Myanmar: libertà sospesa a tempo indeterminato

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MYANMAR

Il colpo di Stato rende plumbeo l’orizzonte birmano

Isolamento mediatico

A Yangon, capitale del Myanmar sino al 2005, servizi di telefonia e connessione Internet sono sospesi.

La rete televisiva MRTV non ha modo di rendere edotto il mondo là fuori di cosa sta accadendo. I giornalisti guardano fuori dalle redazioni i tanti militari che trasportano e piegano abilmente il filo spinato, pronto a ingabbiare pensieri e movimenti.

Azione

Aung San Suu Kyi, leader della Lega nazionale per la democrazia (National League for Democracy – NLD) – il governo civile – e il presidente Win Myint sono tratti in arresto. «Voglio dire alla nostra gente di non rispondere avventatamente e voglio che agiscano secondo la legge», ha dichiarato Win Myint a pochi minuti dall’arresto. La sua voce è stata accompagnata da quella inflessibile di San Suu Kyi, che ha ricordato ai suoi sostenitori di non cedere, di non piegarsi.

Myanmar - Getty Images

L’azione non è dettata da nervosismi passeggeri, ma da lunga premeditazione: dalle elezioni dell’8 novembre 2020, vinte con ampio margine dalla leader nota alle cronache politiche e umanitarie tanto per le sue battaglie per la democrazia e un Nobel per la Pace, che per il trattamento riservato al popolo Rohinga.

La reputazione incrinata, ha ripreso il passo della pasionaria, riuscendo con il carisma che la contraddistingue a mettere d’accordo una maggioranza giudicata come pericolosa da parte dei suoi, moltissimi, detrattori.

Intervista

Leggere tra le righe a diversi meridiani di distanza non è facile: abbiamo quindi chiesto a un esperto di cultura e politica asiatica di guidarci nella lettura.

Marco Restelli, giornalista – allievo di Tiziano Terzani e per anni docente di Cultura indiana al Dipartimento di Scienze della mediazione linguistica e Studi interculturali dell’Università degli Studi di Milano – ci prende per mano.

Professor Restelli, ci racconti qualcosa sulle ragioni che hanno portano all’interruzione della libertà in Myanmar, dopo una decina d’anni di speranza. «La prima domanda che i lettori devono farsi è: perché ora?», esordisce.

E prosegue: «Ma prima occorre fare una premessa. La Birmania ha avuto elezioni libere nel 1990, nel 2015 e nell’autunno del 2020. Tuttavia solo nell’ultima tornata le proporzioni del consenso per un rientro reale alla democrazia sono state schiaccianti: 396 seggi su 476, circa l’80% delle preferenze».

MYANMAR - Thein Zaw Associated Press

La leader della Lega nazionale per la democrazia, che il nostro ospite chiama con l’appellativo che le danno in patria – the Lady – ha recentemente ottenuto con il suo partito la maggioranza in 20 Stati su 21. Lo Stato – o Regione – di Shan, il più orientale della Birmania, le ha infatti voltato le spalle.

Il 1° febbraio si sarebbe dovuta tenere la prima riunione del Parlamento

Abbiamo sentito la televisione militare, unica fonte autorizzata a trasmettere, dire che l’esercito ha preso il controllo del Paese per un anno, e che il potere è passato al comandante in capo, il generale Min Aung Hlaing.

I media con le stellette hanno anche affermato che l’esercito ha arrestato alti dirigenti del governo, in risposta alla scoperta di frodi avvenute in occasioni delle ultime elezioni.

Per quale ragione la figlia del padre della patria, eroe nazionale dell’indipendenza birmana, non ha – finalmente – potuto governare? Perché ora, chiediamo adesso noi al professor Restelli. «Le ragioni rivendicate sono quelle di brogli nella conta delle schede per la Lega: aumentate, addirittura gonfiate, secondo i militari». Continua spiegando che «nel 2008 i militari approvarono la nuova Costituzione, che dava loro poteri straordinari».

Chiediamo di farci comprendere meglio.

La Costituzione del 2008 parteggia per i militariMYANMAR - Reuters

Restelli elenca tre punti che rendono il peso dell’Esercito – al potere dal 1962, con una breve e solo parziale pausa – difficile da bilanciare: «Per prima cosa la Costituzione prevede che il 25% dei seggi in Parlamento sia riservato a membri non eletti scelti dal comandante in capo delle forze armate; essa prevede allo stesso tempo che una eventuale riforma costituzionale debba essere votata da oltre il 75% dei deputati. Questo garantisce all’esercito potere effettivo di veto sulle riforme, blinda le decisioni.

Il destino di 54 milioni di cittadini è ancora una volta precario

Inoltre la Costituzione concede ai militari di mantenere il controllo su tre ministeri: Sicurezza, Difesa e Affari interni». Questo determina la conseguente gestione dei confini – il controllo delle frontiere – delle forze di polizia, dei servizi di intelligence, delle forze armate».

A cosa corrisponde il terzo punto strategico a favore dei militari? «Il diritto di nomina di uno dei due vicepresidenti! Pensi – aggiunge – chi potrà governare ora che il presidente Win Myint e Aung San Suu Kyi sono stati presi dai militari. Con il loro arresto, il gioco è fatto: comanda, di fatto, Min Aung Hlaing, capo di Stato Maggiore dell’Esercito».

Dura lex, sed lex

Il golpe in Myanmar non è affare che può lasciare in silenzio la politica internazionale. Quali sono state le reazioni dei potenti della Terra? «Intanto ricordo che il golpe, dal 2008, è costituzionale.

