Il coraggio della perfezione sulla poesia di Cristina Campo

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Cristina Campo

A cento anni dalla nascita della scrittrice si recuperano le sue opere spesso dimenticate

Saggista, poetessa, traduttrice, critica letteraria, Cristina Campo, compagna di Elémire Zolla autore di numerosi saggi antropologici e la storia dei mistici Orientali, aveva per la perfezione un culto estremo, coraggioso e sofferto, mai circoscritto al solo versante stilistico e sempre coinvolto in una profonda ricerca esistenziale. A 100 anni dalla nascita (1923-1977) viene ricordata con un saggio di Elena Baldoni, bibliotecaria e archivista presso la Fondazione Carlo e Marise Bo all’Università di Urbino.

Nella ricerca poetica di Cristina Campo la porzione è una catarsi, un ideale assoluto, ma ricco di infinite sfaccettature che attraversa ogni sua forma di scrittura e ogni argomento di riflessione. In particolare la sua poesia, poco conosciuta per la riservatezza della scrittrice  e anche per i rari contributi poetici, a partire dalle undici liriche raccolte in “Passo d’addio” nel 1956, passando per le poche poesie pubblicate in rivista negli anni successivi, fino al 1977 quando realizzò delle composizioni liturgiche alquanto folgoranti, vive in una ricerca trascendentale di una purezza primitiva in cui la perfezione si carica di valore e di una ricerca fra forma e contenuto, di bellezza e significato “indipendenti e tuttavia inseparabili, come in una comunione”.

La sua riservatezza la teneva lontano dal mercato e utilizzava degli pseudonimi per una volontà di nascondersi e rendersi invisibile. Durante il periodo fiorentino animò, con Leone Traverso, un piccolo cenacolo a cui partecipò in autonomia Mario Luzi.

Biografia

Bolognese di nascita, ma fiorentina e poi romana di adozione, Cristina Campo visse un percorso letterario appartato rispetto alle scuole e correnti fra gli anni Cinquanta e Sessanta. D’altronde la poetessa prediligeva le fiabe, la perfezione, la sprezzatura, la liturgia e il soprannaturale. Versi severi ma aperti all’ignoto di lontano dalle correnti aperimentalistiche. Scrisse sotto falso nome escludendo l’attività di traduzione e gli scritti di critica, a eccezione della raccolta poetica “Passo d’addio” e le due raccolte di saggi “Fiaba e mistero” e “Il flauto e il tappeto“, Cristina Campo intratteneva rapporti con gli ambienti letterari, gruppi isolati dal panorama ufficiale, pensiamo a Leone Traverso con cui ebbe anche una storia sentimentale.

Ma anche Elémire Zolla che in seguito diverrà suo marito, Maria Chiappelli, Gabriella Bemporad, Ignazio Silone, Roberto Calasso, Pietro Citati e Corrado Alvaro. Un ambiente aristocratico e il suo pubblico di lettori affezionati furono gli amici. Il suo interesse per una poesia mistica la portò a collaborare con Elémire Zolla nella rivista Conoscenza religiosa, in cui comparvero le sue ultime poesie.

Solo dal 1987 grazie all’editore Adelphi, Cristina Campo, fu conosciuta al grande pubblico, con una raccolta dei suoi saggi “Gli imperdonabili“. Ancora nel 1991 la stessa casa editrice pubblicò la raccolta di poesie “La tigre assenza” e nel 1998 la raccolta dal titolo “Sotto falso nome“, con lavori critici sparsi con diversi pseudonimi. Con la pubblicazione del saggio “Il coraggio della perfezione” la casa editrice pesarese Metauro quest’anno si inserisce in questo filone di recupero dell’opera di una grande scrittrice. In un panorama letterario  sempre più dominato da una facile letteratura, l’opera di Cristina Campo è un’isola di sopravvivenza, di bellezza in fuga. La bellezza dei suoi scritti sboccia come d’incanto e trae origine da un culto estremo e coraggioso.

L’itinerario poetico

La prima produzione poetica della Campo del 1956 “Passo d’addio”, rappresenta il versante formale come fase estetica della perfezione e la volontà, da un punto di vista contenutistico, di intraprendere un itinerario di perfezionamento interiore. Il merito Cristina Campodi Elena Baldoni è quello di averlo estrapolato e sintetizzato, proseguito, poi, con una fase intermedia negli anni 1957-58, caratterizzata da un piccolo e disordinato gruppo di liriche sparse che evidenziano l’affinamento interiore. Un abbandono del malvagio, delle passioni.

Le due uniche poesie apparse in rivista nel 1969, spezzano il silenzio della Campo e sono intitolate “La tigre assenza” e “Missa romana“. La prima nasce dal dolore per la perdita dei genitori, la secoda è la rappresentazione in versi della messa in latino, che la Campo tentava di salvaguardare violando i dettami post conciliari. Si passa dal privilegio delle immagini simboliche alla prima manifestazione dell’amore della poetessa per la perfezione del rito liturgico.

Le ultime poesie della scrittrice bolognese sono legate alla rivista Conoscenza religiosa e dal forte connubio intellettuale e affettivo con Elémire Zolla autore, fra l’altro, del voluminoso lavoro dedicato alla “Storia del pensiero mistico orientale”. Le poesie di Cristina Campo acquistano un nuovo valore, perché la folgorante bellezza del rito, con un linguaggio altisonante, gli incensi, le candele, non sono altro che un vivido, fulgido e ritmico cosmo simbolico che rimanda a un suo doppio celeste. In un periodo in cui vi erano i contrasti poetici fra i neo avangatdisti saguineti e il recupero del dialetto in Pasolini, la sua poesia non è più illusoria soggettività, bensì di pura preghiera e di verità. Lontana anni luce dall’ermetismo montalcino e dalla ricerca ungarettiana.

 

Paolo Montanari

Foto © Libriantichionline, Facebook, Adelphi

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