ADD pronti ad adire la Corte europea dei Diritti dell’Uomo

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L’iniziativa di rivendicazione dell’Associazione dei Dipendenti del ministero della Difesa italiano ha interessato media televisivi spagnoli, inglesi e iraniani

Dopo oltre trent’anni l’Associazione Dipendenti Difesa per la Prima Area (la più bassa qualifica dell’Amministrazione della Difesa) chiede «che le siano riconosciuti i propri diritti lavorativi rispetto ai colleghi civili e militari che svolgono le medesime attività». Oltre ai «passaggi di livello mai avvenuti negli ultimi due periodi di progressione», anzi «con una parte del Fus (Fondo unico di sede) indebitamente sottratto per retribuire le ultime progressioni di tutti gli altri colleghi con l’avallo delle sigle sindacali firmatarie dell’ultimo accordo del CCNL (contratto collettivo nazionale di lavoro)».

«Se non sarà la giustizia italiana a risolvere il problema, che si protrae da molto tempo oramai, adiremo la Corte europea dei Diritti dell’Uomo». Ad interessarsi della vicenda sono state diverse televisioni europee, in primis quelle spagnola e inglese, o iraniana, mentre membri dell’associazione stanno organizzando un incontro con l’attuale responsabile del dicastero della Difesa Elisabetta Trenta. In particolare i membri dell’ADD ritengono che ci sia stato negli anni uno sfruttamento della categoria perpetrato nel tempo con personale che svolge mansioni superiori, con ritorno di stipendio non adeguato.

La “discriminazionenon sarebbe nemmeno dovuta avvenire se si fossero seguiti i dettami della Costituzione italiana, in particolare l’articolo 3 e il 35, per questo lo scorso 16 ottobre a Roma si è tenuta la prima manifestazione in assoluto di tutta la Prima Area. «Erano presenti non solo colleghi della Difesa, ma anche della Giustizia e del MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze), interessati a condividere l’esperienze per un eventuale ricorso collettivo stampa». È stato ottenuto un incontro a Palazzo Vidoni col capo di gabinetto della ministra della Funzione Pubblica Giulia Bongiorno, che ha evidenziato come, con la riforma Madia, oltre agli interventi legislativi in programma per le nuove assunzioni e progressioni, «esistono già tutti gli strumenti normativi per addivenire alle giuste aspettative di crescita dei lavoratori».

«Se è vero che negli altri ministeri ci sono vuoti organico che saranno sanati con i nuovi concorsi, nella Difesa dove sono stati previsti 50 passaggi da A1 ad A2 e 50 da A2 ad A3 e relative altrettante nuove assunzioni in una situazione di compressione e riduzione degli organici della Difesa entro il 2024, vediamo dura la crescita professionale del personale Difesa nel breve termine. Se poi ci aggiungiamo il transito del personale militare nei ruoli civili della Difesa, portando l’esempio del caporale che dopo soli 15 anni di servizio viene collocato in A2 F2 conservando l’assegno ad personam, siamo all’apoteosi».

Il problema di fondo è che l’attuale normativa avrà bisogno di ulteriori aggiustamenti per ogni Amministrazione, in base alle proprie esigenze, ma che effettivamente nella Difesa vi è un problema che probabilmente neanche l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) sarà in grado di risolvere e va quindi approfondita. «Sicuramente noi della Difesa abbiamo una criticità maggiore rispetto agli altri ministeri per le quali solo il ministro con un provvedimento ad hoc può sanare; o con un provvedimento legislativo che azzeri la Prima Area, o svincolando i dipendenti civili della Difesa dalle Funzioni Centrali e quindi dal contratto, inserendoci in art.3 della 165 in regime di diritto pubblico».

 

Pierfrancesco Mailli

Foto © ADD

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