Alec Guinness, un grande attore profondamente cattolico

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Alec Guinness

Una conversione maturata negli anni di maggior successo con tanti piccoli eventi che lo portarono alla consapevolezza di ciò in cui voleva credere

La conversione di una persona dalla propria religione, in cui è nato e cresciuto, a un’altra, rimane un mistero dell’anima. Difficile scandagliare le motivazione per trovare ciò che spinge l’uomo verso qualcosa di apparentemente ignoto. Per la sua anima invece tutto questo è diventato qualcosa di reale, di prorompente a cui non può più opporsi, la via è segnata e va percorsa.

In queste righe introduttive abbiamo sintetizzato il pensiero di un grande attore di fama internazionale come Alec Guinness. Come scopriremo, seguendo la sua storia, nacque in una famiglia osservante anglicana, ma che gli fece odiare la religione tanto da dichiararsi, già in giovane età, agnostico a qualsiasi visione spirituale. L’unico retaggio lasciato dall’anglicanesimo rimase il suo odio viscerale di antipapista e, dunque, verso il cattolicesimo. Però, come si sa, “le vie del Signore sono infinite”, ma arrivano sempre al momento giusto. Così fu per Alec quando maturò la sua conversione proprio alla tanto vituperata Chiesa cattolica già in età matura.

Una carriera di successi

Alec Guin­ness è sta­to cer­ta­men­te uno de­gli at­to­ri in­gle­si più fa­mo­si nel­la sto­ria del cinema, tan­to che i suoi suc­ces­si gli val­se­ro l’O­scar come mi­glio­re at­to­re nel 1958 per il film Il pon­te sul fiu­me Kway. Lo stes­so anno ven­ne anche in­si­gni­to con il ti­to­lo di Sir dal­la regina Eli­sa­bet­ta.

Una lun­ga car­rie­ra di suc­ces­si che lo tro­ve­rà an­co­ra pro­ta­go­ni­sta a set­tan­t’an­ni nel­la saga ci­ne­ma­to­gra­fi­ca di Guer­re stel­la­ri.

Un per­so­nag­gio im­por­tan­te, fa­mo­so e ap­plau­di­to in tut­to il Mon­do. Ma che non ha esi­ta­to al­l’e­tà di qua­si cin­quan­t’an­ni a ri­met­ter­si in gio­co, non più come at­to­re, ma come per­so­na, abbracciando, dopo una lun­ga con­ver­sio­ne, la fede cat­to­li­ca. Una scel­ta dif­fi­ci­le in un ambiente come quel­lo an­glo­sas­so­ne dove ver­so i cat­to­li­ci c’e­ra­no an­co­ra mol­ti pre­giu­di­zi e non cer­to lu­sin­ghie­ri. Ma an­dia­mo con or­di­ne.

Alec Guinness, na­sce nel 1914 nel­la cit­ta­di­na di Mi­d­hur­st, nel Sus­sex, da una fa­mi­glia di pro­fon­da fede an­gli­ca­na che por­tò però il gio­va­ne a di­ven­ta­re agno­sti­co e ri­fiu­ta­re qual­sia­si re­li­gio­ne, ri­ma­nen­do però sem­pre un sin­ce­ro anti pa­pi­sta fino al mo­men­to del­la sua conversione.

L’amore per il teatro

An­co­ra gio­va­nis­si­mo si in­na­mo­ra, è pro­prio il caso di dire, del tea­tro e del­la re­ci­ta­zio­ne dei clas­si­ci. Viene sco­rag­gia­to in mol­te ma­nie­re, ma con­ti­nua la sua pas­sio­ne pres­so la scuo­la tea­tra­le di Ro­bo­rou­gh dove si di­plo­ma con buo­ni voti. Ovviamente sappiamo che lavorare in tea­tro non por­ta su­bi­to gua­da­gni. Infatti si im­pie­ga pres­so una agen­zia di pubblicità per sbar­ca­re il lu­na­rio, ma il de­sti­no è se­gna­to.

