Chico Forti, da 23 anni detenuto in America

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Chico Forti

La burocrazia non gli permette di tornare nonostante il dipartimento di Giustizia Usa abbia accettato le garanzie fornite dall’Italia

Se una Nazione non è in grado di difendere i diritti dei suoi cittadini specialmente se vivono all’estero, e dunque più deboli, viene meno la sua autorevolezza con la conseguente sfiducia nelle istituzioni e nella sua giustizia.

Un breve preambolo per ricordare un caso giudiziario dai risvolti kafkiani che coinvolge la giustizia italiana e quella statunitense. Parliamo di Enrico (detto Chico) Forti, da ventitré anni in carcere dove sconta la pena all’ergastolo per omicidio.

Una storia che ha dell’incredibile

Forti era un giovane produttore televisivo di successo che viveva e lavorava a Miami, in Florida. Una vita serena costellata di successi professionali con una bella famiglia. Tutto, insomma, andava a gonfie vele nella vita di questo giovane imprenditore italiano, almeno fino al febbraio del 1998. In quella data venne accusato di aver partecipato all’omicidio di un giovane australiano, Dale Pike.

Il processo, fin dalle prime battute, si dimostrò pieno di ombre o, perlomeno, di prove non così solide tali da condannarlo nel giugno del 2000 al carcere a vita. Nonostante questa disgrazia, Forti, con una determinazione e un coraggio invidiabile, in questi lunghi anni di detenzione ha sempre dimostrato a tutti coloro che lo hanno incontrato una serenità d’animo tipica di chi sa di essere innocente al di là di ogni possibile dubbio.

Non sono mancati dall’Italia gesti concreti di solidarietà di semplici cittadini e anche di celebrità. Tra questi ricordiamo, solo come esempio, la famiglia di Andrea Bocelli che gli è stata particolarmente vicina.

A febbraio 2022 Andrea Bocelli e la moglie Veronica hanno fatto visita a Forti nel carcere Dade Correctional Institution di Florida City. “Carissimo Chico, speriamo e preghiamo che tu possa presto riabbracciare tua madre e tornare nella tua terra natale. Ti aspettiamo, tutta l’Italia ti aspetta“, si legge in un post pubblicato sui social dal tenore.

“In occasione del suo sessantatreesimo compleanno abbiamo conosciuto Chico Forti. È stato un incontro che rimarrà radicato nei nostri ricordi e nei nostri cuori. Volevamo dargli fiducia e positività, ma alla fine, sono state le sue parole ad andare oltre le barriere con la forza di una coscienza e un’anima pulita, libera“: è stato questo il messaggio di Andrea e Veronica Bocelli.

Burocrazia italiana

Ma ora tutto questo sembra volgere al peggio.

Il suo coraggio e la sua serenità stanno per esaurirsi con il rischio di entrare in quel terribile cono d’ombra chiamato depressione. Per questa sua nuova situazione c’è un motivo assai amaro che certo non fa onore alla giustizia.

Il governatore della Florida, Ron De Santis, il 23 dicembre 2020, aveva confermato l’atto per il trasferimento di Chico Forti in Italia, secondo la convenzione di Strasburgo del 1983, dove avrebbe scontato la sua pena. Abbiamo usato il condizionale perché ciò non è mai accaduto.

La pratica si è incagliata per vari impedimenti burocratici non permettendo al nostro connazionale di tornare in Italia. E così, dopo un anno e nove mesi, Forti rimane ancora in carcere negli Usa, neanche fosse un pacco postale smarrito. Nessuno chiede, ne potrebbe farlo, una scarcerazione, per questo, come è ovvio, occorre istituire un nuovo processo con prove molto convincenti che, purtroppo, dopo ventitré anni dai fatti diventa assai difficile, se non impossibile, ottenere.

Ora sorge spontanea una domanda: avendo tutte le carte in regola per il suo trasferimento perché dalle nostre autorità non viene trovata una soluzione al problema avendo il dipartimento di Giustizia Usa accettato le garanzie fornite dall’Italia?

Forse è giunto il momento, proprio in questo periodo elettorale, di far sentire la voce degli elettori e garantire giustizia per un uomo definito detenuto modello dagli stessi americani. “Forti vede purtroppo che la situazione si è arenata. Se lui molla il colpo e se si lascia andare è finita” – afferma in una intervista l’onorevole Andrea Ruggeri che segue da anni il caso – “Vive in una struttura detentiva di transito, condivide una camerata con 40 persone e due cani. Temo che questa sua forza si stia pian piano assottigliando, sino a diventare una patina sottile. Temo che questa vicenda abbia una connotazione politica, nei cui meccanismi Chico è rimasto incastrato”.

In questo contesto, il nostro appello, pur limitato, è per una civile mobilitazione delle coscienze. Si firma per tante cose, anche inutili, raccogliamo allora le firme per un atto di vera giustizia. Non solo per Chico Forti, ma per ogni cittadino che deve vedere nelle istituzioni la garanzia per i propri diritti, al di là di ogni appartenenza politica.

La visita rimandata di due anni a causa del Covid

Chico FortiIl vicepresidente del Consiglio regionale, il trentino Roberto Paccher, ha visitato nei giorni scorsi in carcere a Miami Chico Forti. “Un incontro” – ci informa una nota – “che si è protratto per tre ore”. Lui non ha mai smesso di professarsi innocente. «Non conoscevo Dale, non avevo motivi per eliminarlo».

«Chico sta bene, è speranzoso e ottimista anche per quanto riguarda la sua situazione. Forti si augura di poter tornare presto in Italia», ha dichiarato il vicepresidente all’uscita del carcere. «Abbiamo parlato del Trentino, di quello che gli manca e Chico ha detto che ha nostalgia di tantissime cose. Ci ha raccontato di pensare spesso alle montagne e ai nostri laghi e di aver voglia di riassaporare i canederli».

Durante la sua missione in Florida Paccher ha avuto modo di confrontarsi sulla situazione di Forti con il console generale italiano a Miami Cristiano Musillo: «Il console mi ha confermato di stare seguendo con attenzione la situazione di Chico. La diplomazia sta facendo il proprio corso, sta seguendo i propri canali e ci si augura che la vicenda di Forti possa sbloccarsi a breve».

«Confido nei ministri Luigi Di Maio e Marta Cartabia, nel loro impegno, nelle loro promesse. Perché un uomo o una donna senza parola non possono camminare a testa alta» ha dichiarato Forti a un giornalista.

In occasione della visita il consigliere trentino ha anche recapitato in carcere a Chico una lettera scritta dal presidente della Provincia di Trento. Un testo in cui gli viene ribaditocome il proprio territorio non lo abbia dimenticato” e nel quale ci si augura chequesto viaggio possa contribuire a smuovere le cose, tenendo viva l’attenzione su di lui”.

 

Andrea Weber

Foto © Kulturjam, Affari italiani, L’Adige

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