Bosnia-Erzegovina, “un problema nel cuore dell’Europa”

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Bosnia-Erzegovina

La descrisse così in “Frammenti bosniaci” l’ex viceministro degli Esteri greco Dimitris Kourkoulas, ambasciatore dell’Ue a Sarajevo per 5 anni

 

Giovedì 21 marzo il Consiglio europeo ha approvato l’avvio dei negoziati di adesione della BosniaErzegovina. Situata nei Balcani, nel sud-est europeo, la Bosnia-Erzegovina rappresenta un ulteriore ampliamento dell’Unione, seguendo l’avvio delle procedure di adesione per Ucraina e Moldavia lo scorso dicembre.

L’adesione di un Paese all’Unione europea è un processo pluriennale che impone il raggiungimento di elevati standard in diversi settori, inclusi economia, giustizia e lotta alla corruzione. La Bosnia-Erzegovina ha ricevuto lo status ufficiale di candidato all’ingresso nell’Unione nel 2022.

L’origine recente

Bosnia-ErzegovinaPaese in via di adesione all’Ue ma anche allo stesso tempo la fonte più pericolosa di un sanguinoso effetto domino balcanico. Questo Stato è emerso con il Trattato di Dayton nel 1995, come prodotto di un compromesso obbligatorio per co-localizzare le tre nazionalità in guerra (serbi, croati e bosniaci) al fine di fermare la sanguinosa guerra civile tra di loro durante il crollo della Jugoslavia e di modellare la mappa dei confini post-bellici nei Balcani.

A quasi trent’anni di distanza, e nonostante il generoso aiuto della comunità internazionale, la “formazione di Dayton”, come molti la chiamano, non è riuscita a diventare uno Stato vitale per sperare di potersi integrare nelle strutture europee in un prossimo futuro.

Il libro dell’ex ambasciatore Ue

Nel suo eccellente libro “Frammenti bosniaci”, l’ex viceministro degli Esteri greco Dimitris Kourkoulas, ambasciatore dell’Unione europea a Sarajevo per cinque anni, descrive la Bosnia-Erzegovina come “un problema nel cuore dell’Europa”.

Perché l’esperto diplomatico lo descrive in modo esperienziale e vivido, ma non è difficile da capire se si considera che le tre nazionalità che sono state costrette a vivere insieme nella stessa casa, contando migliaia di morti nella guerra civile tra di loro, stanno cercando una scusa per smantellarel’edificio“. Già i serbo-bosniaci hanno deciso in un referendum la secessione e i croati dell’Erzegovina “guardano” a Zagabria.

I pericoli

Va capito quello che può essere causato solo come un incubo: le entità serbe e croate si aggrapperanno a Belgrado e alla Croazia, seguite dal Kosovo con l’Albania, con un alto rischio di portare a una conflagrazione balcanica. L’Occidente ha giustamente scelto la strategia di integrare la Bosnia-Erzegovina, come gli altri Paesi dell’ex Jugoslavia, nell’Unione europea, al fine di eliminare le differenze etniche e le tensioni a lungo termine. Ma non è una cosa semplice da attuare, soprattutto per la Bosnia Erzegovina, dove in realtà non esiste nemmeno uno Stato unitario.

C’è quindi da chiedersi perché la fretta della Germania e di altri sette Paesi, tra cui la Grecia, di decidere di aprire i negoziati di adesione con la Bosnia al vertice Ue a Bruxelles. Naturalmente, una questione del genere non passerà, dato il disaccordo della Francia e di altri Stati membri.

«Pienamente allineata»

Intanto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che, in seguito a recenti riforme, la Bosnia-Erzegovina è ora «pienamente allineata» con la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea e ha compiuto progressi significativi nella gestione dei flussi migratori, nella lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento di organizzazioni terroristiche.

Ha anche espresso un giudizio positivo dell’inserimento nel casellario giudiziale delle sentenze pronunciate dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, nonché sulla formazione di un nuovo comitato per la riconciliazione in seguito alla guerra civile che ha avuto luogo nel Paese tra il 1992 e il 1995. La Bosnia-Erzegovina è chiaramente divisa in due entità semiautonome: la Repubblica Serba e la Federazione di Croati e Musulmani.

 

George Labrinopoulos

Foto © Lonely Planet, Giornalismo e Storia, France 24, Parlamento europeo

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George Labrinopoulos
Sono quasi 52 anni che vivo in Italia, originario di Vitina, nel Peloponneso, Sono nato a Vrilissia, 13 km dal centro di Atene, dove ho vissuto i primi 20 anni della mia vita, finché non sono arrivato a Roma dove ho lavorato come corrispondente per la Grecia e a una Agenzia Onu. Ho cominciato a lavorare in Italia nel '78, come secondo corrispondente di un importante giornale greco. Nel 1980 sono entrato nella stampa estera in Italia, della quale tuttora sono membro effettivo e per la quale negli anni Ottanta ho ricoperto per tre volte la carica di consigliere nel direttivo dell'associazione. Nell'arco di questi anni ho lavorato per vari quotidiani greci, oltre che per un'emittente radiofonica, Da Roma riuscii a portare tra il 1984, fino gli anni Novanta, politici del calibro di Pertini e Cossiga, i primi ministri Andreotti e Craxi, il Papa Giovanni Paolo II, Prodi, e altri uomini politici che attraverso il loro operato scrivevano la storia dell'Italia in quegli anni, poi messi in un libro "L'Italia dei giganti", due anni fa. Sono arrivato in Italia nel 1972, iscritto all'Università per Stranieri in Perugia per imparare la lingua italiana. Sono stato iscritto all'Università di Roma nella facoltà di Lettere e Filosofia indirizzo lingue straniere (inglese). Durante le lezioni il mio professore all'epoca Agostino Lombardo, ci insegnava analisi di testo e di poesia, e gia mi è arrivata la voglia di cominciare di fare il mestiere che dovevo fare nella mia vita. Giornalista...vorrei ricordare che negli anni '70 non c'erano scuole di giornalismo, e il mio mestiere l'ho imparato facendo la gavetta dopo l'Università, ero andato ad Atene e facevo praticantato a un giornale ellenico...erano gli anni del sequestro Moro, e un'agenzia ellenica chiedeva un secondo per l'Italia, e cosi sono tornato come professionista giornalista a Roma

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