Alluvioni: in Italia ricorrenti e disastrose da circa venti anni

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La direttiva europea (2000/60/CE) aveva messo in allarme già dal 2001 sul verificarsi di tali eventi

L’ennesima calamità naturale si è abbattuta sul Belpaese. Colpita duramente Bitti, Un piccolo comune di tremila abitanti in provincia di Nuoro.

Possibili cause

Il cambiamento climatico ha determinato eventi atmosferici che si manifestano sempre e di più come delle proprie e vere bombe d’acqua. Assistiamo al devastamento del suolo, in particolare quello convenzionale coltivato con pesticidi e diserbanti. Differente quello coltivato in modo biologico e biodinamico che ha maggiore percentuale di assorbimento delle acque meteoriche.

Anche la poca attenzione alla cura del territorio e altri sono i motivi per i quali i cittadini continuano ad avere ingenti danni. Risulta incomprensibile che Stato, Regioni e Comuni non facciano abbastanza per mitigare l’acqua piovana che precipita sempre più in modo devastante.

Nelle aree a rischio idrogeologico e anche sismico si continua ad assistere allo spreco del suolo. Cresce la percentuale di logoramento del terreno stesso a scapito dell’ambiente verde.

Ispra

A confermare i dati riportatati è il Rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), “Il consumo di suolo in Italia 2020” presentato a Roma. Il lavoro analizza le trasformazioni del suolo negli anni. In questa edizione si arricchisce di contributi provenienti da 12 Osservatori delle Regioni e Province autonome, anche grazie al progetto Soil4Life.

La copertura artificiale avanza anche nelle zone più a rischio del Paese. Nel 2019 risulta sigillato il 10% delle aree a pericolosità idraulica media P2 (con tempo di ritorno tra 100 e 200 anni) e quasi il 7% di quelle classificate a pericolosità elevata P3 (con tempo di ritorno tra 20 e 50 anni). Il cemento ricopre anche il 4% delle zone a rischio frana, il 7% di quelle a pericolosità sismica alta e oltre il 4% di quelle a pericolosità molto alta.

Regioni

La Sicilia è più a rischio, contraddistinta dalla pericolosità idraulica. La Liguria è la regione con il valore più alto di suolo impermeabilizzato in aree a pericolosità idraulica (quasi il 30%). I danni riportati da Genova nell’esondazione del 2014 sono difficili da dimenticare. Il Veneto, con +785 ettari, è la regione che nel 2019 consuma più suolo (anche se meno del 2017 e del 2018). A seguire la Lombardia (+642 ettari), la Puglia (+625), la Sicilia (+611) e l’Emilia-Romagna (+404).

Segnali positivi si intravedono nella Valle d’Aosta con solo tre ettari di territorio impermeabilizzato nell’ultimo anno. Diventa quindi la prima regione vicina all’obiettivo consumo di suolo zero, dimezzando il terreno perso delle aree protette.

Comuni

Roma, con un incremento di suolo artificiale di 108 ettari, si conferma il comune italiano con la maggiore quantità di territorio trasformato in un anno. Si parla di 500 ettari dal 2012 ad oggi. Immediatamente dopo troviamo Uta in provincia di Cagliari con +58 ettari in un anno e Catania con +48 ettari. Meglio a Milano +125 ettari negli ultimi 7 anni. Firenze con un +16 e Napoli +24 con un consumo inferiore all’ettaro negli ultimi 12 mesi. Torino, dopo la decrescita del 2018, non riesce a confermare il trend positivo e riprende a costruire, perdendo 5 ettari di suolo naturale.

Intervento europeo

Le direttive europee (2000/60/CE) avevano messo in allarme già dal 2001. il verificarsi di tali eventi, e avevano emanato direttive che, prendevano per mano gli Stati ad effettuare delle manutenzioni periodiche del territorio, altrimenti, allertavano quelle norme, «succederanno delle vere e proprie catastrofi».

Con le norme (CE) n. 2012/2002 del Consiglio dell’Unione europea, dell’11 novembre 2002 si stanziavano anche fondi per prevenire le alluvioni, infatti si: «istituisce il Fondo di solidarietà dell’Unione europea, è possibile erogare tempestivamente un aiuto finanziario in caso di grave calamità per far sì che gli abitanti, le aree naturali, le regioni e i paesi colpiti possano tornare a condizioni il più normali possibile. Tuttavia, questi interventi del Fondo riguardano solo le operazioni di emergenza e non le fasi che la precedono».

Le altre istituzioni Ue

La comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 12 luglio 2004 presentava un’analisi e un approccio specifico per la gestione dei rischi di alluvioni a livello comunitario e affermava che un’azione concertata e coordinata a livello comunitario avrebbe apportato un notevole valore aggiunto e migliorato il livello globale di protezione contro le alluvioni.

Già nel 2000 le direttive europee avvertivano:

«Nell’elaborare le politiche relative agli usi idrici e territoriali, gli Stati membri e la Comunità dovrebbero tenere conto degli impatti potenziali che tali politiche potrebbero avere sui rischi di alluvioni e sulla gestione dei medesimi. Il territorio della Comunità è colpito da varie tipologie di alluvioni, come quelle causate dallo straripamento dei fiumi, le piene impreviste, le alluvioni urbane e le inondazioni marine delle zone costiere. I danni provocati da questi fenomeni possono inoltre variare da un Paese o da una regione all’altra della Comunità. Ne consegue pertanto che gli obiettivi per la gestione dei rischi di alluvioni dovrebbero essere stabiliti dagli stessi Stati membri e tener conto delle condizioni locali e regionali».

