Italo Mancini svelò la debolezza della critica marxista alla fede

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Italo Mancini

Lo studioso filosofo Paolo Bellinazzi riprende la riflessione del sacerdote teologo per svolgere una magistrale riflessione filosofica “Cur Deus Homo?”

 

È  doveroso ricordare un maestro del pensiero teologico e filosofico della seconda metà del Novecento, don Italo Mancini, insegnante di filosofia politica all’Università di Urbino, a 30 anni dalla morte. Il suo percorso nasce dalle sue origini contadine a Schieti, piccolo Paese vicino a Urbino, in cui la concretezza del vivere si concilia con l’astrattezza dei pensieri filosofici. Nel 1983 rilasciò una lunga intervista sul percorso filosofico e teologico che in questi giorni è stata pubblicata per ricordare i 30 anni della sua morte. Un cristianesimo radicale il suo in cui la fede, la cultura e l’ideologia, si sono intrecciate continuamente.

La formazione di don Italo Mancini all’Università cattolica di Milano sotto la guida di Gustavo Bontadini in studi appassionati di ontologia e metafisica. Divenuto docente all’Ateneo di filosofia e religione di Urbino incontrò nei suoi studi Bonhoffer, Barth e Bultmann e nella filosofia della politica, Bloch, il marxismo e Bobbio.

L’incontro con Marx e il marxismo

L’incontro con Marx fu difficile e appassionato e coinvolse le sue diverse ortodossia, la cui prospettiva definita da Moltmann come una “religione in eredità” e che Mancini nella sua sistematicità riprese con una radicalità francescana, cioè  il testamento di Francesco d’Assisi chiamato a vivere secondo la forma Evangelii. Quel cristianesimo che Pascal chiamava anonimo, Gesù sarà in agonia fino alla fine del Mondo e che però non escludeva l’impegno ed esigeva una prassi di liberazione storica. Mancini affermava «insomma o il Vangelo è con tutta la sua incarnazione o non è Vangelo».

Gli studi di Mancini hanno un loro apporto storiografico anche nel confronto con Marx e il marxismo. E subito il filosofo urbinate, con la caduta delle ideologie e utopie, comprendeva che in Europa si sarebbe diffuso “Il pesiero negativo e la nuova destra“, che scrisse in maniera profetica in un saggio del 1983. Ma tornando agli studi sul marxismo, il pensiero di Mancini ha assunto connotazioni diverse e subito: autentici travusamenti, come nella versione leninista, con una rivoluzione violenta e totalitaria.

Una dimensione che non apparteneva a Marx, che intendeva risolvere non religiosamente i problemi propri della religione, riconoscendo che ha una sua verità e rivela infatti il malessere del Mondo contro cui eleva la sua protesta, senza più sanarla. La soluzione marxiana del malessere non è quella cristiana e rimangono aperte questioni come la morte individuale e l’impotenza collettiva d’amore che reclamano una salvezza eterologa con la mediazione di Cristo.

Il percorso del filosofo Bellinazzi

La provincia di  Pesaro e Urbino ha avuto e ha filosofi che svolgono una ricerca libera che spesso non è legata ad altre correnti di pensiero. È il caso del biblista Sergio Quinzio che nel suo solitario rifugio a Isola del Piano, ha portato avanti una ricerca appassionata e drammatica sul commento alla Bibbia giungendo alla conclusione di aspettare che Cristo ritorni a liberarci e a riprendere la questione della resurrezione dei morti. In Mancini l’aspetto religioso attraverso la filosofia ha acquistato l’aspetto della liberazione dell’uomo

Nel filosofo pesarese Paolo Bellinazzi la ricerca filosofica ventennale e iniziata con la pubblicazione nel 2002 del saggio “L’utopia reazionaria”, accolta con favore da Norberto Bobbio, in cui svolge una analisi del rapporto tra l’idealismo di Hegel e la teoria della storia di Marx, inedita con letture di testi interdisciplinare. Nella poderosa opera in tre volumi “Cur Deus Homo?” Bellinazzi svolge una riflessione dimostrativa sui concetti di civilizzazione e umanesimo di Marx e Engels che derivano senza soluzione di continuità dal pensiero di Hegel. Il finito non esiste, in quanto esiste solo l’infinito. Due teorie che si incontrano e scontrano, in una analisi amplia e articolata.

 

Paolo Montanari

Foto © Il Metauro, Luca Sbarbati, Non solo Flaminia

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