2015, “anno zero” nei rapporti tra Ue e Svizzera

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Perchè la Banca Nazionale Svizzera ha deciso così improvvisamente di “sganciare” il Franco dall’Euro

Per rendersi conto che a Zurigo qualcosa è cambiato basta percorrere la Bahnhofstrasse, la sfavillante arteria dalle luccicanti vetrine a marchio Rolex e Tiffany, che sembrano voler ostentare l’opulenza che in questa metropoli di soli 500mila abitanti regna sovrana: dopo alcune (lussuose) centinaia di metri, il frenetico boulevard zurighese sfocia in Paradeplatz, l’elegante salotto finanziario chiuso tra gli edifici della Credit Suisse e della UBS, dove l’aria che si respira in questi giorni è diversa dal solito. C’è tensione. Una tensione che stride con la flemma zurighese messa a dura prova solo dalla Street Parade, il raduno techno che si tiene in città ogni agosto.

Perchè qualcosa di insolito è effettivamente successo: il 15 gennaio scorso la Banca Nazionale Svizzera ha improvvisamente sbloccato il tasso di cambio fisso Franco-Euro che dal 2011 era bloccato a 1,20. Il risultato è stato che il Franco svizzero si è “apprezzato” nel giro di poche ore fino al 39 per cento, quando il cambio con la nostra moneta è addirittura arrivato a 0,86 per un euro, per poi assestarsi, a fine giornata, a 1,03 per un euro. In sostanza, dalla mattina alla sera il Franco ha guadagnato un valore del 14 per cento rispetto a ventiquattr’ore prima, fatto che nel mercato valutario non è certo usuale, specie se parliamo delle monete del Vecchio Continente.  Uno shock valutario di questo genere non poteva ovviamente non aver ripercussioni sulla Borsa di Zurigo, dove l’immediato crollo dei titoli azionari elvetici, specie quelli relativi ad aziende esportatrici e turistiche, ha portato l’indice azionario SSX a calare in picchiata di ben 15 punti.

La Svizzera aveva deciso di legare il Franco all’Euro con un cambio fisso nel settembre 2011, a fronte dell’impennata di acquisti di franchi svizzeri sui mercati europei, impauriti dalla voci di una frantumazione della moneta europea. Ad agosto di quell’anno la Bce stava intervenendo per sostenere le quotazioni del debito della Spagna e dell’Italia, da dove decine di miliardi di euro avevano preso la strada delle banche di Lugano, di Zurigo e di Ginevra nel timore che un’asta dei Bond del Tesoro italiani potesse andare deserta e affossare definitivamente l’Euro.

Ma tutto questo movimento di valuta verso la Svizzera aveva finito con il rivalutare rapidamente il Franco, il cui cambio con l’Euro, giunto ormai a 1,04 stava già creando difficoltà all’industria esportatrice elvetica. A quel punto, arrivò la contromossa da Berna: la Bns annunciò che avrebbe sostenuto un tasso di cambio di 1,20 Franchi per 1 Euro, e per farlo, a fronte dei capitali esteri che continuavano ad arrivare, avrebbe continuato a stampare franchi e li avrebbe venduti in cambio di valuta estera.

Oggi, dopo più di tre anni di interventi continui al ritmo di 30 miliardi di franchi (quasi 40 miliardi di euro) al mese, la Svizzera non è più riuscita a stare dietro a quel tasso di cambio, e per tre precisi motivi.

Il primo riguarda le sanzioni occidentali che hanno colpito la Russia per via della guerra in Ucraina: la vulnerabilità del sistema economico russo hanno generato nei mesi scorsi una enorme fuga di capitali dalle banche russe a quelle svizzere, elette da molti oligarchi a proprio porto sicuro.

Il secondo  è invece la convocazione di nuove elezioni in Grecia e la probabile vittoria di Tsipras l'”ammazza-Troika” ha riportato in Svizzera anche i capitali greci, i cui prelievi sono stati così ingenti da obbligare le banche a richiedere precauzionalmente 3 miliardi di liquidità straordinaria alla Banca centrale ellenica.

E già questi due fattori hanno iniziato a complicare la politica di sostegno del tasso di cambio di 1,20 rispetto ai movimenti dei capitali, ma il colpo decisivo è arrivato quando Draghi è stato autorizzato dal Board della Bce a procedere all’avvio di un piano di Quantitative Easing per contrastare la deflazione che attanaglia l’Eurozona: i timori svizzeri (che in queste ore si stanno rivelando fondati) erano tutti per l’aumento della quantità di euro disponibili che avrebbe comportato automaticamente un ulteriore deprezzamento nei confronti del Franco. Il che avrebbe significato ulteriori sforzi a sostegno del fatidico 1,20 per Euro: solo che mantenere il cambio fisso con una moneta in picchiata sarebbe stato un suicidio anche per la più solida delle banche centrali. E gli svizzeri per questo hanno detto stop.

Alessandro Ronga

Foto © Alessandro Ronga 2015

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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