Gioachino Rossini e i suoi genitori

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Pesaro Capitale della Cultura 2024 omaggia il suo figlio più illustre con una serie di iniziative musicali

“Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di questa opera buffa che si chiama vita e che svanisce come la schiuma di una bottiglia di Champagne”. Sono le parole di Gioachino Rossini che ironizza su se stesso fin dall’infanzia: “Io sono un figlio di un corno”, sosteneva, per esempio, a proposito dei suoi natali. E scherzando diceva due volte la verità. La prima, perché il padre Giuseppe nel 1790 era stato assunto, in maniera rocambolesca, al comune di Pesaro come trombettista (trombetta). Ma suonava anche il corno. Non era un lavoro da musicista ma doveva avvisare la cittadinanza con il suo strumento dei provvedimenti delle autorità, ed era lo Stato Pontificio. E Pesaro, la sua Città natale dove venne al Mondo il 29 febbraio 1792, anno bisestile, lo omaggia già da quest’anno con una serie di iniziative musicali, che fanno da prologo alle grandi manifestazioni che si terranno nel 2024 per Pesaro Capitale della Cultura italiana.

Il rapporto fra Rossini e la madre Anna

Nacque meno di tre mesi dopo la scomparsa dell’enfant prodige Mozart. Una morte misteriosa, quello del genio di Salisburgo, che ci ha lasciato con il suo capolavoro “Il Requiem”. Un gossip di allora attribuiva la paternità di Gioachino a un nobile della famiglia Perticari. Certamente questa notizia che però non trova fondamento, avrebbe rivoluzionato la vita del musicista pesarese, perché inserito nella cremé intellettuale pesarese con i rapporti diretti con Leopardi e Vincenzo Monti. Ma probabilmente non sarebbe stato il musicista più conteso dai teatri europei dell’epoca.

Grazie agli studi e pubblicazioni della Fondazione Rossini, sono in corso le uscite degli Epistolari rossiniani, in cui le corrispondenze di Gioacchino e i suoi genitori, sono tra le più significative. Fu molto legato alla madre, promettente cantante. Rapporto tormentato, invece, quello con il padre detto Vivazza. Anna Guidarini era la maggiore dei quattro figli del fornaio pesarese Domenico Guidarini e di Lucia Romagnoli. Ufficialmente faceva la cucitrice. Gioachino nacque nell’ex via del Duomo, oggi via Rossini, dove i genitori si erano trasferiti dopo il matrimonio. Nei periodi in cui la madre si assentava per cantare nei teatri marchigiani o romagnoli, lui era affidato alla nonna Antonia. Ma nonostante le prolungate assenze adorò sempre la madre.

Dalle lettere ai genitori si evince che si prese cura della salute della madre (lettera Milano dic.1823, G.Rossini ad Anna Guidarini a Bologna). “Anna Guidarini, alta, ben proporzionata”, così la descrive, ormai vecchio, al musicologo belga Michotte. “La carnagione freschissima, un po’ pallida, dei lunghi capelli neri magnifici, che spontaneamente si inanellavano. Una dentatura irreprensibile. Ella aveva nei suoi tratti una espressione di dolcezza veramente angelica (…) Era sempre sorridente e di buon umore”. Frasi che neanche alla propria innamorata si facevano allora e ancor meno oggi in una età tecnologicizzata. “Mia madre“, racconta Rossini, “aveva una bella voce di cui dovette servirsi per necessità. Povera mamma! Non era davvero scarsa di intelligenza, ma non conosceva una nota di musica. Cantava a orecchio, ma sempre bene”. Doti che Rossini erediterà.

In duetto con Anna

Il piccolo Gioachino andò a lezione di spinetta, con sacrifici di Anna, che andava a cantare  nel teatro di Jesi, nonostante il Papa vietasse l’esecuzione delle donne. Assieme al figlio fece anche alcune apparizioni in romanze e opere come “L’impresario burlato” di Luigi Mosca nel 1803. Un avviso del teatro comunale di Imola del 1804 annuncia per il 22 aprile “Un duetto eseguito dalla cittadina Anna Rossini e figlio”, seguita da una cavatina cantata dal cittadino Gioachino Rossini.

Compositore precoce

Rossini All’epoca Gioachino aveva 12 anni e già componeva musica. Nel 1804 compose sei sonate a quattro per Agostino Triozzi. Molti anni dopo lo stesso Rossini le ricordò come “sonate orrende”. Fu a quel punto che Anna salvo la vita del figlio, opponendosi con tutte le forze alla proposta del cognato, Francesco Maria Guidarini, che suggeriva di castrare Gioachino per conservargli la voce bianca. Nello stesso anno madre e figlio si trasferirono a Bologna in una malandata casa in pieno centro. Anna separata dal marito non stava bene e Gioachino cantava con un certo successo nelle chiese. Nel 1806 si iscrisse al liceo musicale di Bologna e nel 1810 iniziò la sua carriera di operista, ben 40 opere in 20 anni.

La morte della Madre

Anna morì il 20 febbraio 1827 a 55 anni. Benché fosse una morte prevista, Rossini non l’accetto. Il 9 marzo 1827 da Parigi, scrisse al padre: “Caro padre: perdono alla vostra età il poco coraggio che mi sembrate avere nel momento in cui abbiamo bisogno di virtù e fermezza d’animo. Io non piango, ma impietrisco”. Infatti il padre Giuseppe seppe in ritardo della morte della moglie. Per Gioachino fu un affronto e solo con il tempo, mandò a prendere il padre da un servitore della sua prima moglie Isabella Colbran per portarlo a Parigi. Allo stesso tempo Rossini cadde in una profonda depressione aggravata anche dalla morte di Beethoven, il 26 marzo 1827. Poi spostandosi sempre più a fatica da Parigi, Rossini si immerse in una attività frenetica e inizio a giocare d’azzardo in modo maniacale.

I due matrimoni

Dopo il matrimonio con il celebre soprano Isabella Colbran, dopo la tristezza per la perdita della madre, in Rossini nacque un rancore per la moglie che non andava d’accordo con Anna. Di contro, tutto ciò che riguardava la madre assunse un valore sacrale. A 37 anni Rossini fu all’apice della carriera ma in lui si insinuò un crescente isolamento, che neanche  la seconda moglie-badante Olympe Pelissiet, riuscì a scuotere. Anzi iniziò il periodo del silenzio musicale. Molto si è scritto di questo periodo. Arnaldo Camosci nella sua ricerca grafologia evidenzia la fragilità sentimentale di Rossini che ha nella madre il suo unico e saldo riferimento. Il cosiddetto periodo del silenzio fu interrotto dallo “Stabat Mater” e “Petite Messe Solennelle”.

 

Paolo Montanari

Foto © Corriere Romagna, Pianisti all’Opera

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