“Lampeduse”, urge una battaglia culturale

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Lampeduse

Un evento per ragionare a 360 gradi sul tema delle migrazioni. Non un’emergenza ma un fenomeno antico quanto la storia dell’umanità

A Roma, presso il Teatro Porta Portese, si è tenuto l’eventoLampeduse”, organizzato dall’Ente culturale e rivista Malacoda, con uno sguardo ampio sul fenomeno delle migrazioni per proporre un’altra narrazione, oltre muri alzati, stereotipi, pregiudizi, razzismo e xenofobia.

«L’evento “Lampeduse” nasce sull’onda dell’emotività per i recenti fatti di Cutro. Guardando oltre il momento, così drammatico, l’intento è quello di ragionare insieme sul fenomeno delle migrazioni», ha esordito Alberto Improda, presidente di Malacoda, avvocato e docente, annunciando la prossima messa online della nuova rivista, con vesta grafica e logo nuovi.

«Le migrazioni non sono solo un drammatico fatto di cronaca, una sfida economica e sociale, un terreno di scontro politico. Sono soprattutto un fenomeno culturale, un banco di prova per il nostro universo valoriale, una cartina al tornasole per la nostra idea di umanità», ha sottolineato il direttivo di Malacoda. E se Cristo tornasse in questa nostra epoca, probabilmente nascerebbe nei campi profughi della Tunisia o della Libia e il suo Golgota sarebbe una spiaggia di Cutro, di Lampedusa o di Malta.

Uno spettacolo variegato

Il critico letterario Francesco Muzzioli ha introdotto lo spettacolo “Austine e Selima. Storia di un viaggio, un naufragio, un amore”, prosa in versi di Tonino Tosto, con musiche composte e suonate da Danilo Blaiotta. Sul fenomeno epocale delle migrazioni occorre un cambio di rotta in quanto «troppo spesso viene trattato con i luoghi comuni del linguaggio dell’indifferenza» ha fatto notare Muzzioli. Motivo per cui attorno a questo fenomeno, vecchio quanto l’umanità, è in gioco una partita che è anche linguistica, in cui le parole sono diventate delle trappole ideologiche, veri e propri slogan strumentalizzati in chiave politica e socioculturale, ad esempio quando si sente parlare di “respingimenti” o di “aiutarli a casa loro”. Questa diffusione di luoghi comuni dannosi può essere contrastata da una generazione di artisti impegnati e da chi attinge alla cultura e alle giuste informazioni.

Il testo andato in scena al Teatro Porta Portese è ispirato a una storia vera, quella di Austine e Salima, scappati dal Delta del Niger, Regione della Nigeria in cui sgorga il petrolio, sfruttato dalle multinazionali, ma dove la popolazione vive in povertà estrema e le giovani generazioni si trovano senza prospettive per il futuro. Uno spettacolo dall’impatto emotivo molto forte, che affronta le questioni in gioco nelle migrazioni e le cause di tale fenomeno. A riprova che il teatro, la poesia, l’arte e la cultura in generale sono centrali, almeno quanto la questione politica e morale, per riflettere a questa grande sfida e opportunità chiamata migrazioni.

Un vero e proprio inferno

“Austine e Selima. Storia di un viaggio, un naufragio, un amore” porta lo spettatore a vivere in modo empatico e diretto tutte le tappe da chi fugge da unvero e proprio inferno per volareal di là del mare”, lontano da guerre fratricide, dall’inquinamento causato dal petrolio. Un’odissea che ha inizio nel Golfo di Guinea per poi percorrere la rotta che attraversa il Sahara, fino alla Libia e la Tunisia, in balia dei trafficanti, dello sfruttamento lavorativo, ma non solo, e poi delle onde del Mediterraneo. Violenze e violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno, sia per chi rimane che per chi decide di intraprendere il “viaggio della morte”. Per l’autore, Tonino Tosto, «queste storie vanno raccontate, ma purtroppo molte delle speranze finiscono in fondo al mare. Per chi fugge da guerra e fame, questa terra, l’Europa, è sinonimo di rinascita».

Irene Bregola, segretaria di Art. 1 a Ferrara, ha poi evidenziato come il titolo dell’evento – “Lampeduse” – sia evocativo oltre che di un luogo simbolo, di «una ricorrenza che ci ferisce nel profondo, di una serialità abominevole che succede nell’indifferenza delle istituzioni, nella disumanità di una società anestetizzata». La Bregola ha ricordato che anche per gli italiani migrare è stata una consuetudine, ma oggi nel fenomeno è in atto una crisi multipla e permanente: economica, sociale, climatica e soprattutto una crisi delle democrazie, motivo per cui per affrontarle serve un intervento politico e culturale più risoluto. Tuttavia «servono altri paradigmi che non siano più il pietismo, ma nuove forme di convivenze al posto della sola risposta della sicurezza», ha argomentato la speaker.

La cooperazione non è l’unica strategia

LampeduseNel contempo si è operata una migrazione del linguaggio dannosa che mette al primo posto l’ordine pubblico invece della sicurezza sociale, criminalizza i soccorsi e guarda ai migranti come nemici da cui ci dobbiamo difendere. Un approccio, anche legislativo, che ha fatto aumentare l’illegalità mentre nel Mediterraneo si verificanoassurdità“, tra cui gli accordi di cooperazione con Libia e Turchia e i respingimenti, in violazione dell’articolo 18 della Carta dei diritti umani. Urge, invece, stringere legami lungimiranti con le Nazioni africane.

Ritorno alle origini

Per Ali Baba Faye, intellettuale di origine senegalese, sindacalista, già consigliere ministeriale, «è necessario cambiare semantica. La libertà di movimento è un diritto, a maggior ragione tenuto conto della rivoluzione della mobilità in atto, dal turismo ai capitali passando per le nuove tecnologie. Pertanto basta parlare di migrazioni». La costruzione di un nuovo umanesimo, necessario e auspicabile, ci porta a guardare al passato: «le prime società umane erano nomadi, dimensione naturale dell’essere umano», ha fatto notare Faye.

In conclusione Pietro Folena, ex parlamentare e operatore culturale impegnato nel campo dell’arte, ha citato Gramsci, per cui «l’unico odio accettabile è quello contro le indifferenze». In sintesi in questi anni quando è stata affrontata la questione delle migrazioni «quello che è mancato è stato una vera battaglia culturale, intellettuale e delle idee, non meno importante di quella delle leggi». Una battaglia di alto livello per «contrastare le ideologie xenofobe e nazionaliste che avanzano e sono al potere in diversi Paesi europei, operando scelte di corto respiro, parlando alla pancia dei cittadini o innalzando muri pensando di potersi salvare», ha concluso Folena, presidente di MetaMorfosi.

 

 

Véronique Viriglio

Foto © Véronique Viriglio

Video © Eurocomunicazione

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Véronique Viriglio
Franco-italiana cresciuta a "pane e Europa" – quella dei padri fondatori nel Dopoguerra – durante il percorso di studi tra Parigi e Firenze. Tutte le strade portano a Roma e…all’Africa. Dal 2000 segue quotidianamente l’attualità del continente con un’attenzione particolare alle tematiche sociali, culturali e ambientali. Collabora con Agi da settembre 2017. Fondatrice del sito www.avanguardiemigranti.it. Direttrice della rivista femminile multiculturale W- ALL WOMEN MAGAZINE

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