Sfratto, quando si può chiedere un termine di grazia

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Sfratto

Il caso specifico in cui la richiesta è incompatibile con l’opposizione alla convalida del Tribunale di Viterbo

Il pagamento del canone di locazione costituisce la principale e fondamentale obbligazione del conduttore, al quale non è consentito astenersi dal pagamento (saldo) del corrispettivo e neppure ritardarne la corresponsione se non quando venga completamente a mancare l’obbligazione principale gravante sul locatore che si sostanzia nel consentire il pieno godimento del bene immobile oggetto del contratto.

L’art. 5 della legge n. 392/1978 stabilisce che il mancato pagamento del canone, decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1455 c.c.

Il pagamento può essere risolto in sede giudiziale

Il successivo art. 55 della legge n. 392/1978 prevede poi che la morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all’articolo 5 può essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l’importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal giudice, o se lo stesso conduttore, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà economica, chieda che gli venga assegnato un termine (il c.d. termine di grazia) non superiore a 90 giorni per il pagamento di quanto complessivamente dovuto per sorte, interessi e spese di lite.

Tale norma, dunque, si configura come speciale rispetto a quella generale posta dall’art. 1455 c.c. in quanto permette al conduttore di adempiere tardivamente senza il rischio di incorrere nella sentenza di risoluzione del contratto al fine primario di consentire allo stesso conduttore di mantenere l’abitazione.

L’art. 55 della legge 392/78 consente pertanto al conduttore di impedire unilateralmente e a contraddittorio instaurato la pronuncia di risoluzione del contratto a mezzo dell’ordinanza di convalida di sfratto mediante l’adempimento dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo dovuto, unitamente agli interessi e alle spese, a cui può provvedere o in occasione della prima udienza (nella forma del pagamento banco judicis) oppure entro il termine di grazia concesso dal giudice.

Quando c’è la convalida dello sfratto

Il conduttore che, convenuto in un giudizio di sfratto per morosità, chieda la concessione del cosiddetto termine di grazia, manifesta in tal modo una volontà incompatibile con quella di opporsi alla convalida, cosicché al mancato adempimento nel termine fissato dal giudice, segue ipso facto l’emissione dell’ordinanza di convalida di sfratto, senza che possa aver luogo l’ulteriore trattazione nel merito.

In altre parole, la scelta di una delle due soluzioni giuridiche, ovvero la richiesta di concessione del termine di grazia e l’opposizione alla convalida di sfratto, esclude l’altra.

Sul punto è tornata di recente a pronunciarsi la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4616 del 14 febbraio 2023 ribadendo il principio per cui il conduttore che, convenuto in un giudizio di convalida di sfratto per morosità, abbia richiesto in via subordinata la concessione del c.d. termine di grazia manifesta implicitamente una prevalente volontà solutoria incompatibile con quella di opporsi alla convalida.

Un caso

La vicenda trae origine da un giudizio di intimazione di sfratto per morosità nel quale il Tribunale di Viterbo all’esito di concessione del termine di grazia e di persistenza dell’inadempimento, convalidò lo sfratto con ordinanza ai sensi dell’art. 663 c.p.c.

Avverso tale sentenza il conduttore presentava appello chiedendo la riforma della sentenza del Tribunale di Viterbo ritenendo ammissibile l’opposizione esperita in sede di giudizio di sfratto.

La Corte d’Appello di Roma, alla luce delle diverse contestazioni osservò che nel caso di specie, a seguito di intimazione di sfratto per morosità, il resistente aveva fatto richiesta di concessione di termine di grazia per sanare la morosità e che non era in contestazione il mancato pagamento, da cui l’inappellabilità dell’ordinanza di sfratto.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma il conduttore ha quindi proposto ricorso per Cassazione osservando che l’ordinanza di convalida era appellabile in quanto emessa in mancanza dei presupposti di legge non essendovi incompatibilità fra l’opposizione alla convalida e la richiesta di concessione del termine di grazia.

Impossibile un futura opposizione

La Corte di Cassazione, tuttavia, con la sopracitata ordinanza, ha ritenuto infondato il motivo e ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso ribadendo, nel solco di una consolidata giurisprudenza di legittimità, che avverso l’ordinanza di convalida di sfratto per morosità è consentito l’appello soltanto per denunciare che il provvedimento è stato emesso in difetto dei presupposti di legge per cui è inammissibile l’appello proposto contro un’ordinanza di convalida pronunciata a seguito di mancata sanatoria nel termine di grazia concesso dal giudice.

In conclusione, dunque, la richiesta del termine di grazia da parte del conduttore rende incompatibile qualsiasi futura sua opposizione alla convalida che a quel punto avrebbe natura meramente dilatoria.

 

Andre Battaglia

Foto © Wikicasa, Immobiliare.it

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