È morto Navalny. Viva Navalny

0
912
Navalny

La scomparsa improvvisa del blogger russo è un problema per il Cremlino, ma più nelle relazioni con l’Occidente che in patria

 

È sempre difficile trovare un modo razionale e non emotivo per commentare la morte di una persona, per giunta detenuta. Un uomo che muore in carcere è sempre un fallimento per lo Stato che lo tiene dietro le sbarre, nel Nord e nel Sud del Mondo, a Est come a Ovest. Ed è ancora più difficile se si tratta di un personaggio come Alexei Navalny. Non uno qualunque.

Navalny è morto ieri mattina – secondo fonti ufficiali – per un malore improvviso nella colonia penale artica di Yamal Nenec, dove stava scontando la condanna per reati fiscali che gli era stata inflitta. Potremo discutere da qui all’eternità sulla matrice politica di quella condanna, sul fatto che potrebbe essere stato addirittura ucciso, e come dal carcere potesse rappresentare un’insidia al potere di Vladimir Putin. Ma serve in queste ore tragiche tenere a freno il pathos e muoversi verso un’analisi razionale.

A chi giova la sua fine?

Non ho motivo di dubitare che Navalny sia stato stroncato da un malore: non soggiornava al Grand Hotel e, per uno la cui salute era stata minata da un tentativo di avvelenamento, quella carceraria certo non era una condizione ottimale.
Più volte la vita di questo brillante avvocato era stata a rischio. Del resto, uno che attraverso il suo blog denuncia casi di corruzione, si fa inevitabilmente dei nemici. È altamente probabile che qualche “papavero”, a cui aveva pestato i piedi in passato, avesse voluto vederlo morto. Ma l’idea di chi scrive (quindi sicuramente sbagliata) è da sempre che una eventuale morte violenta di Navalny avrebbe provocato a questi papaveri una mole di problemi proporzionata alla loro altezza. Cui prodest?

NavalnyA Ovest di Kaliningrad, Alexei Navalny è sempre stato consideratoil principale oppositoredi Putin. Oppositore, lo era. Principale, non tanto. Nel senso che dal punto di vista elettorale i suoi consensi erano bassi e difficilmente avrebbe potuto arrivare al potere. È vero che il suo movimento era penalizzato dalla mancanza di spazio sui media e che poteva contare solo sul web, ma è altrettanto vero che, al di là della sacrosanta battaglia contro la corruzione, Navalny non avesse un chiaro programma politico che gli potesse permettere di presentarsi, anche solo attraverso piattaforme web indipendenti, come reale alternativa a Putin.

Gli scarsi esiti delle urne saranno pure dettati dal boicottaggio dei media russi tradizionali, ma è anche stata evidente la mancanza di una proposta basata su un programma politico concreto, in grado di sfidare Russia Unita sui temi che più stanno a cuore agli elettori. La corruzione è uno di questi. Altri?

L’unica alternativa?

Tuttavia, in base alla logica per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”, in Occidente Navalny è stato sempre dipinto, con un tantino di esagerazione, come l’unica alternativa democratica e liberale a Putin. Solo che se avesse fatto politica in un qualsiasi altro Paese occidentale, gli sarebbe stata affibbiata la poco edificante etichetta di “populista“. Anzi «nazional-populista», come lo definì nel 2021 l’esponente liberale russo Grigorij Yavlinsky, in una pubblicazione dal titolo “Una Russia senza putinismo né populismo”, estremamente critica verso la sua trascorsa vicinanza ad ambienti della destra nazionalista e per i toni demagogici dei suoi interventi “anti-sistema”.

Certo, in politica le filippiche contro la corruzione (indipendentemente se fondate su fatti reali o meno) portano sempre consensi e per Navalny non era differente: ma difficilmente una scalata al Cremlino sarebbe stata possibile solo grazie al suo cavallo di battaglia.
Alla luce di ciò, cosa cambierà per Mosca con la sua scomparsa? In questo momento la morte di Navalny è l’ultima cosa di cui Putin aveva bisogno. Non tanto in patria, dove, anche grazie a una positiva situazione economica (secondo una recente analisi del Moscow Times sul mercato del lavoro russo, la spesa pubblica nel settore militare industriale ha portato nuova occupazione e benefici economici alle classi operaie, riducendo il divario salariale con quella impiegatizia), il suo consenso a poche settimane dal voto non sarà scalfito, o lo sarà solo in minima parte dai riflessi emotivi della vicenda.

Il caso opposto

Porterà certo qualche contraccolpo in più all’estero, nei rapporti ormai ridotti ai minimi termini con Usa e Ue, dove la Russia sarà sempre più l’Impero del Male con cui non si parla e non si tratta. E questa mancata legittimazione dell’interlocutore comporterà inevitabilmente dei problemi anche per avviare un minimo di trattativa per porre fine alla guerra in Ucraina.
Dove, giusto per la cronaca, a gennaio è morto in carcere un detenuto arrestato dai servizi segreti nel maggio scorso per le sue posizioni critiche verso il Governo e verso lo stesso Zelensky. Si chiamava Gonzalo Lira, era americano ma viveva a Kharkiv, dove si era sposato. Anche lui un blogger scomodo. Ma questa è un’ altra storia. Molto meno conosciuta.

 

Alessandro Ronga

Foto © North Country Public Radio, iNews, Usa Today, Helsinki Times

Articolo precedenteMatrimonio egualitario, diventano 21 in Europa a dire sì
Articolo successivoRino Gaetano, la prima grande mostra sul cantautore
Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui