I satelliti europei della missione LISA a caccia di onde gravitazionali

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L’Agenzia spaziale europea guiderà un immenso interferometro laser fatto con tre satelliti a partire dal 2035

 

L’Agenzia spaziale europea (ESA, acronimo dall’inglese European Space Agency) ha recentemente approvato la missione Laser Interferometer Space Antenna (LISA), il primo tentativo di rilevare le onde gravitazionali dallo spazio. La costruzione della strumentazione scientifica e dei veicoli spaziali inizierà a partire dal 2025, mentre la missione vera e propria è prevista per il 2035. Gestito da ESA, il progetto è in collaborazione con le agenzie spaziali dei suoi Stati membri, la NASA e un consorzio internazionale di ricercatori.

Le perturbazioni dello spazio-tempo

Nel 1916 Einstein fu il primo a parlare di onde gravitazionali all’interno di una teoria completa del campo gravitazionale. Quando oggetti massicci, come stelle o buchi neri, accelerano, producono delle perturbazioni dello spaziotempo che si propagano come onde. Intuitivamente possiamo pensare che tutto vada in analogia con quanto accade se lanciamo un sasso in uno specchio di acqua. Per rivelare il passaggio dell’onda, in questo caso, basta mettere un piccolo galleggiante in una zona calma e controllarne il movimento. La relatività generale dice, però, che le perturbazioni gravitazionali sono piccolissime e per essere rivelate richiedono strumenti di grande sensibilità. Grazie alla nostra attuale tecnologia, ora siamo in grado di rilevare questi segnali.

I primi tentativi di rivelare le onde gravitazionali

Il primo a dedicarsi alla ricerca di un’evidenza sperimentale dell’esistenza delle onde gravitazionali fu lo statunitense Joseph Weber. Negli anni Sessanta sviluppò un cilindro di 1400 kg di alluminio che doveva funzionare come un’antenna. Essa fu costruita alla University of Maryland, e simili strumenti vennero poi replicati negli istituti di ricerca di tutto il Mondo, tra cui i Bell Laboratories, la University of Rochester e il Max Planck Institute. Anche i ricercatori italiani sono sempre stati in prima linea su questo campo come Edoardo Amaldi, Guido Pizzella, Ivo Modena e altri a Roma.

Weber affermò nel 1968 di aver rivelato delle onde gravitazionali, ma esperimenti successivi non riuscirono a riprodurre i suoi risultati, e la comunità scientifica attribuì la svista al grande rumore a cui erano soggetti gli apparati sperimentali. Il “falso allarme” di Weber svolse comunque una funzione di stimolo, e per questo motivo Weber è oggi considerato il padre della ricerca sperimentale.

La notizia della prima sorgente di onde gravitazionali

Nel 1974, i fisici Russell Hulse e Joseph Taylor scoprirono un nuovo tipo di pulsar, il sistema binario PSR 1913+16, scoperta che dopo vent’anni di studi valse loro il premio Nobel per la fisica nel 1993. Taylor e i suoi collaboratori si accorsero che la velocità con cui queste due stelle orbitano l’una attorno all’altra è talmente elevata che il sistema poteva essere usato per testare le previsioni della relatività generale. In effetti riuscirono a dimostrare che il periodo del moto orbitale diminuisce esattamente come vorrebbe la teoria di Einstein, cioè come se stesse emettendo onde gravitazionali. Di fatto, questo è stato il primo segnale indiretto della loro esistenza.

Il passaggio agli interferometri

L’annuncio di Weber e la scoperta di Hulse e Taylor diedero inizio, alla fine degli anni Settanta, alla corsa alla costruzione di nuovi rivelatori. Si è dunque passati a un metodo interferometrico di gran lunga più sensibile. L’11 febbraio 2016 i ricercatori dell’esperimento LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), condotto in simultanea nei due interferometri di Hanford e di Livingstone, hanno confermato di aver avvistato il segnale di un’onda gravitazionale proveniente dalla collisione di due buchi neri. La scoperta ha fruttato ai responsabili, Rainer Weiss, Barry Barish e Kip Thorne, l’assegnazione del premio Nobel per la fisica nel 2017. Il risultato è stato confermato successivamente anche dai dati di Virgo, interferometro dello European Gravitational Observatory (EGO) e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) che si trova a Cascina, nei dintorni di Pisa.

Un gigantesco interferometro spaziale

La missione LISA è composta da una costellazione di tre veicoli spaziali; essi seguiranno la Terra nella sua orbita attorno al Sole formando nello spazio un triangolo equilatero estremamente preciso. Ciascun lato del triangolo misurerà 2,5 milioni di Km, oltre sei volte la distanza Terra-Luna. I tre satelliti si scambieranno raggi laser lungo questa distanza. Il lancio dei tre veicoli spaziali è previsto per il 2035 con un razzo Ariane 6. Per rilevare le onde gravitazionali, ciascuna unità del sistema LISA impiegherà due cubi oroplatino di circa 4,5 cm di lato e del peso di 2 kg chiamate masse test. Questi piccoli cubi verranno lasciati liberi di galleggiare all’interno dei loro satelliti. In tale modo potranno variare, sia pure di pochissimo, le loro dimensioni al passaggio della distorsione dello spazio-tempo.

 

Nicola Sparvieri

Foto © Fanpage, Euronews, Wired Italia, Il Messaggero

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Laureato in Fisica, si è occupato di superconduttività e spazio. Ha insegnato Fisica Generale alla Sapienza ed è membro dell'Accademia Internazionale di Astronautica. Giornalista pubblicista, è titolare di un blog. Scrive di scienza, società, ambiente e sostenibilità. Cofondatore di RISE, associazione noprofit che promuove la nascita di startup sostenibili. Ama i suoi nove figli e i numerosi nipoti il cui numero è destinato ad aumentare.

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