La crisi cinese e le ripercussioni europee

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La recente situazione in Oriente ha colpito l’economia già martoriata dell’Europa. Sembra non esserci tregua. Ma forse l’ennesima batosta può spingere gli europei a pendere una decisione sulle sorti dell’Unione

24 Agosto 2015. Sembrava non potersi arrestare mai ma infine è accaduto: la Cina entra nella crisi economica. Anzi, l’economia cinese sprofonda nel baratro. E la colpa non è di Wang Xiaolu, giornalista accusato dal governo cinese di aver provocato il crollo di tutte le borse asiatiche per aver diffuso informazioni finanziarie errate, ma di tutti i cinesi: come nel caso della crisi statunitense del 2008, anche questa crisi ha origine dallo scoppio di una bolla. La bolla speculativa, con valutazioni gonfiate, ha spinto medi e piccoli risparmiatori a speculare attraverso un debito contratto dalle banche alle quali veniva offerta come garanzia il titolo stesso. Allo scoppio della bolla, i risparmiatori, avendo perso tutto, tagliano i consumi, aggravando ancora i più la situazione.  12838423853_b739a0e91c_zPer far fronte alla crisi Pechino ha varato una serie di misure volte a proteggere i propri cittadini: da una parte ha forzato i maggiori broker del Paese a creare un fondo per l’acquisto di azioni pari a 20 miliardi, dall’altra ha iniettato danaro per sostenere le azioni e impedire il crollo, infine ha svalutato lo yuan al fine di sostenere l’export; l’operato del governo però rischia di essere più negativo che positivo, perché non permette al mercato di ritrovare da sé il proprio equilibro eliminando i titoli gonfiati, ma invece li supporta, instaura nella mente degli speculatori la pericolosa idea di essere in qualche modo protetti e infine rende la finanza ancora meno trasparente e i meccanismi ancora meno chiari.


Se gli effetti in Cina sono stati disastrosi, pur tuttavia la crescita del Pil si attesterà al 7% per il 2015 (stando alle dichiarazioni di Pechino), in Europa invece le conseguenze sono state gravi. Su un’economia già traballante come quella del Vecchio Continente, il caso Grexit sembra essere ormai soltanto una preoccupazione passata.

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I Numeri

L’Europa ha perso 411 miliardi di capitalizzazione a causa della crisi cinese; le borse europee hanno perso molti punti: Milano ha registrato -5,96%, Parigi 5,35%, Francoforte 4,70%. Atene 10,54% e Londra 4,6%. L’euro inoltre, è diventato in seguito alla svalutazione dello yuan molto forte, così come lo yen ossia le monete rifugio. L’euro diventa forte anche nei confronti del dollaro. Il grande cambiamento dei tassi è stato criticato dalla Fed statunitense che ha invitato il governo cinese a un maggior rispetto dei tassi di cambio internazionali.

L’ennesima batosta economica in Europa solleva importanti quesiti. La Cina riuscirà a far fronte alla crisi, perché è la prima occorsa da molti anni a questa parte; differente la situazione dell’Unione, in cui le crisi si avvicendano una dopo l’altra.

La debolezza – e la soluzione – sembra risiedere sempre nello stesso punto: una mera unione monetaria non può risolvere problemi strutturali: se alla moneta unica non si affianca un potere politico e una politica estera condivisa, l’unione monetaria non possiede gli strumenti per supportarsi.

Quello che alcuni studiosi suggeriscono è un sistema federale sul modello svizzero o statunitense, ma questa visione federale, da sempre osteggiata, non ha la forza di imporsi. Gli Stati europei, da sempre in guerra tra loro, tra interessi divergenti o sovrapposti, non vogliono rinunciare a nulla.BCE_Francoforte

Non è un problema di ovvia soluzione: negli ultimi anni numerose crisi si sono susseguite, la crisi economica, la crisi della Grecia, l’immigrazione, la crisi cinese. Non è pensabile un’Unione con una così scarsa visione globale, perché le sfide sono continue ed è necessaria lungimiranza per affrontarle o prevenirle. Ma per fare questo, l’Europa deve avere dei mezzi – politici e non solo – altrimenti si troverà inerme come ha dimostrato di essere negli ultimi anni. Una ristrutturazione del sistema Europa è necessaria, perché il suo fallimento così com’è appare sempre più evidente. L’idea di concerto di Stati è inadeguata per raccogliere tutte sfide che il moderno sistema internazionale pone: le migrazioni per mancanza di lavoro presto diventeranno migrazioni per fame o per cambiamento climatico. Come si possono risolvere solamente questi problemi senza un’accurata politica estera comune? Ogni Stato vorrà dettare le proprie leggi: ma come si potrà allora essere ancorati all’Unione?

La domanda è sempre la stessa: Unione europea sì o Unione europea no?

 

Ilenia Maria Calafiore

Foto © Creative Commons

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Ilenia Maria Calafiore
Nata nel 1989, è laureata in Comunicazione Internazionale presso l’Università di Palermo con una tesi in filosofia politica dal titolo “Teorie e pratiche per la Giustizia Globale“. Nel suo percorso universitario ha approfondito le tematiche storiche ma anche linguistiche relative alla Russia e ai popoli slavi. Ha partecipato ad alcuni progetti internazionali come il Model United Nation a New York ed il Finance Literature of Youth a Togliatti, Russia. A fine 2014 si laurea con il massimo dei voti in Studi Internazionali presso l'Università di Pisa con la tesi “Spunti per uno studio delle politiche della Federazione Russa nel bacino del Mar Nero”.

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