Navalny, una scommessa rischiosa per Stati Uniti e Ue

0
934
Navalny

Il blogger russo rappresenta una politica non ideologica e populista, simile a quella visibile in alcune forze anti-sistema occidentali

Alzi la mano chi, alla notizia di un oppositore che va in carcere per aver protestato contro il Potere, non provi sdegno. Fermo restando che aleggiano molti dubbi sulla sua attuale detenzione, oltre che sulla condanna per frode del 2014 (poi sospesa, ma utile a impedirgli di candidarsi alle Presidenziali 2018). Molti degli arresti di cui è oggetto Aleksej Navalny spesso scaturiscono da azioni didisobbedienza” che automaticamente lo portano al fermo.

Come nel marzo 2017, quando le autorità di Mosca gli negarono l’utilizzo della centralissima Piazza Puškin per una manifestazione, proponendo due piazze periferiche in alternativa. Proposta che respinse, riunendo nonostante i divieti i suoi sostenitori in quella piazza dedicata al grande scrittore russo. O come quando evase di proposito dai domiciliari per partecipare a una manifestazione in suo favore, e si fece quindi ritrarre in manette a denunciare le politiche liberticide del Cremlino davanti agli inviati dei media stranieri.

Sfumature populiste

Quella che in Occidente viene descritta come un’alternativa politica reale a Putin è in realtà un’incognita: il movimento di questo avvocato quarantenne, che nasce con l’obiettivo legittimo della lotta alla corruzione in Russia, non sembra avere idee in fatto di politica economica, interna, estera. Che per proporsi come forza di governo non è poco. Diversamente dai dissidenti di epoca sovietica o dei proto-liberali dei primi anni della Russia eltsiniana, guidati comunque da una ideologia ben precisa, a Navalny e ai suoi pare mancare una strategia politica definita.

Per ora sono ancora all’anno-zero, alla fase di attacco al “sistema” senza riuscire a presentarsi come alternativi allo stesso. Alle nostre latitudini sarebbero catalogabili comepopulisti“, essendo anche impossibile scorgere nella loro politica elementi riconducibili alle grandi famiglie del socialismo democratico o del liberalismo. Anzi, in vecchi post del suo blog si scorgeva in Navalny più di una simpatia per la destra nazionalista, confermata da alcune immagini del 2012 che lo ritraevano in corteo circondato da bandiere nero-oro-bianche della Russia zarista.

“Unfit to rule”

Per questo motivo, considerate anche le prese di posizione anti-populismo che hanno accompagnato i quattro anni dell’era-Trump, il sostegno dichiarato di Stati Uniti e Unione europea a Navalny suona un po’ contraddittorio. È più probabile che Washington e Bruxelles vogliano avvantaggiarsi del peso mediatico del personaggio in chiave antirussa. Meno che intendano proprio scommettere su di lui come leader politico.

La prima ipotesi sarebbe la più plausibile, visto che Navalny ad oggi è un grattacapo più mediatico che politico per il Cremlino. Dal punto di vista della realpolitik, foraggiarlo e farlo crescere politicamente per dare attuazione alla seconda ipotesi rappresenterebbe un rischio per la stabilità internazionale. Navalny è unfit to rule (ossia, inadatto a governare) e se qualcuno ha in mente di disegnare uno scenario da Euromaidan in Russia sta puntando sull’uomo sbagliato.

I rischi di un azzardo

Gli evidenti limiti del regime change che gli Usa di Obama e Biden hanno sostenuto tra nel 2014 in Ucraina impongono estrema prudenza. L’allora Amministrazione Dem volle scommettere su di un’accozzaglia di nazionalisti senza arte nè parte, che si dimostrarono incapaci fin da subito di gestire la transizione. Il risultato più eclatante fu la guerra civile nel Donbass, con la sua scia di sangue, lutti e distruzione.

Una instabilità politica a Mosca o addirittura la sostituzione dell’attuale establishment con una non in grado di controllare l’immenso territorio russo darebbe il via a decine di spinte centrifughe, con l’accensione di altrettanti focolai di crisi simili a quelli generati trent’anni fa dalla dissoluzione dell’Urss, alcuni dei quali peraltro ancora vivi (vedi il Nagorno Karabakh). Per il suo ruolo geopolitico, la Russia vale cento volte l’Ucraina e provocare un vuoto di potere al Cremlino sarebbe, per gli equilibri mondiali, un problema cento volte maggiore di quello generato dalla crisi a Kiev.

 

 

Vedi anche l’altro nostro articolo su eurocomunicazione.eu

 

Alessandro Ronga

Foto © Wikicommons Rave, Feldman, Quora

Video © Eurocomunicazione

Articolo precedenteEU4Health, l’Europa risana la sanità
Articolo successivoMigranti, processione in viaggio verso il sogno americano
Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui