Entro il 2027 dovremo “rimpiazzare” quasi 3 milioni di addetti. Per almeno i prossimi 15-20 anni dovremo ricorrere stabilmente anche all’impiego degli extracomunitari
Entro 2027 dovremo “rimpiazzare” quasi 3 milioni di addetti
In calo e lontani dal mondo del lavoro
E oltre ad averne pochi, il tasso di disoccupazione giovanile e l’abbandono scolastico sono elevati, soprattutto nel Mezzogiorno. Insomma, i giovani italiani sono in calo, con un livello di povertà educativa allarmante e lontani dal mondo del lavoro. Un responso che emerge in maniera evidente quando ci confrontiamo con gli altri Paesi europei. È un quadro desolante che rischiamo di pagare caro se, come sistema Paese, non torneremo ad aumentare il numero delle nascite, a investire maggiormente nella scuola, nell’università e, soprattutto, nella formazione professionale.
Serve un patto sociale con gli immigrati che vogliono stabilirsi in Italia
“Alla luce della denatalità in corso nel nostro Paese, appare evidente che per almeno i prossimi 15–20 anni dovremo ricorrere stabilmente anche all’impiego degli extracomunitari“, propone la Cgia. Ma in che modo? “Per legge, a nostro avviso, dovremmo stabilire che il permesso di soggiorno, a eccezione di chi ha i requisiti per ottenere la protezione internazionale e di chi entra con già in mano un contratto di lavoro, andrebbe accordato a chi si rende disponibile a sottoscrivere un patto sociale con il nostro Paese”.
Il contenuto dell’accordo? “Se un cittadino straniero si impegna a frequentare uno o più corsi ed entro un paio di anni impara la nostra lingua e un mestiere, al conseguimento di questi obiettivi lo Stato italiano lo regolarizza e gli trova un’occupazione“. E “sia chiaro” – prosegue la Cgia – “è un’operazione complessa e non facile da gestire, anche perché il tema dell’immigrazione e del suo rapporto con il mondo del lavoro è molto articolato”.
Non solo: “tutto ciò richiede una Pubblica Amministrazione in grado di funzionare bene e con performance decisamente superiori a quelle dimostrate fino a ora. Il buon esito di un’iniziativa di questo tipo, ad esempio, non può prescindere da una ritrovata efficienza dei Centri per l’impiego, altrimenti la possibilità che l’iniziativa naufraghi è pressoché certa”. Grazie al coinvolgimento anche delle Camere di Commercio, “dovremo accelerare il processo di avvicinamento e di conoscenza tra la scuola e il mondo del lavoro, senza dimenticare che non potremo rinunciare a un forte incremento degli investimenti sugli Its (Istituti tecnici superiori, ndr) e sulla qualità della formazione professionale; materia, quest’ultima, di competenza delle Amministrazioni regionali”.
Gli under 34 sono diminuiti soprattutto nel Mezzogiorno: Sud Sardegna, Oristano, Isernia e Cosenza più colpite dalla carenza per i giovani
Negli ultimi dieci anni la contrazione della popolazione giovanile italiana ha interessato, in particolar modo, il Mezzogiorno. In questa ripartizione geografica la diminuzione è stata pari a 762 mila unità (-15,1%). Seguono il Centro con -160 mila (-6,6 per cento), mentre al Nordovest (-1) e al Nordest (-0,5) la flessione è stata molto contenuta. A livello regionale, invece, è stata la Sardegna con il -19,9% a subire la flessione più importante.
Seguono la Calabria con il -19 per cento, il Molise con il -17,5, la Basilicata con il -16,8 e la Sicilia con il -15,3. A livello provinciale, infine, la realtà che negli ultimi 10 anni ha registrato la diminuzione più importante è stato il Sud Sardegna con il -26,9 per cento. Seguono Oristano con il -24, Isernia con il -22,2 e Cosenza con il -19,5. In controtendenza, invece, solo una dozzina di province. Le più virtuose sono state Trieste con il +7,9%, Bologna con il +7,5 e Milano con il +7,3 per cento.
Sophia Ballarin
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