Inoltre si dava indicazione a predisporre piani di gestione del rischio alluvioni proprio per evitare catastrofi, infatti era necessario adottare soluzioni mirate in base alle priorità delle zone interessate promuovendo obiettivi di tutela ambientale stabiliti dalla legislazione comunitaria.

In particolare, gli Stati membri – continuava la direttiva – dovrebbero astenersi dall’adottare misure o dall’intraprendere azioni che avrebbero potuto aumentare significativamente il rischio di alluvioni in altri Stati membri, a meno che tali misure siano state coordinate e gli Stati membri interessati abbiano trovato una soluzione concordata.

Prevenzione

«I piani di gestione del rischio di alluvioni dovrebbero essere basati sulla prevenzione, sulla protezione e sulla preparazione. Al fine di conferire maggiore spazio ai fiumi, tali piani dovrebbero comprendere, ove possibile, il mantenimento e/o il ripristino delle pianure alluvionali, nonché misure volte a prevenire e a ridurre i danni alla salute umana, all’ambiente, al patrimonio culturale e all’attività economica».

Gli elementi dei piani di gestione del rischio di alluvioni dovrebbero essere riesaminati periodicamente e, se necessario, aggiornati, tenendo conto delle probabili ripercussioni dei cambiamenti climatici sul verificarsi delle alluvioni.

Ovviamente, secondo le notizie di questi ultimi dieci anni, dove sistematicamente le “bombe d’acqua” hanno devastato gli ambienti, le direttive sono state disattese.

Per poter disporre di un efficace strumento d’informazione e di una solida base per definire le priorità e adottare ulteriori decisioni di carattere tecnico, finanziario e politico riguardo alla gestione del rischio di alluvioni è necessario prevedere l’elaborazione di mappe della  pericolosità e di mappe del rischio di alluvioni in cui siano riportate le potenziali conseguenze negative associate ai vari scenari di alluvione, comprese informazioni sulle potenziali fonti di inquinamento ambientale a seguito di alluvioni.

Il principio di solidarietà

Il principio di solidarietà è estremamente importante nel contesto della gestione del rischio di alluvioni. Esso dovrebbe spronare gli Stati membri a trovare un’equa ripartizione delle responsabilità, quando misure riguardanti la gestione del rischio di alluvione lungo i corsi d’acqua sono decise collettivamente nell’interesse comune.

La  direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

L’esempio tedesco

Per quanto riguarda la prevenzione, invece, la Germania nel 2007, recependo la direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, ha investito 20 miliardi di euro per riconvertire i terreni convenzionali in biologici. Questa trasformazione ha portato l’assorbimento dell’acqua meteorica da una percentuale tra il 40% e l’80% in più rispetto ai terreni convenzionali.

Interessante risulta una ricerca scientifica di un Istituto tedesco condotta con il sostegno finanziario della Agenzia federale per la conservazione della natura. Studi comparativi sulle proprietà d’infiltrazione del terreno coltivato in modo convenzionale ed ecologico.

Così esordisce: Gli eventi alluvionali estremi degli ultimi tempi (1997 o, 2001 Vistola (Polonia), 2002 Elba, 2005 Regione alpina, 2006 Elba) hanno portato a gravi danni economici. I costi tecnici di protezione dalle inondazioni (ad es. aumento della diga, bacini di conservazione) graveranno tanto sui budget pubblici in futuro e lo sviluppo di strategie alternative per la protezione preventiva dalle inondazioni diventerà sempre più importante.

Quali sono i motivi

Le cause di questi eventi alluvionali sono diverse. Le sfavorevoli condizioni meteorologiche, l’impermeabilizzazione e compattazione del suolo e la riduzione d’infiltrazione d’acqua nel terreno svolgono un ruolo importante. Il deterioramento della capacità d’infiltrazione dei suoli è una specie di sigillo strisciante invisibile. La sigillatura repente deriva dal degrado della struttura del suolo e dei pori e dall’utilizzo di macchine sempre più grandi e pesanti. Ma anche dalla perdita di attività biologica, giustificate attraverso rotazioni colturali semplificate ed un uso intenso di pesticidi.

In sintesi tutto ciò che è stato sconvolto negli anni per le attività delle colture ha determinato uno strato degradante del sottosuolo. Questo ha determinato la filtrazione dell’acqua nelle colture stesse, e nel tempo gli eventi alluvionali hanno creato i danni precedentemente elencati.

Cosa fare

Smettere di cementificare, evitare di inquinare, curare il territorio con competenza, programmazione e lungimiranza. E soprattutto maggior attenzione al problema del cambiamento climatico. Riprogettare le città, come stanno facendo Tokyo e Copenaghen, per diffondere più verde.

 

Giorgio De Santis

Foto © Nasa, Il foro, Fare l’Europa, La testata, Europarl

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