Se qualcosa minaccia la stabilità della Nazione, come ad esempio la pandemia, i militari possono prendere il controllo.

Inoltre presunti brogli hanno invalidato le elezioni, i cui risultati sono stati quindi ritenuti inverosimili: la Birmania per – almeno – un anno sarà gestita dal potere militare», afferma.

«Le reazioni sono state molto differenti tra loro», afferma poi Restelli. «La Thailandia ad esempio ha fatto spallucce. E non per indifferenza, ma per triste abitudine, avendo sperimentato 13 colpi di Stato».

Noi aggiungiamo che la Thailandia ha rafforzato la sicurezza al confine con il Myanmar, dopo il colpo di Stato militare del vicino Paese. «Attenzione, ora arriviamo al paradosso.

La Cina ha espresso speranza per il raggiungimento di un accordo, al rientro della democrazia reale, cui si giunga però nel rispetto dell’ordinamento costituzionale», conclude il professor Restelli. «La Cina, in sintesi, non condanna il golpe».

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha convocato una riunione straordinaria sulla situazione

L’Onu conferma attraverso il segretario generale António Guterres “il sostegno al popolo e al governo del Myanmar”, denunciando il grave colpo inflitto alle riforme democratiche.

Tom Andrews, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel Paese asiatico afferma che la situazione è “molto preoccupante”. E che quanto “molti hanno temuto, sta effettivamente accadendo”.

Parole di condanna dal mondoMYANMAR-Lauren-Decicca

Il neo presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden è intervenuto attraverso il suo addetto stampa, Jen Psaki. Egli ha affermato che gli Stati Uniti si sono opposti “a qualsiasi tentativo di alterare l’esito delle recenti elezioni o di impedire la transizione democratica del Myanmar, e agiranno contro i responsabili“.

Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha inoltre richiesto a gran voce il rilascio di Aung San Suu Kyi e di altri detenuti.

«La giunta militare che ha governato il Myanmar per decenni non si è mai veramente allontanata dal potere», ha dichiarato John Sifton, direttore per la difesa asiatica di Human Rights Watch. «Non si sono mai veramente sottomessi all’autorità civile, quindi gli eventi di oggi in un certo senso stanno semplicemente rivelando una realtà politica che già esisteva».

«Gli Usa hanno rimosso le sanzioni contro la Birmania negli ultimi dieci anni sulla base dei progressi verso la democrazia», ​​ha spiegato Biden in una dichiarazione.

«L’inversione di questo progresso richiederà un’immediata revisione […] seguita da un’azione appropriata. Gli Stati Uniti si schiereranno per la democrazia ovunque siano sotto attacco».

Giungono parole di forte critica all’azione militare anche dalla Nuova Zelanda, che chiede attraverso il ministero degli Affari esteri e del commercio “il rapido rilascio di tutti i detenuti”. E che “qualsiasi problema venga risolto attraverso un dialogo pacifico“. La nota continua, asserendo che “la volontà democratica del popolo dovrebbe essere rispettata“.

I nostri connazionali in Myanmar

Alcuni giorni fa l’Ambasciata italiana a Yangon informava i connazionali residenti nel Paese che “in vista del rinnovo di alcune importanti cariche istituzionali previsto nelle prossime settimane, e a seguito di nuove contestazioni del risultato delle elezioni dell’8 novembre 2020, si sta registrando un forte innalzamento della tensione sul piano interno“.

“Si consiglia pertanto di seguire con la massima attenzione gli avvenimenti, limitare gli spostamenti, restare lontani da eventuali manifestazioni. E da luoghi carichi di simbolismo, quali a Yangon la Swe Dagon e la Sule Pagoda, uffici pubblici e sedi di partito”.

Stato di emergenza

Nelle ultime ore la medesima ambasciata ha aggiornato le news sul sito istituzionale, ove leggiamo: stato di emergenza. Che le autorità militari hanno dichiarato per la durata di un anno.

Il comandante in csmapo dell’Esercito ha assunto pieni poteri. Si registrano arresti di importanti figure istituzionali ed esponenti della società civile, nonché difficoltà nelle comunicazioni, a causa delle interruzioni del sevizio internet e gsm.

Alla luce della situazione e delle possibili tensioni, si raccomanda nuovamente a tutti i connazionali presenti a qualsiasi titolo di esercitare la massima cautela, limitare gli spostamenti e seguire sempre le indicazioni delle autorità locali.

Torniamo a guardare alle Nazioni Unite, affinché si impegni con il massimo sforzo

Per il “perseguimento della pace, dello sviluppo inclusivo sostenibile, dell’azione umanitaria, della protezione dei diritti umani e dello stato di diritto”.

 

Vedi anche l’altro nostro articolo su eurocomunicazione.eu

 

 

Chiara Francesca Caraffa

Foto © The Guardian, Ghetty Images, Thein Zaw Associated Press, Reuters, Lauren Decicca

Video © Eurocomunicazione

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Chiara Francesca Caraffa
Impegnata da sempre nel sociale, è Manager del Terzo Settore in Italia, ove ricopre ruoli istituzionali in differenti Organizzazioni Non Profit. Collabora con ETS in Europa e negli Stati Uniti, dove promuove iniziative per la diffusione della consapevolezza dei diritti della persona, con particolare attenzione all'ambito socio-sanitario. Insegna all'International School of Europe (Milan), dove cura il modulo di Educazione alla salute. Cultrice di Storia della Medicina e della Croce Rossa Internazionale ed esperta di antiquariato, ha pubblicato diversi volumi per Silvana Editoriale e per FrancoAngeli.

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