Il duello Trump Merkel è un male o un bene per la Ue?

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La Germania obiettivo numero due della guerra (commerciale) degli Stati Uniti nel mondo. I Paesi del Sud d’Europa potrebbero beneficiarne

Come avevamo già scritto giorni fa (vedi link) Donald Trump – che lo si voglia o no – ha deciso d’incentrare la propria politica, almeno in questo primo periodo (i famosi 100 giorni), con scelte nette. Lo si è visto con le decisioni – che tante polemiche hanno e continuano a provocare nel mondo – per quanto riguarda l’immigrazione (link), basate sulla definizione del nemico numero 1 per il neopresidente Usa, lo Stato islamico (Isis o Daesh). Da qui la posizione di apertura e fine della contrapposizione con la Russia, che come lo stesso Trump ha più volte ricordato in campagna elettorale – che lo si voglia o no – è l’unico Paese che si è contrapposto in maniera violenta all’avanzata delle truppe di Abu Bakr al-Baghdadi, costringendoli ad indietreggiare (ma in alcuni casi solo momentaneamente, come nel caso di Palmira).

Fino a qui tutto già previsto, nessuno ha mai pensato il contrario, via via che il tycoon avanzava nelle primarie e poi nella sfida a due con Hillary Clinton non ha mai negato quanto sarebbe cambiato l’atteggiamento Usa per combattere il pericolo terrorismo islamico. Ma pochi avrebbero scommesso sull’atteggiamento nei confronti dell’Unione europea (ma l’atteggiamento nei confronti del referendum sulla Brexit, a dire il vero, aveva visto ancora una volta una presa di posizione netta di Trump) e soprattutto verso la Germania. Che in realtà potrebbe produrre anche risultati positivi nel medio-lungo termine, per il resto dei cittadini Ue. Ma questo lo spiegheremo poi.

L’ipotesi di un futuro ambasciatore americano a Bruxelles come Ted Malloch, che ha paragonato il suo ruolo nei confronti dell’Unione europea (e dell’euro, destinato a suo parere a finire nel giro di un anno e mezzo) a quello che lui stesso svolse quando «aiutò a far crollare l’Unione sovietica», sembra far intendere un intervento a gamba tesa del nuovo establishment Usa pronto a smontare il progetto comunitario. Ma l’interesse degli Stati Uniti, come riporta l’Agenzia Ansa, è di combattere l’enorme surplus commerciale tedesco (superiore a quello cinese e prossimo ai 300 miliardi di dollari). Isolando sempre più la Germania, porterebbe quest’ultima ad avere atteggiamento più morbido nella “guerra commerciale” con gli Usa. E magari a investire una parte del suo enorme attivo per sbloccare i dossier europei che da anni aspettano un “sì” tedesco.

Ovviamente la strategia americana – che avrebbe un attivo economico nei confronti dell’Europa anziché l’attuale deficit di 57 miliardi (perché ne deve 75 a Berlino) – con la complicità di alcuni partner dell’Unione può funzionare. Per questo si pensa che Trump si ergerà sempre più a paladino delle istanze condivise dai cittadini del Sud d’Europa, Paesi strategici per far fronte alla situazione in Medio Oriente grazie alle basi militari. Lo sarebbe sempre meno la Germania, presa a tenaglia economicamente e politicamente con la distensione nei confronti della Russia a cui punta il nuovo inquilino della Casa Bianca, unica a rimanere (nella Ue prossima, visto che il Regno Unito condivide lo stesso atteggiamento tedesco nei confronti di Putin) ostacolo ai nuovi rapporti Mosca-Washington.

L’imposizione di tariffe sull’export europeo, ma in realtà mirate contro le esportazioni tedesche, ad esempio sul mercato dell’auto, dove Volkswagen è diventato primo produttore mondiale, superando Toyota, nonostante lo scandalo del Dieselgate, potrebbe essere il prossimo passo. Certo, non sarà una passeggiata: la nuova linea Usa dovrebbe dimostrare che la Germania avvantaggia illegalmente i suoi esportatori, magari attraverso il cambio favorevole. Secondo le parole di Peter Navarro, numero 1 del consiglio nazionale per gli scambi commerciali, Berlino sta usando un euro «esageratamente sottovalutato» per «sfruttare» gli Stati Uniti e i partner europei. Una storia perfetta per i populisti d’Europa, anche se in questo caso del Nord. Visto che per il Sud d’Europa la Germania è semmai colpevole di volere una moneta unica troppo forte.

Chissà che questa nuova posizione americana non influenzi anche le prossime elezioni che presto vedranno contrapposti Angela Merkel, pronta a ottenere un quarto mandato, e l’ex presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, “tornato in Patria” per mettere un freno alle politiche della Cancelliera. Che a questo punto dovrà cercare nuovi influenti appoggi a livello internazionale, visto che tutti i principati alleati (o meno che fossero, comunque non ne contrastavano la linea), da Obama a Hollande, da Renzi ad alcuni leader dell’Est europeo, sono già usciti o sono prossimi ad abbandonare le luci della ribalta. Certo, i risultati dell’Eurozona, per la prima volta (dal 2008) con una crescita superiore a quella degli Stati Uniti, e con un’inflazione prossima al 2%, sembrerebbe essere un ottimo trampolino per le (nuove) ambizioni dell’eterna Angela.

 

Klivia Böhm

Foto © Wikicommons, Deutschland.de

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