Consiglio d’Europa: in Italia difficile accedere all’aborto

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Cde: «Notevoli rischi per la salute delle donne interessate, il che è contrario al diritto alla protezione della salute». Discriminazioni verso i medici non obiettori

In Italia la salute delle donne è “a rischio”. A lanciare l’allarme il Comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa che si è pronunciato sulla difficoltà delle donne italiane di accedere all’aborto.
L’interruzione di gravidanza nel Belpaese è garantita dal 1978 grazie alla legge 194, secondo la quale la donna può ricorrere all’aborto in una struttura pubblica nei primi 90 giorni di gestazione. Eppure, la realtà dei fatti ci mostra una situazione ben diversa, in cui le donne molto spesso si scontrano con ostacoli e difficoltà per far valere questo loro diritto. Lo conferma il Consiglio d’Europa che, prendendo in esame un ricorso della Cgil sulla violazione dei diritti alla salute delle donne che vogliono praticare un’interruzione di gravidanza, lo ha giudicato “ammissibile”.

«Le donne che cercano accesso ai servizi di aborto – spiega il Comitato del Cde – continuano ad avere di fronte una sostanziale difficoltà nell’ottenere l’accesso a tali servizi nella pratica, nonostante quanto è previsto dalla legge».

Il numero elevato di medici obiettori in Italia (il 70% in media su scala nazionale, con picchi fino al 90% in alcune regioni del Sud) finisce infatti per comportare un carico eccessivo sui non obiettori e questo si ripercuote sul diritto alla salute delle donne, che viene così messa a rischio.

Secondo il Comitato, infatti, le strutture sanitarie italiane «non hanno ancora adottato le misure necessarie per rimediare alle carenze nel servizio causate dal personale che invoca il diritto all’obiezione di coscienza, o hanno adottato misure inadeguate». Oltre a ciò, il Consiglio d’Europa ha evidenziato come nel Belpaese medici e personale sanitario che non hanno scelto l’obiezione di coscienza si trovino spesso a dover fare i conti con «diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti».

Sembrerebbe un circolo vizioso in cui  i medici non obiettori vengono discriminati, e le donne che ricorrono alla 194 non tutelate. Ecco dunque che, in molti casi, si finisce per cercare la “soluzione” all’esterno: «considerata l’urgenza delle procedure richieste – sottolinea ancora il comitato del Consiglio europeo – le donne che vogliono un aborto possono essere forzate ad andare in altre strutture, in Italia o all’estero, o a mettere fine alla loro gravidanza senza il sostegno o il controllo delle competenti autorità sanitarie, oppure possono essere dissuase dall’accedere ai servizi di aborto a cui hanno invece diritto in base alla legge 194/78». Si vengono dunque a creare circostanze tali da «comportare notevoli rischi per la salute e il benessere delle donne interessate, il che è contrario al diritto alla protezione della salute».

La questione è estremamente seria e urgente: già nel  2014, infatti, il Consiglio d’Europa aveva accolto un ricorso presentato dalla Cgil e dall’International planned parenthood federation european network e anche in quell’occasione aveva avuto modo di evidenziare  che «a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza».

È evidente che la questione non può più essere rimandata: è infatti necessario che l’Italia risolva a livello normativo il problema relativo alla difficoltà di applicazione della legge 194. La salute della donna non può e non deve essere più messa a rischio.

 

Valentina Ferraro
Foto © Creative Commons

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Valentina Ferraro
Laureata in letteratura contemporanea, ha lavorato per diversi anni come editor per una casa editrice romana, per poi avvicinarsi alla sua più grande passione: la scrittura, intesa come mezzo di comunicazione a 360 gradi. Ha iniziato scrivendo di cinema e cultura per diverse testate sia online che cartacee (fra queste, “Il quotidiano della Sera” e il settimanale “Il Punto”). Dopo il primo viaggio a Bruxelles, nel 2014, ha scoperto un forte interesse per l’Unione europea, iniziando così ad approfondire le tematiche relative all’Ue. La spiccata curiosità per l’universo della “comunicazione 2.0” l’ha portata a mettersi alla prova anche come blogger. Di recente la scrittura ha incontrato un’altra sua grande passione: l’enogastronomia.

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