Parlamento e Commissione europea presentano ai ragazzi alcune eccellenze italiane in campo scientifico. Fra queste, Chiara Petrioli, coordinatrice del progetto “Sunrise”
22 milioni: questo il numero di disoccupati in Europa, che equivale a dire che, attualmente, il 19,7% dei ragazzi dell’Ue non ha un lavoro. Dati che destano, inevitabilmente, preoccupazione, ma che si trovano in contrasto con altri numeri: ovvero i due milioni di posti di lavoro che ad oggi risultano vacanti in Europa. Cifra che, secondo le stime, arriverà a 2,3 milioni nel 2025 se si considera il solo campo tecnologico. Ciò che emerge in modo piuttosto chiaro da questi numeri è dunque la mancanza di lavoratori specializzati in quelle che vengono definite competenze STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics)
Ed è proprio dall’osservazione di questi dati che nasce il progetto #EuFactor. Promosso dalla Commissione e dal Parlamento europeo, esso si propone di sensibilizzare i giovani allo studio della scienza, della tecnologia e dell’informatica, auspicando che possa nascere in Europa un rinnovato interesse per queste discipline e si possano dunque formare nuovi talenti in grado di esportare il “genio europeo” in giro per il mondo.
È con questo obiettivo che Parlamento e Commissione hanno promosso una serie di eventi rivolti ai giovani fra i 16 e i 19 anni, fascia d’età nella quale solitamente si sceglie quale percorso di studi intraprendere.
L’ultimo evento è stato organizzato in collaborazione con l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” dove i ragazzi hanno avuto la possibilità di ascoltare i racconti di alcuni esempi di eccellenze italiane, donne e uomini che sono stati conquistati dalla scienza. Fra i testimonial di #EuFactor anche Chiara Petrioli, docente della Sapienza e coordinatrice di “Sunrise”, finanziato nell’ambito del VII Programma Quadro Ue che esplora le opportunità offerte dall’“Internet of Underwater Things”.
“Sunrise” è un progetto internazionale che vanta come capofila italiano proprio la prestigiosa Università romana e grazie al quale sarà possibile portare Internet sott’acqua. Attraverso l’utilizzo di robot, droni, sensori e veicoli autonomi di ultima generazione si potranno infatti svolgere azioni impossibili o troppo rischiose per gli uomini. Diversi i campi di applicazione di questo sistema: dallo sminamento al monitoraggio ambientale, dalla salvaguardia dei siti archeologici fino alla localizzazione di oggetti o persone disperse.
La sfida, più che mai ambiziosa, è quella di portare il concetto di “Internet delle cose” (basata sull’interconnessione di molteplici dispositivi grazie, per esempio, al wi-fi) all’ambiente marino, che costituisce un universo ancora in gran parte sconosciuto all’uomo.
Valentina Ferraro
Foto ©European Union 2016 – Marco Merola