La Corte Ue pronta per i Paesi anti-relocation

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Bruxelles passa all’attacco con i Visegrad-State e la revisione del Dublin-rule. L’Italia intanto assume la presidenza del Processo Khartoum

Unione europea contro Polonia, Repubblica Ceca, in parte Slovacchia e Ungheria. Bruxelles inasprisce il pressing nei confronti dei 4 Stati del gruppo di Visegrad, tutte entrate a far parte dell’Ue nel 2004, deferendole alla Corte di Giustizia europea per le mancate relocation dei richiedenti asilo da Grecia e Italia. Dopo l’ultimatum dello scorso maggio il primo vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans ha ricordato nelle scorse ore che quando due Paesi si trovano ad affrontare una “grave crisi” di migranti, come è successo a Grecia e Italia, «devono poter contare sulla solidarietà» dei partner.

           Il Commissario Dimitris Avramopoulos e il ministro ungherese Peter Szijjarto

Ma le reazioni, certo non tenere, sono arrivate soprattutto dalle cancellerie di Budapest e Varsavia, mentre Praga ha aperto un seppur minimo spiraglio. «Nessuna pressione ci farà cambiare idea», ha avvertito il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó, e anche il governo polacco (che ha silurato la premier Szydlo per Morawiecki), in un comunicato, si è detto «pronto a difendersi», perché concentrato sulla ricerca dei metodi effettivi per la difesa delle frontiere esterne. Il neopremier ceco (ma nato in Slovacchia) Andrej Babiš, pur parlando di «decisione e momento infelici», vorrebbe invece negoziare per il ritiro del provvedimento.

L’Italia, dal canto suo, per bocca del sottosegretario Domenico Manzione ha evidenziato come non ci si possa sentire soddisfatti per l’applicazione per via giudiziaria della solidarietà, un principio fondante dell’Unione europea. Ma il deferimento dei tre/quarti del gruppo di Visegrad è da contestualizzare nel quadro del difficile accordo che si cerca di strappare sulla riforma del regolamento di Dublino. Non a caso Bruxelles ha presentato in contemporanea una tabella di marcia che prevede tappe precise per arrivare a chiudere sulle 15 proposte, delle 23 ancora pendenti, sulla riforma comune dell’asilo, a giugno, sotto la presidenza di turno bulgara.

          Frans Timmermans

La roadmap è un contributo per il prossimo Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre, come ha indicato Timmermans, che è tornato a sollecitare gli Stati affinché mettano mano al portafogli per il Fondo fiduciario per l’Africa. «Il bilancio europeo ha raggiunto il limite della sua flessibilità», mentre le cose che restano da fare sono ancora molte, a partire dai 15mila rimpatri di migranti dai centri di detenzione libici, verso i Paesi di origine, col piano d’emergenza dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) da qui a febbraio, in aggiunta ai 13mila già fatti.

Intanto l’Italia ha rilevato dall’Etiopia la presidenza del Processo di Khartoum, foro privilegiato di dialogo e cooperazione in materia migratoria tra l’Unione europea e i Paesi dell’Africa mediterranea, orientale e del Corno d’Africa. Il Processo, lanciato formalmente a Roma nel novembre 2014, ha lo scopo di proporre una piattaforma di coordinamento contro il traffico di esseri umani nel Corno d’Africa. Alla riunione hanno partecipato circa 80 delegati in rappresentanza dei 41 Paesi del Processo, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e dell’Unhcr.

          L’ambasciatore Teshome Toga in una foto d’archivio quando presentò le sue credenziali al precedente presidente della Commissione europea Barroso

L’inizio della presidenza italiana «è un successo”, ha sottolineato Toga Teshome, rappresentante permanente dell’Etiopia a Bruxelles. «L’iniziativa lanciata dall’Italia rappresenta una grande opportunità per il Paese per rafforzare il dialogo con i partner fondamentali» nella lotta alla tratta degli esseri umani. L’Italia mantiene un «impegno costante» in solidarietà e sicurezza, e ha cercato di trasmettere questo impegno ai Paesi europei per «contribuire a salvare vite umane e combattere le reti criminali».

L’Italia ha dato un contributo fondamentale nella definizione dei Global Compact sui migranti e rifugiati, con l’auspicio che entrino in vigore entro il 2018. L’impegno italiano si basa su tre principi: «investire nei Paesi di origine e transito», «proteggere i migranti e rifugiati vulnerabili» e «valorizzare i benefici delle migrazioni». L’Italia ha riservato «specifica attenzione ai Paesi di transito, cercando di offrire alternative economiche» al traffico di esseri umani, nella lotta al quale il Paese ha proposto un “partenariato rafforzato”.

 

Ludovico Stella

Foto © European Union

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