La­scia con una cer­ta te­me­ra­rie­tà il suo im­pie­go fis­so e rie­sce a far­si scrit­tu­ra­re da importanti com­pa­gnie tea­tra­li. Inizialmente in pic­co­li ruo­li, ma in po­chi anni, dal 1934 allo scop­pio del­la guer­ra, è già un af­fer­ma­to e pro­met­ten­te at­to­re.

Nel 1938 spo­sa l’at­tri­ce Me­rul Syl­via Sa­la­man con la qua­le ri­mar­rà uni­to fino alla sua mor­te av­ve­nu­ta il 5 ago­sto del 2000. La mo­glie, come ogni sto­ria d’a­mo­re che si ri­spet­ti, lo se­gui­rà ap­pe­na due mesi dopo.

In­tan­to la fa­mi­glia è cre­sciuta. Nel 1940 na­sce il fi­glio Mat­thew an­ch’e­gli di­ve­nu­to in seguito at­to­re tea­tra­le. Con lo scop­pio del­la Se­con­da guer­ra mon­dia­le, Alec Guin­ness si arruola in ma­ri­na. Du­ran­te que­sto pe­rio­do, è pre­so da pro­fon­da com­mo­zio­ne nel ve­de­re tan­to do­lo­re in­tor­no e co­min­cia a pen­sa­re se­ria­men­te di in­tra­pren­de­re la car­rie­ra ecclesiastica pro­te­stan­te per aiu­tare in qual­che modo il pros­si­mo. Ma il Si­gno­re ave­va al­tri pro­get­ti per lui e ben pre­sto ab­ban­do­nò l’i­dea re­li­gio­sa.

Alec Guin­nessIn quel­lo stes­so pe­rio­do fu col­pi­to dal­la ina­spet­ta­ta conversione al cat­to­li­ce­si­mo di un suo ca­ris­si­mo ami­co, l’attore Er­ne­st Mil­ton e di sua mo­glie la scrit­tri­ce Nao­mi Roy­de Smi­th. Alec, no­no­stan­te la sua re­pul­sio­ne per ogni aspet­to del cat­to­li­ce­si­mo, man­ten­ne sem­pre un atteggiamento di gran­de ami­ci­zia con i suoi ami­ci, non evitando però, come era suo costume, qual­che bat­tu­ta ai neo con­ver­ti­ti.

Comincia la sua conversione

I due gio­va­ni spo­si lo in­vi­ta­ro­no an­che ad as­si­ste­re a una mes­sa cat­to­li­ca. Alec Guinness ac­cet­tò, ma la ce­ri­mo­nia non lo col­pì, al­me­no ap­pa­ren­te­men­te. Fu quello il momento in cui cominciò, qua­si per caso, a fre­quen­ta­re am­bien­ti ”pa­pi­sti”.

In que­sti in­con­tri ebbe la pos­si­bi­li­tà di co­no­sce­re Cy­ril To­m­kin­son, sa­cer­do­te cattolico, uomo sem­pli­ce e bo­na­rio, ma pie­no di ca­ri­tà e di va­sta cul­tu­ra teo­lo­gi­ca. Il quale, con un lavoro pa­zien­te, riu­scì a smus­sa­re la sua pre­ven­zio­ne ver­so la Chie­sa di Roma e, dun­que, del pa­pi­smo, fa­cen­do­gli dono di una co­pia del­la ce­le­bre Fi­lo­tea scrit­ta da San Fran­ce­sco di Sa­les dove si po­ne­va­no le basi del­la dot­tri­na cat­to­li­ca tan­to che riu­scì nel­l’im­pre­sa di far­lo in­gi­noc­chia­re da­van­ti al San­tis­si­mo Sa­cra­men­to a in­di­ca­re che li c’e­ra la pre­sen­za viva di Gesù nel Ta­ber­na­co­lo.

