Il voto, tra responsabilità e consapevolezza

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Il voto

Votare (o scegliere di non farlo) vuol dire partecipare alla scelta di chi prenderà delle decisioni che riguarderanno la vita di tutti

Ovunque leggo, in merito alla crisi energetica: “il Governo deve fare qualcosa”.

Come sempre, quando c’è una crisi, che sia economica, sanitaria, energetica, occupazionale, qualunque sia la tipologia, si chiede aiuto al Governo. Come se avesse risorse infinite, o la bacchetta magica.

Intanto, credo, che mai come di fronte a questa crisi che ha diverse componenti (geopolitiche, climatiche, economiche, ma anche strutturali e dovute a conseguenze di eventi non solo dipendenti dall’azione umana), ognuno di noi dovrebbe chiedersi cosa può fare nel suo piccolo: dall’accettare di consumare meno energia, a cambiare il proprio stile di vita nei consumi energivori, nell’agire per la difesa dell’ambiente. E poi, dovremmo iniziare a sentirci responsabili e responsabilizzati.

Invece scarichiamo sul Governo e sull’Unione europea la responsabilità di agire: trovare risorse, cambiare le cose.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay Sembriamo come i contadini del Medioevo, quando arrivava un’invasione, una pestilenza, una catastrofe, che si recavano sotto le mura del castello del signore locale a chiedere di farli entrare e dare loro protezione. Ma il Mondo è cambiato, non ci sono più i signori locali, ci sono le democrazie.

E in democrazia, dove a scegliere sono le persone, gli elettori, che vadano o non vadano a votare, la responsabilità, appunto, è di chi sceglie.

Scegliamo e agiamo sul Mondo non solo quando votiamo, ma anche quando comperiamo, consumiamo. Abbiamo, per anni, comperato vestiti provenienti dalla Cina o dall’estremo Oriente, senza chiederci come fosse possibile che quel capo di abbigliamento prodotto dall’altra parte del Mondo costasse così poco. O meglio, abbiamo pensato solo al costo del lavoro, e ci siamo pure mobilitati per chiedere diritti e salari per quei lavoratori, contro lo sfruttamento dei minori. Ma non ci siamo mai preoccupati del costo ambientale sostenuto per produrli.

Pensiamo solo a quanto inquinino, quanta energia consumino, e quanto costino le navi che trasportano quei vestiti. Ma solo ora, e solo alcuni di noi, se lo chiedono. E solo ora, e solo alcuni di noi, sono disposti a comprare a kilometro zero anche i vestiti. E solo ora, e solo alcuni di noi, preferiscono andare a ridare vita a vestiti o prodotti usati che qualcuno non usa, appunto, più.

Quando, però, si tratta di individuare chi deve agire per cambiare o riportare le cose alla normalità, preferiamo dare la responsabilità a qualcun altro. E non voglio dire che siamo tutti responsabili di tutto quello che accade, ma che sicuramente la responsabilità degli eventi è molto più collettiva che dei politici.

Certo, le scelte fatte dei governanti, di qualunque Governo si parli, hanno delle conseguenze nel breve e nel medio periodo. E i Governi hanno strumenti per poter incidere subito. Ma, come ho già detto, non hanno la bacchetta magica.

Per non parlare del fatto che a scegliere chi governa è l’elettorato. Non cambia se a scegliere il presidente del Consiglio, il primo ministro o il responsabile del Governo siano direttamente gli elettori, o il Parlamento. Perché sono gli elettori che dovrebbero premiare o sanzionare le scelte fatte da chi hanno scelto.

Il 25 settembre, ad esempio, in Italia si voterà per scegliere il nuovo Parlamento che dovrà dare la fiducia al nuovo Governo, che dovrà poi agire per gestire la crisi energetica, la conseguente crisi occupazionale ed economica. Si confrontano diversi schieramenti. Non starò qui a farne l’elenco in quanto non voglio tediarvi con cose che potete sapere già e che altri hanno già detto. Ma anche perché non voglio influenzare la vostra scelta parlando bene o male di uno schieramento o di un altro.

È chiaro che io avrei preferito che il Governo Draghi portasse a termine il suo mandato, che si fosse votato nei primi mesi del 2023, come previsto, e oggi si potesse gestire al meglio le difficoltà con uno pienamente legittimato ad agire. Questo non è possibile, non dipende da me, non dipende nemmeno da voi (a meno che non siate dei parlamentari con il potere di incidere su tale scelta).

Quindi facciamo buon viso a cattivo gioco e pensiamo cosa possiamo fare oggi.

Possiamo scegliere di dire: deve pensarci il Governo, oppure dire che, oltre al Governo, dobbiamo pensarci anche noi.

Nel primo caso, incrociamo le dita e lasciamo che se ne occupino gli altri, che siano elettori o governanti. Oppure possiamo anche riflettere sul fatto che, se deve pensarci il Governo, sarà opportuno, visto che ci sono le elezioni, scegliere con consapevolezza come comportarci alle prossime.Il voto

Possiamo scegliere di votare o di non votare (astenersi o votare scheda bianca o nulla). Non votare, non significa dire che non ti piacciano quelli che ci sono, ma che ti va bene quello che scelgono gli altri. Che poi in soldoni potremo dire: non mi piace nulla di quello che c’è, scegliete voi quello che volete. Un po’ come se andaste al ristorante, non vi piace nulla di quello che c’è nel menù, ma siccome non potete/volete cambiare ristorante, fate scegliere agli altri. Il rischio è che prendano il piatto che non vi piace di più e, alla fine, vi tocca pure mangiarlo.

L’alternativa, una volta che gli altri hanno fatto la scelta, è decidere di cambiare ristorante. Ma davvero! Prendete baracca e burattini e andate in un Paese dove c’è qualcosa che vi piace. Altrimenti rischiate di stare al tavolo, lamentarvi della cucina scadente, magari non mangiate, ma ci ritornate la prossima volta. In questo caso sperando che sia cambiato il menù, ma se non cambia il cuoco o la proprietà, difficile che cambia menù e qualità della cucina.

Se invece scegliete di votare ci sono diverse possibilità. Avete presente il dilemma di Zero Calcare sulla pizza margherita e la pizza ‘stocazzo? (se non l’avete presente guardatevi la serie TV Strappare lungo i bordi). La pizza margherita è la solita pizza. È una garanzia. Non cambierà mai. La pizza ‘stocazzo invece può essere una sorpresa positiva, oppure una sorpresa negativa. A voi la scelta.

Nel dubbio, io scelgo la pizza leggendo gli ingredienti, pensando se stanno bene insieme, se mi piacciono, se sono in grado di digerirli. E comunque so che la settimana prossima, quando andrò di nuovo a mangiare la pizza con gli amici, potrò sceglierne un’altra. Oppure sceglierò di cambiare pizzeria. Anche se, ogni tanto, a casa mia, la pizza la preparo io. Non dico che potrei fare il pizzaiolo, ma credo che, tra di voi, ci siano tanti che sappiano fare la pizza meglio di molti altri, perché quindi non vi mettete in gioco? Certo ci vuole un po’ di gavetta, un po’ di formazione, ma sono sicuro che qualcuno potrebbe ottenere dei buoni risultati.

Fuori di metafora: siamo sempre noi i responsabili delle nostre scelte e non possiamo sempre delegare ad altri le soluzioni ai nostri problemi. Mentre aspettiamo che il Governo italiano e l’Unione europea risolvano quello che possono risolvere, cerchiamo di adattarci ai cambiamenti, non abbiamo paura di modificare i nostri comportamenti, gestiamo i nostri consumi, e scegliamo con consapevolezza come comportarci alle prossime elezione.

 

Giacomo Zucchelli

Foto © Pixabay

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Giacomo Zucchelli
Giacomo Zucchelli, classe 1973, laureato in sociologia dell’organizzazione, del lavoro e dell’economia. Svolge la sua professione di formatore e consulente per le risorse umane in Toscana. Negli anni ha approfondito le tematiche della comunicazione relazionale, ha realizzato ricerca sociali legate alle relazioni tra gli individui con un’attenzione particolare alle ultime generazioni. Da sempre interessato alla politica e alla sua relazione con la vita reale

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