Viaggi nel tempo: indietro (purtroppo) non si torna. C’è la prova sperimentale

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Ricerca dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr), in collaborazione con La Sapienza e l’Università dell’Aquila

Il sogno di tornare indietro nel tempo pare essere oramai sfumato. La notizia giunge proprio nell’anno in cui Martin McFly, protagonista di “Ritorno al futuro”, celebre film degli anni ottanta, sarebbe dovuto arrivare ai giorni nostri con la sua macchina del tempo, per salvare il futuro e tornare a casa, nel 1985.

Uno studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, ha infatti provato sperimentalmente che la freccia del tempo punta solo verso il futuro.

La ricerca è stata guidata da Claudio Conti, direttore dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr), in collaborazione con il Dipartimento di fisica della Sapienza e con l’Università dell’Aquila ed è finanziata dalla John Templeton Fundation.

immagine«Uno dei problemi principali della fisica moderna è spiegare perché il tempo va solo in avanti, e non si può tornare indietro. La meccanica quantistica non fornisce nessuna indicazione sul perché i fenomeni naturali siano irreversibili» – ha spiegato il direttore Conti – «consideriamo un pendolo messo a testa in giù: nella nostra esperienza quotidiana sappiamo che, dopo qualche istante, l’asta cadrà e non ritornerà più su. Ciò non era mai stato verificato per un pendolo quantistico, cioè una particella come un fotone o un elettrone che si muove intorno al proprio nucleo: diciamo che si ha un pendolo inverso quando queste particelle decadono, cioè si scompongono in particelle differenti e – si dice in fisica – “vanno all’infinito”, in un certo senso, spariscono».

Le fondamenta teoriche su cui è basata la ricerca sono state introdotte nel 1986 dal premio Nobel per la fisica, Roy Glauber. Il modello matematico prevede che i decadimenti degli “oscillatori inversi quantistici” avvengano solo a determinate velocità. De_Lorean-1Allo stesso tempo, affinché la teoria sia verificata, occorre che questo tipo di trasformazioni siano irreversibili, il che significa che la particella, una volta decaduta, non si possa più riformare. Da qui l’assunto che non si può tornare indietro nel tempo.

«Nessuno prima d’ora aveva mai testato empiricamente questa teoria. Per simulare un oscillatore di Glauber, abbiamo fatto passare un raggio luminoso attraverso un liquido fototermico. Il liquido assorbe la luce e la defocalizza rendendola simile a un oscillatore quantistico invertito e rende più facile individuare la quantizzazione dei decadimenti. Avendo ottenuto questa prova sperimentale, possiamo affermare che la teoria è verificata, anche per quanto riguarda la freccia del tempo», ha aggiunto Conti.

Il direttore dell’Isc-Cnr specifica che la ricerca «oltre al suo valore intrinseco, apre nuove prospettive per lo sviluppo di tecnologie di più immediata applicazione, ad esempio nel campo della fotonica, come nuovi tipi di laser per la medicina e microscopi ad altissima risoluzione».

 

Fiasha Van Dijk

Foto © Wikicommons e CNR

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Fiasha Van Dijk
Fondamentalmente apolide, proveniente solo "per caso" dai Paesi Bassi, figlia di immigrati di due continenti diversi da quello in cui vivo, spero di portare i resoconti dei pregi delle politiche dell'integrazione, della salute e della medicina dal resto d'Europa...

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