Germania, tra campagne elettorali e aspirazioni sulla Bce

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Il numero uno della Bundesbank Weidmann punta deciso al post Draghi senza risparmiare nulla ai Paesi del Sud. Le ipotesi sull’Eurozona divergono rispetto ai candidati alla cancelleria

Puntuale come le tassazioni ritorna il ritornello contro i Paesi del Meridione europeo nonostante le novità politiche di questi ultimi mesi. Il Vecchio Continente cambia volto, almeno dal punto di vista dei singoli Stati nazionali, rifiorisce l’europeismo proprio nei Paesi in cui fu affossata la Costituzione comunitaria (Francia soprattutto, ma anche Paesi Bassi e Irlanda) ma il concetto espresso dal capo della Bundesbank non è nuovo: la Banca centrale europea dovrà iniziare a prendere in considerazione l’uscita dalla politica monetaria espansiva, se le condizioni lo permettono.

   Jens Weidmann

Jens Weidmann torna su una cauta sollecitazione alla Bce, stavolta dalle pagine della Welt am Sonntag, edizione domenicale del quotidiano conservatore berlinese Die Welt. Rispondendo a un’intervista il numero uno della banca centrale tedesca ha spiegato di non essere contrario all’idea di un ministro delle Finanze e anche di un budget dell’Eurozona, ma di rigettare, come sempre del resto, l’ipotesi di una mutualizzazione del debito (ovvero, gli Eurobond, ndr), fino a quando le decisioni sul bilancio saranno prese a livello nazionale. E sulla nuova alleanza con Parigi avverte: a Macron non servono regali.

«I cittadini devono potersi fidare del fatto che il consiglio direttivo della Banca centrale europea concluda rapidamente la politica monetaria espansiva, se questo è necessario per la stabilità dei prezzi», ha affermato Weidmann, «se lo sviluppo della congiuntura e lo sviluppo dei prezzi si consolidano, dal mio punto di vista, è tempo di volgere lo sguardo verso l’uscita dalla politica monetaria espansiva». Sollecitato sul rapporto di Berlino con la Francia, il presidente della Bundesbank ha commentato: «Trovo curiosa l’idea che a un nuovo governo vadano fatti dei regali perché ha vinto le elezioni. Macron è un amico e un partner importante, ma di regali non ha bisogno».

   Bundesbank

L’intervistatore gli contesta che un regalo sia già in previsione: gli (odiati) Eurobond. Ma Weidmann replica: «Io ho capito più che altro che lui li rifiuta». Ad ogni modo, per il banchiere tedesco, «una garanzia comune sarebbe la strada sbagliata, di fronte a sovranità nazionali. Questo ingrandirebbe il problema dell’Europa, non lo risolverebbe. Una mutualizzazione comune può avvenire alla fine di un processo che porti a un’unione fiscale, se i diritti nazionali sulle decisioni sostanziali fossero passati a livello europeo», ha spiegato, ribadendo la linea di Berlino più volte espressa anche dalla cancelliera Merkel. «Non vedo la disponibilità a fare questo. I Paesi che vogliono la garanzia comune insistono altrettanto sulla sovranità nazionale, come tutti gli altri».

A differenza del capo della Bundesbank il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, punta proprio sul nuovo inquilino del Palazzo dell’Eliseo per la riforma dell’Eurozona. «Spero che lo slancio che il presidente francese porta nella politica europea, anche sotto il profilo dell’atmosfera, contribuisca a far sì che abbiamo maggiori chance del passato di raggiungere le necessarie riforme strutturali, anche attraverso determinate modifiche dei Trattati». Parlando della politica dei tassi zero, Schaeuble ha argomentato: «preferirei una politica monetaria più moderata», puntualizzando però che non si tratta di una critica alla Bce.

Il motivo va ricercato semmai nei problemi strutturali dell’Unione monetaria, ha sostenuto: per la Germania la politica monetaria della Banca centrale europea è «un po’ troppo accomodante», per altri Paesi invece resta ambiziosa, tale conflitto può essere risolto solo creando strutture migliori nell’Eurozona. «Una politica monetaria comune richiederebbe una politica economica comune, ma finché mancano le regole e le istituzioni per farlo, bisogna rispettare gli accordi», ha sostenuto il ministro tedesco. «Si tratta dell’unico modo per rendere l’Eurozona più affidabile», ha aggiunto Schaeuble.

Al congresso straordinario del partito socialdemocratico di Dortmund, che ha approvato di fatto all’unanimità (solo un astenuto) il programma con cui l’Spd si presenta alle elezioni del 24 settembre, l’ex presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha attaccato i tatticismi di Angela Merkel e del suo partito come un «attentato alla democrazia». E a dargli man forte un ospite speciale, l’ex cancelliere Gerhard Schroeder. «Nulla è deciso. Non decidono i giornalisti o i sondaggi, ma gli elettori. E un terzo lo fa il giorno del voto, o poco prima. Questa è l’occasione che abbiamo. Dobbiamo mobilitare tutte le forze per raggiungere il nostro obiettivo. Vinceremo», ha arringato la platea Schroeder, ricordando che nel 2005 recuperarono 20 punti in poche settimane.

Messaggio pieno di speranza per un partito che, dopo tre disastrose sconfitte alle regionali e dopo un distacco nei sondaggi dalla Cdu di 15 punti, trova nuova energia per richiedere il cambiamento. Serve «una nuova Europa», per il candidato Spd alla cancelleria, «vogliamo una Germania europea, non un’Europa germanizzata. Questo obiettivo fu il grande merito di Helmut Kohl». Citando per nome i leader populisti che minano lo stato di diritto e il modello democratico (anche Matteo Salvini, ndr), ha poi definito Afd una «versione light» dei neonazisti di Npd.

 

Klivia Böhm

Foto © Deutsche Bundesbank (in apertura il board)

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