Polonia e Ungheria: “no”. Recovery Fund ancora bloccato

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La paralisi dell’iter di approvazione del pacchetto di aiuti europeo potrebbe sbloccarsi solo al Consiglio di dicembre. Soprattutto perché Varsavia e Budapest sono beneficiari netti del budget dell’Unione europea

Tutto lo aspettano, ma ancora non parte. Perché sul Recovery Fund, almeno per il momento, i nodi restano ancora da sbrogliare. Il veto di Budapest e Varsavia non si scioglie: durante l’ennesimo vertice in video-conferenza rimane un sostanziale muro contro muro. Il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, a fine riunione spiega che ci saranno nuove consultazioni, in diversi formati, in vista della prossima riunione in dicembre. La cancelliera tedesca Angela Merkel, cui spetta guidare il semestre che si sta per chiudere, è incaricata di mediare, con l’appoggio della Commissione Ue. Ma i “sovranisti dell’Est” – l’ungherese Viktor Orban e il polacco Mateusz Morawiecki – non si smuovono, e anzi trovano un alleato nello sloveno Janez Jansa, che però alla fine non formalizza un terzo veto.

Recovery Fund e Bilancio Ue bloccati

Nessun passo indietro, dunque, di Polonia e Ungheria sul Recovery Fund e il bilancio pluriennale 2021-2027 dell’Unione europea. Come ampiamente atteso alla vigilia del (video)summit Ue, Budapest e Varsavia ribadiscono il loro “no” alle condizionalità legate allo stato di diritto e stoppano di fatto l’accordo sul pacchetto economico da 1.800 miliardi di euro che l’Unione europea ha messo in campo per fronteggiare la più grave recessione della storia causata dalla pandemia.

Fondamentale, eppure…

Durante il vertice, il tempo dedicato dai leader al Recovery e al Bilancio pluriennale che rischia di slittare a causa dei veti dei due Paesi di Visegrad, si è limitato a poco più di un quarto d’ora. Secondo quanto si è appreso a Bruxelles, nel breve spazio in agenda dedicato al Recovery hanno preso la parola i soli Paesi più critici del meccanismo che bloccherebbe i fondi Ue a chi non rispetta l’indipendenza della magistratura e altri parametri di legalità della spesa pubblica.

Il nodo da sciogliere

I due Paesi dell’Est non vogliono vedersi negati i fondi perché, a giudizio della Commissione europea, non rispettano lo stato di diritto. Per cercare di convincere Budapest, Varsavia e in un primo momento Lubiana – che però poi non pone il veto – la Francia minaccia di chiudere l’accordo a 25, lasciando fuori i due Paesi: anche in questo modo, non avrebbero accesso ai fondi. Ma una spaccatura così plateale, paradossalmente, potrebbe avere conseguenze destabilizzanti per l’intera Unione. Il premier Giuseppe Conte, a fine riunione, si limita ad uno stringato messaggio: «Governi e Commissione europea lavorano in stretto coordinamento per superare la nuova ondata».

Belpaese in ansiosa attesa

L’Italia, che dei fondi ha disperato bisogno, continua ad ostentare ottimismo. «C’è una prospettiva concreta di arrivare a una sintesi, e dunque all’adozione del regolamento che disciplina le modalità di funzionamento della Recovery and Resilience Facility, in prima lettura, nella sessione plenaria del Parlamento europeo del 14-17 dicembre», dichiara il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. L’esecutivo di Roma, prosegue il titolare del Mef, «sta lavorando in modo intenso al piano di rilancio dell’Italia, in coordinamento con l’Unione europea».

Commissione contro Italia? Una fake news

A breve si riunirà nuovamente l’apposito comitato che deve preparare la bozza del piano nazionale (in gergo tecnico Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza), che sarà inviato al Parlamento «prima della fine di novembre», assicura Gualtieri in audizione in Senato. Conte spiega di essere in costante contatto con la Commissione europa e che «fino alle undici di ieri sera abbiamo lavorato sulla struttura normativa». Quindi, riferendosi ai giornali che parlano di ritardi italiani, tuona contro «una fake news che viene da Bruxelles, inventata di sana pianta».

