Calo delle nascite un problema europeo

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L’Unione europea ha presentato un pacchetto di aiuti agli Stati membri per contrastare il fenomeno della denatalità

L’umanità nel corso della sua storia ha dovuto compensare, come le altre specie animali, la bassa aspettativa di vita con una intensa natalità. Questo è il meccanismo naturale secondo il quale la mortalità infantile, le guerre e le carestie sono bilanciate da un aumento nelle nascite. Di conseguenza la popolazione globale è cresciuta, provocando da più parti reazioni preoccupate dal XVII secolo in avanti. Per contro, nel mondo sviluppato, ci sono state tendenze spontanee alla denatalità causate dalla crescita della qualità e delle aspettative di vita. Attualmente nei Paesi ricchi il problema è il calo delle nascite. Quello che produce i più gravi problemi è il rallentamento dello sviluppo economico e l’impatto sull’assistenza sanitaria, sulle pensioni e sul welfare in generale.

 

Il malthusianesimo e i Paesi emergenti

Soprattutto nel secolo scorso il timore per la sovrappopolazione ha indotto alcuni Paesi a contenere la crescita demografica. Partendo dalle idee di un ecclesiastico inglese del XVIII secolo, Thomas Malthus, ci si convinse di dover controllare l’aumento delle nascite. Le sue idee, espresse nel “Saggio sul principio della popolazione”, ispirarono i primi studi eugenetici. Ormai ripudiata, ma molto considerata nel XIX secolo, l’eugenetica si fondava sul principio di superiorità della razza e del ceto sociale. Anche nel secolo scorso si diffusero gli sforzi di controllare la popolazione. Le Organizzazioni non governative e le Agenzie delle Nazioni Unite, cercarono di ridurre la popolazione, soprattutto nei Paesi più poveri. I programmi di pianificazione familiare finanziati dagli Stati Uniti erano rivolti in particolare a Paesi in via di sviluppo, soprattutto africani.

Nei Paesi sviluppati il problema è il calo delle nascite

Nelle proiezioni del 2008, la Divisione Popolazione delle Nazioni Unite ha sottolineato che nei Paesi sviluppati la fascia di persone di sessant’anni o più cresce al tasso più elevato (1,9 ogni anno) e si presume aumenterà di più del 50% nei prossimi quarant’anni, passando da 264 milioni nel 2009 a 416 milioni nel 2050.

Allo stesso tempo “la fertilità totale diminuirà da 2,56 figli per donna nel 2005-2010 a 2,02 nel 2045-2050. Nel 2005-2010 venticinque Paesi sviluppati, tra cui il Giappone e gran parte degli Stati dell’Europa meridionale e orientale, avevano livelli di fertilità inferiori a 1,5 figli a donna”. In base a tali proiezioni le Nazioni Unite sostengono che nei decenni futuri molti Paesi andranno incontro a un calo demografico, tra cui il Giappone, la Russia, la Bielorussa, la Moldavia, l’Estonia, il Canada, la Grecia, la Spagna e l’Italia.

La situazione in Italia

Il Rapporto Istat “Natalità e fecondità della popolazione residente del 2022” presenta un calo nelle nascite in Italia, che vede il tasso di fecondità al 1,24 figli per donna, mentre era 1,25 nel 2021. Molto al di sotto della soglia di sostituzione della popolazione, necessario a compensare le morti, pari a 2,1. Nel periodo gennaio-giugno 2023 le nascite sono state circa 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022, e si stima una fecondità pari a 1,22 figli per donna.

Tra i motivi per il calo delle nascite segnalato dall’Istat, c’è innanzitutto il fatto che la popolazione femminile in età riproduttiva (tra i 15 e 49 anni) è meno numerosa. In questa fascia le donne scontano il fenomeno della riduzione della fecondità che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995. Ci sono poi motivi economici: l’allungarsi dei tempi di formazione, le difficoltà a trovare un lavoro stabile, il problema della casa.

Le proposte della Commissione Ue

La vicepresidente della Commissione Ue per la Democrazia e la demografia, Dubravka Šuica, ha annunciato recentemente una serie di provvedimenti per favorire la ripresa delle nascite. La misura non sarà unica per tutti gli Stati membri, ma proporrà vari strumenti, tra i quali i Paesi potranno scegliere a seconda di quelli che meglio si adattano alle loro necessità particolari. «Abbiamo deciso così perché siamo 27 Paesi diversi con necessità diverse», ha dichiarato la vicepresidente.

La Commissione ha deciso di stabilire delle linee guida: uguaglianza di genere, non discriminazione ed equità intergenerazionale dovranno essere al centro delle scelte politiche. Šuica ha poi ricordato che tra i Paesi che più hanno bisogno di queste misure c’è l’Italia: «Qui il problema più grande è il declino dei tassi di natalità e il rapido invecchiamento della popolazione».

Particolare attenzione alle donne, ai giovani e agli anziani

Il pacchetto si struttura su quattro pilastri, il primo dei quali è il sostegno ai genitori (e in particolare le madri, che spesso devono ancora rinunciare al lavoro quando hanno dei figli), garantendo l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia di qualità e un buon equilibrio tra lavoro e vita privata. Allo stesso modo, bisogna sostenere i giovani, consentendo a bambini e ragazzi di crescere, sviluppare le proprie competenze, e impegnarsi a facilitarne l’accesso al mercato del lavoro e ad alloggi a prezzi accessibili e le generazioni più anziane. Per muoversi in questa direzione, mirare a quella che Šuica ha chiamato “economia d’argento”, ossia l’economia per le persone in età avanzata, attraverso riforme combinate con adeguate politiche del mercato del lavoro e del posto di lavoro.

La gestione dei migranti e la formazione

L’ultimo punto su cui si basa il pacchetto di strumenti per gestire il crollo demografico dell’Ue riguarda le persone migranti. La proposta della Commissione è quella, ove necessario, di affrontare le carenze di manodopera attraverso la gestione della migrazione, ma solo quando questa è regolare e gestita. «È solo uno degli strumenti per affrontare il problema demografico, non l’unico».

«Il fenomeno riguarda più di 3 milioni in Europa che migrano legalmente, a fronte di circa 300.000 che entrano illegalmente», ha spiegato Šuica. «Dobbiamo cambiare la narrativa: da “Europa continente che invecchia” a “Europa continente della longevità“, da un’economia che invecchia a un’economia preparata alla longevità», ha affermato ancora la vicepresidente della Commissione. Secondo Šuica, la formazione deve essere permanente, non un aspetto che concerne soltanto i giovani, per evitare che adulti e anziani continuino a essere visti come da sostituire piuttosto che come una risorsa.

 

Nicola Sparvieri

Foto © Federanziani, Scinardo.it, Lineaitaliapiemonte.it

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Laureato in Fisica, si è occupato di superconduttività e spazio. Ha insegnato Fisica Generale alla Sapienza ed è membro dell'Accademia Internazionale di Astronautica. Giornalista pubblicista, è titolare di un blog. Scrive di scienza, società, ambiente e sostenibilità. Cofondatore di RISE, associazione noprofit che promuove la nascita di startup sostenibili. Ama i suoi nove figli e i numerosi nipoti il cui numero è destinato ad aumentare.

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