma «spendendo cifre esorbitanti in campagne in cui si dipingono come “sostenibili”, “etici”, “verdi”, “climaticamente neutri” ed “eque”. Ma cerchiamo di essere chiari» – continua – «questo non è quasi mai altro che puro greenwashing».

Il termine rende l’idea. Prima di definirsi attivisti green a tutela del clima, pregasi d’ora in poi di farsi alcune domande come un mantra. Quali responsabilità ha l’uomo/ho io in eventi quali l’effetto serra, l’innalzamento delle temperature e dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai? Tempo dell’esercizio: almeno quello di un lavaggio Eco a 30°C.

 

Chiara Francesca Caraffa

Foto © Zero Emission, EU Reporter, NASA Climate Change, Alexandrov Klum/Vogue Scandinavia

 

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Chiara Francesca Caraffa
Impegnata da sempre nel sociale, è Manager del Terzo Settore in Italia, ove ricopre ruoli istituzionali in differenti Organizzazioni Non Profit. Collabora con ETS in Europa e negli Stati Uniti, dove promuove iniziative per la diffusione della consapevolezza dei diritti della persona, con particolare attenzione all'ambito socio-sanitario. Insegna all'International School of Europe (Milan), dove cura il modulo di Educazione alla salute. Cultrice di Storia della Medicina e della Croce Rossa Internazionale ed esperta di antiquariato, ha pubblicato diversi volumi per Silvana Editoriale e per FrancoAngeli.

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