Fu­ro­no pro­prio que­sti pri­mi in­se­gna­men­ti a in­di­riz­za­re Alec Guin­ness ver­so Roma e di questo l’at­to­re ri­mar­rà sem­pre ri­co­no­scen­te a pa­dre To­m­kin­son. Ma le vie del­la Provvidenza sono in­fi­ni­te, si dice, e per l’at­to­re in­gle­se i se­gna­li che do­ve­va cam­bia­re vita in­te­rio­re arrivarono sem­pre più spes­so.

Tanti accadimenti

Suo fi­glio Mat­tew al­l’e­tà di 11 anni ven­ne col­pi­to dal­la po­lio­mie­li­te e aven­do bi­so­gno di cure e di as­si­sten­za do­ve­va sta­re in un am­bien­te se­re­no per pro­se­gui­re i suoi stu­di. Dopo mol­te in­cer­tez­za i ge­ni­to­ri de­ci­se­ro di iscri­ver­lo a Sto­ny­hur­st, uno dei più fa­mo­si col­le­gi cat­to­li­ci del Re­gno. Per Alec, an­co­ra lon­ta­no dal cat­to­li­ce­si­mo, que­sta scel­ta lo la­scia­va assai dub­bio­so, ma per amo­re del fi­glio ac­cet­tò que­sta so­lu­zio­ne.

L’an­no del­la svol­ta de­fi­ni­ti­va sarà il 1954 quan­do pro­prio suo fi­glio de­ci­se, ap­pe­na quindicenne, di far­si cat­to­li­co no­no­stan­te le re­si­sten­ze fa­mi­glia­ri. I qua­li do­vet­te­ro ce­de­re da­van­ti alla de­ter­mi­na­zio­ne del ra­gaz­zo tan­to che quel­l’an­no ven­ne bat­tez­za­to con la formula sot­to con­di­zio­ne per­ché an­co­ra mi­no­ren­ne. Que­sto av­ve­ni­men­to del fi­glio col­pì mol­to Alec Guinness come an­che un pic­co­lo epi­so­dio ac­ca­du­to in Bor­go­gna quel­lo stes­so anno.

Un bambino lo scambia per un prete

Sta­va gi­ran­do il film sul­le av­ven­tu­re di Pa­dre Bro­wn, dal­le novelle di un al­tro gran­de convertito al cat­to­li­ce­si­mo, Gil­bert Che­ster­ton, quan­do un gior­no, men­tre era in pau­sa tra una ripresa e l’al­tra ave­va an­co­ra gli abi­ti di sce­na con la to­na­ca e un bam­bi­no del po­sto lo scam­biò per un vero pre­te, tan­to da chie­den­do­gli di be­ne­dir­lo.

Que­sto fat­to, ap­pa­ren­te­men­te in­si­gni­fi­can­te, in­sie­me alla conversione dei suoi ami­ci Mil­ton e quel­la del fi­glio, lo col­pì profondamente. Infatti una vol­ta tor­na­to in In­ghil­ter­ra Alec Guinness de­ci­se di af­fron­ta­re se­ria­men­te il pro­ble­ma e cominciò a de­li­near­si pri­ma nel suo cuo­re e poi nel­la men­te l’i­dea del­la con­ver­sio­ne.

Pa­dre Hen­ry Clar­ke, par­ro­co del­la chie­sa di St La­w­ren­ce, a Pe­ter­sfield, fu il pri­mo a istruir­lo se­ria­men­te sul­le basi del­la fede. Inoltre in quel pe­rio­do par­te­ci­pò a un ri­ti­ro pres­so il Mount St Ber­nard, un mo­na­ste­ro trap­pi­sta del­le Mid­lands.

Guin­ness fu me­ra­vi­glia­to dal­la vita au­ste­ra dei mo­na­ci, vis­su­ta nel si­len­zio del­la meditazione e nel­la pre­ghie­ra, ma ciò che più im­pres­sio­nò fu lo splen­do­re del­la mes­sa mattutina ce­le­bra­ta al­l’ab­ba­zia: “Vi era un sen­so cre­scen­te del ti­mor di Dio” – scri­ve sul suo dia­rio – “come se do­ves­se riem­pi­re ogni an­go­lo del­la chie­sa e del­l’in­te­ro Mon­do”. Fu così che “trafitto dal­l’i­na­spet­ta­ta bel­lez­za” di ciò che vide che in se­gui­to di­ven­ne un ospi­te fis­so del mo­na­ste­ro ne­gli anni che se­gui­ro­no.

Il giorno del suo battesimo cattolico

Nel 1956, il 24 mar­zo, ven­ne so­len­ne­men­te bat­tez­za­to da pa­dre Clar­ke e per lui fu un mo­men­to di gran­de com­mo­zio­ne e di fe­li­ci­tà tan­to da escla­ma­re: «Come un nu­me­ro in­fi­ni­to di con­ver­ti­ti pri­ma e dopo di me, mi sen­to come se fos­si tor­na­to a casa».

Alec GuinnessUomo schi­vo alla pub­bli­ci­tà e al di­vi­smo, vis­se nel si­len­zio del­l’a­ni­ma que­sto suo cambiamento in­te­rio­re an­che se da mol­te par­ti del­l’In­ghil­ter­ra e del Mon­do ar­ri­va­ro­no per lui tan­te con­gra­tu­la­zio­ni e an­che da al­cu­ne cri­ti­che. Co­mun­que la più bel­la sod­di­sfa­zio­ne l’eb­be nel 1957 du­ran­te le ri­pre­se in Ma­le­sia del film or­mai un vero e pro­prio cult, “Il ponte sul fiu­me Kway”, che gli val­se l’O­scar come mi­glio­re at­to­re.

Bi­so­gna ri­cor­da­re che du­ran­te il per­cor­so del­la con­ver­sio­ne, pro­prio per un sen­so di gran­de li­ber­tà in­te­rio­re, la­sciò sempre sua mo­glie fuo­ri da que­sta sua scel­ta non volendola in­fluen­za­re in al­cun modo.

Du­ran­te le ri­pre­se, Alec Guinness, or­mai lon­ta­no da casa da al­cu­ni mesi, ri­ce­vet­te una lettera ap­pas­sio­na­ta del­la mo­glie. La qua­le gli con­fes­sò che in si­len­zio ave­va an­che lei abbracciato la fede cat­to­li­ca tan­to che il mese pre­ce­den­te ave­va ri­ce­vu­to il bat­te­si­mo.

Ne­gli anni che se­gui­ro­no, fino alla gra­ve ma­lat­tia che lo con­dus­se alla mor­te, ama­va recitare ogni gior­no un ver­so del sal­mo 143. An­che la mat­ti­na del suo tra­pas­so, pur tra tan­te sofferenze, riu­scì a re­ci­ta­re: “Per­ché io pos­sa sen­ti­re il tuo amo­re dal­la mat­ti­na”. E, come dis­se il fi­glio, fu la più bel­la de­cla­ma­zio­ne del­la sua vita.

 

Antonello Cannarozzo

Foto © Bloogger, Nonsolocinema, Famousfix, Filmscoop

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Antonello Cannarozzo
Giornalista professionista dal 1982. Nasce come consulente pubblicitario, in seguito entra nella redazione del quotidiano Il Popolo, dove diviene vaticanista ed in seguito redattore capo. Dal 1995 è libero professionista e collabora con diverse testate su argomenti di carattere sociale. In questi anni si occupa anche di pubbliche relazioni e di uffici stampa. La sua passione rimane, però, la storia e in particolar modo quella meno conosciuta e curiosa. Attualmente, è nella direzione del giornale on line Italiani.net, rivolto ai nostri connazionali in America Latina, e collabora con Wall street international magazine con articoli di storia.

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