Ambiente, sistema complesso che grida aiuto

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Ambiente

Storia e natura ci insegnano che l’essere umano non è un sistema statico ma dinamico e che dunque i cambiamenti delle sue azioni si riversano sull’ambiente a cui lo lega un indissolubile rapporto

 

Produciamo senza sosta sostanze inquinanti e cancerogene che rappresentano un’alterazione per l’ambiente e un rischio per la nostra salute. Ad esempio i metalli pesanti e gli idrocarburi policiclici aromatici, ma la natura non è in grado di smaltirli e sta a noi doverli eliminare mediante biodegradazione, fotodegradazione, ossidazione chimica. O ci estingueremo.

Oramai sono dappertutto: nel suolo, nell’aria, nell’acqua, nella plastica, ma anche negli oggetti di uso comune e persino negli alimenti. Composti che possono provocare gravi danni all’ambiente e all’organismo, spesso non immediatamente percepibili perché in dosi minime non producono effetti di tossicità acuta. Sono gli Interferenti Endocrini (Endocrine Disrupting Chemicals), contaminanti ambientali tra cui rientra una vasta categoria di sostanze che alterano la funzione del sistema endocrino causando effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie. Sono infatti in grado di legarsi come “agonisti” o “antagonisti” ai recettori di vari ormoni, ad esempio a quelli steroidei o tiroidei, o eventualmente interferire in vario modo e tramite differenti meccanismi con questi recettori, addirittura arrivando a eliminarli del tutto.

“Nuove” patologie

“Interferenze” che possono provocare difetti alla nascita e altri disturbi dello sviluppo, come difficoltà di apprendimento, grave disturbo da deficit di attenzione, problemi cognitivi e di sviluppo del cervello, deformazioni del corpo, problemi di sviluppo sessuale, femminilizzazione del sesso maschile e androgenizzazione del sesso femminile, sterilità e, nel corso della vita, obesità, diabete, vari tipi di tumore, patologie scheletriche, menopausa anticipata, malattie autoimmuni. Insomma, sostanze che potrebbero essere la risposta, o una delle possibili, alle tante “nuove” patologie che affliggono la popolazione mondiale.

L’Unione europea ha selezionato 564 sostanze sospettate di essere interferenti endocrini e, di queste, 147 possono essere persistenti nell’ambiente o prodotte in grandi volumi, anche se solo di 66 è provato che possano agire come interferenti endocrini se non smaltite correttamente. Sostanze non estranee ad alcune zone del territorio italiano: dal disastro di Seveso nel 1976 quando, a causa di un incidente allo stabilimento chimico della Icmesasi, si diffusero nelle aree limitrofe elevatissime quantità di diossina, uno dei più dannosi Edc, sino alla più recente emergenza della Terra dei Fuochi, contaminata sempre da Edc a causa dello sversamento illegale di rifiuti. E non dimentichiamo che la diossina è al centro dell’annosa vicenda dell’Ilva, nella zona di Taranto, al centro di un maxiprocesso per disastro ambientale.

Contaminazioni

I più conosciuti interferenti endocrini sono gli idrocarburi policiclici aromatici, che possiamo trovare nei gas di scarico, nel fumo di sigaretta, ma anche nella carne alla griglia o negli alimenti affumicati, il benzene, rintracciabile anche nell’incendio di boschi e residui agricoli e la famigerata diossina, creata dalla combustione di rifiuti, soprattutto plastici. La diossina rappresenta uno dei Edc più temibili, in quanto può contaminare anche prodotti alimentari, per esempio i più esposti al rischio sono il burro e i pesci grassi, come quello azzurro e il salmone, il latte e i suoi derivati. Ma anche fibre tessili e pellame, schiume antincendio, cosmetici, casalinghi possono nascondere l’iperfluorato e il bisfenolo, rintracciabile in alcuni giocattoli, nelle bottiglie, attrezzature sportive, e anche nei dispositivi medici e odontoiatrici come lenti per gli occhiali, supporti ottici, caschi di protezione e otturazioni dentarie o il rivestimento di lattine per alimenti e bevande.

Sono state trovate tracce di octilfenolo e nonifenolo in 6 tipi di pesce pescato nel Mar Tirreno (pannocchia, polpo, acciuga, sgombro, sarago, mormora, triglia e tonno). I Ambientepoliclorobifenili, prodotti da processi industriali, si trovano principalmente in latte, burro, uova pesce. Gli alchilfenoli negli shampoo, nei cosmetici, nei detergenti, nei prodotti ortofrutticoli o confezionati in plastiche e pellicole. Il dietilesilftalato nei cartoni per asporto delle pizze, prodotti plastici e infine l’acido perfluoroctanico nel teflon e nelle padelle anti-aderenti.

Abbigliamento

Infine, ci sono un mix variabile di ftalati, formaldeide, metalli pesanti, solventi, coloranti facilmente rintracciabili anche nei tessuti di alcuni indumenti. Sostanze usate per rendere più vivaci esteticamente, comodi o impermeabili i nostri abiti: basti pensare che secondo uno studio realizzato dall’Ue, l’8% delle patologie dermatologiche della popolazione europea è dovuto proprio a ciò che indossa ogni giorno.

Queste sostanze pericolose mutano composizione con il passare degli anni, un esempio è rappresentato dalla benzina che negli anni Sessanta aveva creato enormi problemi perché conteneva un eccesso di piombo per l’alimentazione delle macchine e diversi studi hanno verificato moltissimi casi di piombemie. Dopo dieci anni si è cercato di risolvere il problema passando alla benzina verde, che non conteneva più piombo, ma una sostanza allo stesso modo dannosa come il benzene, che ha aumentato il numero di tumori al rene proprio perché cancerogeno. Oggi si è arrivati alla benzina verde di nuova generazione, che contiene meno benzene rispetto a quella di quarant’anni fa, ma che è causa di patologie respiratorie e cardiovascolari.

 

 

Eleonora De Nardis

Foto © Eurocomunicazione, Eleonora De Nardis, Modena Today

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Sociologa delle relazioni internazionali, giornalista professionista, scrittrice, attivista per i diritti civili e le pari opportunità. Mi occupo di linguaggio, donne, politiche migratorie, bias e gender. Scrivo su varie testate tematiche e lavoro come ufficio stampa free lance. Vivo a Roma con i miei tre figli.

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