Il sogno proibito di Tirana

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Bandiere albanesi a Pristina (Kosovo)

Torna d’attualità il tema della Grande Albania, progetto etnico che il Paese delle Aquile non sembra aver mai accantonato del tutto

Il ricordo corre a quella tragica partita Dinamo Zagabria – Stella Rossa, campionato jugoslavo 1989-90. Fu l’antipasto della tragedia che sarebbe iniziata di lì a un anno. Fuori e dentro lo stadio della città croata, ultras nazionalisti serbi e croati si resero protagonisti di violentissimi incidenti a cui non disdegnarono di partecipare perfino i giocatori stessi (famosa la foto del futuro centrocampista del Milan Zvonimir Boban che sferra un calcio a un poliziotto). Quattordici mesi più tardi, il campo di calcio avrebbe lasciato spazio a quello di battaglia.  Il 15 ottobre scorso, ciò che è accaduto a Belgrado fatto correre un brivido sulla schiena di molti: Serbia-Albania, la partita che avrebbe dovuto suggellare la difficile riappacificazione tra i due popoli, è stata interrotta dagli incidenti provocati dagli ultras serbi. E fin qui nulla di nuovo, considerata la pericolosità dei supporter di casa.

Ma a fare inquietudine è il motivo di quella reazione: per un’assurda e sconsiderata provocazione (se vogliamo così definirla), un drone che portava legata una bandiera ritraente la Grande Albania è stato fatto alzare in volo dai tifosi albanesi e fatto svolazzare sul terreno di gioco, sulle teste dei calciatori serbi. I quali, hanno pensato bene di strappar subito via quel vessillo, ritenuto offensivo per i colori nazionali e per il pubblico di casa, scatenando però la reazione dei giocatori albanesi, che hanno cercato di impedire quel vilipendio alla bandiera. Che ufficialmente non era nemmeno la loro. Riportata a fatica la calma in campo, all’ arbitro non è rimasto altro che sospendere la gara: ormai sugli spalti il clima era incandescente e proseguire avrebbe significato un rischio.

Tutto quello che è avvenuto quella sera rappresenta certo l’ennesima coltellata allo sport più diffuso al mondo, ma sarebbe uno sbaglio ricondurre tutto ad una mera dimensione calcistica. Quel drone imbandierato, infatti, ha una valenza tutt’altro che calcistica. Un gesto grave, dal significato ancor più grave, perchè chi ha fatto partire quell’aggeggio sapeva benissimo che cosa rappresentava quella bandiera e che cosa avrebbe provocato quel “volo”. E suscita perplessità sapere che quel “chi” non è un teppistello con la passione per l’aeromodellismo: lo sconsiderato autore è Olsi Rama, fratello del premier socialista albanese Edi Rama. A che gioco gioca Tirana?

La Grande Albania, è il sogno mai sopito al di là dell’Adriatico: uno stato etnicamente omogeneo che nasca dall’annessione del Kosovo e di territori a maggioranza albanese sparsi tra la Serbia, il Montenegro, la Macedonia e la Grecia. Se ne parla sempre poco qui da noi, ma da quelle parti il tema è vivo fin dall’autoproclamata indipendenza del Kosovo nel 2008. Indipendenza che, secondo la sentenza del luglio 2010 della Corte Internazionale di Giustizia, non ha violato il diritto internazionale perchè quest’ultimo non contempla alcun divieto ad un popolo alla secessione: ma per la CIG ciò non significa automaticamente che la secessione sia legittima. Questa discriminante ha portato molti governi a ritardare il riconoscimento di Pristina come stato sovrano, il che impedisce ancora al Kosovo, a sei anni dalla sua indipendenza da Belgrado, di diventare formalmente uno Stato “generalmente riconosciuto”. Ma la domanda a questo punto è se davvero il Kosovo ambisca a un futuro indipendente e sovrano.

Giovedì mattina le cronache provenienti da Pristina e dintorni raccontavano di scene di giubilo e caroselli da parte dei kosovari in onore dei “gloriosi” giocatori della nazionale albanese, non tanto per la probabile vittoria a tavolino contro la Serbia, quanto per aver difeso una bandiera che inneggiava sì al Kosovo, ma che aveva disegnata l’immagine della Grande Albania, nazione che non esiste ma di cui il Kosovo fa idealmente parte. Solo idealismo e niente più?

Se sommiamo questo aspetto al fatto che al governo di Tirana il progetto dell’Albania etnica pare non dispiacere affatto (del resto, il famigerato drone è stato portato nello stadio dal fratello del premier, mica da un Genny ‘a carogna qualsiasi), nonchè alla reale possibilità che Pristina dovrà attendere chissà quanto prima di veder la propria sovranità “generalmente riconosciuta”, potremmo azzardare un’ipotesi: i kosovari potrebbero decidere di farsi inglobare dall’Albania prima di diventare uno stato sovrano a tutti gli effetti. Del resto, gli abitanti del Kosovo hanno sempre guardato all’Albania come la terra della loro cultura, della loro lingua e dei loro avi: come mostra la foto in alto, scattata a Pristina nel 2008, fin da prima dell’indipendenza è parso chiaro più un senso di appartenenza albanese che un vero sentimento nazionale kosovaro. Già nel 2013 i nazionalisti albanesi di Alleanza Rossonera avevano proposto un progetto di legge per creare una Federazione albanese-kosovara, che di fatto avrebbe spalancato le porte a una ricomposizione della diaspora albanese.

Ipotizziamo uno scenario: cosa succederebbe se Pristina e Tirana pensassero ad una riunificazione? Tecnicamente la cosa sarebbe fattibile. Basterebbe un referendum come quello indetto in Crimea per votare l’annessione alla Russia, e il gioco sarebbe fatto: paradossalmente,dopo che il Kosovo era stato usato come precedente da Mosca per giustificare la secessione crimeana da Kiev, ora la successiva annessione della Crimea da parte della Russia farebbe da precedente all’annessione albanese del Kosovo.

Ma politicamente per Usa e Ue avrebbe l’effetto devastante di una bomba: Bruxelles e Washington hanno sempre rinfacciato alla Russia che il concetto secondo cui la secessione del Kosovo non violasse il diritto internazionale (come stabilito dalla Corte Internazionale di Giustizia) non poteva valere pure per la Crimea, visto che quest’ultima non si rendeva sovrana, ma confluiva nella Federazione Russa. Come reagirebbero nel caso in cui il precedente della Crimea trovasse un bis nei Balcani meridionali?

Alessandro Ronga

Foto © Wikicommons/Saneja, 2008

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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