Le parole del presidente del Consiglio europeo

Quando potrà concludersi l’accordo sul quadro di bilancio pluriennale (o quadro finanziario pluriennale, Qfp) e sul Fondo europeo di Recovery Fund post pandemico? «Come sapete» – ha ricordato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel durante la conferenza stampa post vertice – «a luglio abbiamo approvato all’unanimità il Qfp e il pacchetto di recupero. Dobbiamo restare uniti su questo. Questo pacchetto finanziario è essenziale per la nostra ripresa economica. Dobbiamo attuarlo il più presto possibile». «La magia dell’Unione europea» – ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo – «è riuscire a trovare delle soluzioni anche quando si pensa che sia impossibile. Nessuno sottovaluta la gravità della situazione; nessuno sottovaluta gli ostacoli che dobbiamo affrontare. Ma c’è la volontà nei prossimi giorni di lavorare molto intensamente per cercare di ridurre queste difficoltà».

Quelle della presidente della Commissione europea

Per Ursula von der Leyen «abbiamo una situazione molto grave: i cittadini in Europa e le imprese aspettano con urgenza i finanziamenti da Next Generation EU per affrontare questa crisi senza precedenti, questa profonda recessione. Ora ci sediamo a negoziare, ascoltiamo quali sono i problemi, cerchiamo di risolverli; e voglio reiterare che l’Europa in tante situazioni molto critiche ha potuto trovare soluzioni per andare avanti».

La posizione dei sindaci di Varsavia e Budapest

I sindaci di Varsavia e Budapest si esprimono contro i veti espressi dai governi di Polonia e Ungheria, nonostante ne siano le capitali. Lo si apprende dal Comitato europeo delle Regioni (CdR) spiegando che le città e le regioni europee sono profondamente preoccupate che questo veto rallenti l’attuazione del nuovo bilancio europeo. Per il sindaco di Varsavia, Rafal Trzaskowski, «mettere il veto al bilancio di cui la Polonia sarà il maggior beneficiario è semplicemente un’impresa suicida. È al di là di ogni comprensione». Per il sindaco di Budapest, Gergely Karacsony «l’Unione europea non dovrebbe dare risorse finanziarie a governi corrotti: le città e le aree metropolitane sono più vicine ai cittadini e meglio posizionate per spendere il denaro in modo responsabile e produttivo per investire in un futuro più verde, più sano e più resistente».

Scenari futuri

Le posizioni dei due sindaci, ben più in linea con la classe dirigente Ue di quelle espresse dai rispettivi premier, potrebbero mettere pressione sui loro governi per sedersi al tavolo della realpolitik e lasciare da parte le differenze ideologiche e di principio. E negoziare nell’interesse anche dei due Paesi dell’Est Europa, tra i più grandi beneficiari di fondi Ue a partire da quelli di coesione.

La paralisi dell’iter di approvazione del pacchetto di aiuti europeo potrebbe sbloccarsi solo al Consiglio di dicembre. Resta da vedere se in quella occasione l’opposizione del blocco dell’Est si materializzerà fino alle estreme conseguenze. Sulla carta la minaccia sembra non essere conveniente. Polonia e Ungheria sono beneficiari netti del budget dell’Unione europea, ricevono cioè più soldi di quanti versino. Inoltre, secondo le stime dell’Ue dal Recovery and Resilience Facility alla Polonia dovrebbero spettare circa 23 miliardi di euro, mentre all’Ungheria circa 6,3 miliardi.

Polonia e Ungheria rischiano i fondi

Meno dei 65,5 miliardi circa che spettano all’Italia – per fare un confronto – ma comunque una cifra considerevole se si pensa che il Pil di Budapest è crollato del 14,5% nel secondo trimestre e quello di Varsavia di quasi l’8%.Proprio su questo punto il commissario europeo all’economia Gentiloni ha invitato a riflettere. «Ogni tanto presentiamo questi fondi come se si trattasse di un’operazione italo-spagnola», ma «se guardiamo al rapporto tra i fondi» del Recovery Plan «e il Pil dei Paesi vediamo che una decina di essi, tra cui Polonia e Ungheria, sono molto più favoriti rispetto a Italia e Spagna. Confido che si possano superare questi veti».

 

Elodie Dubois

Foto © Nepal24Hours, rt.com, Daily Express, Financial Times

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Elodie Dubois
Francese, innamorata dell'ambiente e dell'Italia. Sempre attenta alle tematiche che riguardano la lotta all'effetto serra e la riduzione dell'inquinamento, contribuisce con la sua esperienza a Strasburgo e a Bruxelles alla realizzazione di una buona Euro...comunicazione!

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