Google, Facebook e il sostegno ai media

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Ricostruire l’industria dell’informazione online è ora imperativo

Google stipula accordi multimilionari per pagare le società di media e le agenzie di stampa per i contenuti che appariranno su Google News Showcase, il prodotto creato per negoziare con i media accordi sulla remunerazione a fronte della diffusione di notizie online.

News Corp, di proprietà del magnate dei media Rupert Murdoch, ha firmato un accordo triennale con Google che coprirà le sue pubblicazioni globali, e da cui riceverà entrate pubblicitarie. Facebook è invece sotto accusa per aver impedito agli utenti australiani di accedere ai contenuti multimediali: uno schiaffo alla democrazia.

Usa e Uk condannano aspramente la notizia, diffusa nelle scorse ore

Mentre Google ha stretto accordi preventivi con diversi punti vendita prima dell’introduzione del codice dei media australiani, la sfida di Facebook ai legislatori ha provocato feroci attacchi in Australia e su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Scott Morrison, primo ministro australiano, definisce le azioni della società «tanto arroganti quanto deludenti». Julian Knight, presidente del comitato digitale, cultura, media e sport del parlamento britannico, pensa che «Questa azione – questa azione da bulli – che hanno intrapreso in Australia, accenderà tra i legislatori di tutto il mondo il desiderio di andare oltre». Knight aggiunge che quanto sta accadendo rappresenta il “vero banco di provadi come i giganti della tecnologia dovrebbero essere regolamentati.

Antefatti

Nel luglio 2020 l’Australia, dopo una fase prodromica iniziata in aprile, ha deciso di contrattare con Facebook e Google – in una prima mondiale – condizioni economiche per la pubblicazione di notizie sulle piattaforme digitali.

La Australian Competition and Consumer Commission – ACCC ha quindi pubblicato la bozza del codice di contrattazione sui media.

Esso, consentendo alle agenzie la diretta contrattazione con Facebook e Google, mira ad affrontare lo squilibrio del potere contrattuale tra gli editori di notizie e le principali piattaforme digitali.

Pagare i contenuti

Gli editori – che sostengono spese ingenti per il pagamento dei professionisti della comunicazione – potrebbero così ottenere un pagamento equo, rimpolpando le entrate pubblicitarie che finanziano il giornalismo.

A loro spetta la diffusione di notizie fondamentali. Non è d’accordo Facebook, che nel 2020 affermava che “le notizie non determinanon un valore commerciale significativo a lungo termine”. In disaccordo il mondo giornalistico australiano, che deve affrontare questioni pubblicamente significative, informare circa il processo decisionale democratico, coinvolgere la comunità nel dibattito pubblico.

I servizi oggetto dei negoziati

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La gamma di servizi Facebook soggetti ad arbitrato include Facebook News Feed, Instagram e la scheda Notizie di Facebook. I servizi di Google sono Google Search, Google News e Google Discover.

La bozza di codice introduce una serie di “standard minimi” per le piattaforme digitali.

Tra queste, vige l’obbligo per Google e Facebook di fornire un preavviso di 28 giorni per apportare qualsiasi modifica agli algoritmi (gestiti negli Usa) che influirà sul traffico di riferimento alle notizie o sulla classifica delle notizie dietro i cosiddetti paywall. Google e Facebook dovranno inoltre fornire alle agenzie d’informazione notizie chiare sulla natura e sulla disponibilità dei dati degli utenti, raccolti attraverso le interazioni degli utenti stessi con le notizie.

Infine, Google e Facebook dovranno consentire alle agenzie la possibilità di scegliere dove far apparire le loro notizie. Un articolo, ad esempio, può quindi comparire attraverso la ricerca Google, ma non su Google News.

WhatsApp (di proprietà di Facebook) e YouTube (di proprietà di Google) non sono inclusi nella contrattazione.

Nazionale o locale

Uno studio ha preso in esame i consigli di ricerca su Google News in 3.000 contee negli Usa: il risultato mostra che la piattaforma privilegia le informazioni nazionali rispetto a quelle locali. La preferenza riguarda soprattutto gli argomenti di interesse nazionale; e questo, se da una parte dà maggiore copertura con migliori contenuti a livello nazionale, penalizza dall’altra la comunicazione dei concorrenti locali.

Google News, insomma, indirizza i lettori interessanti alle principali questioni alle maggiori agenzie nazionale. Secondo la ricerca, le tre principali agenzie statunitensi convogliano un sesto di tutti i risultati di ricerca. Merito, o demerito, dei filtri.

Una bolla pericolosa

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Da cosa dipende il risultato delle nostre ricerche online? Alcuni – non pochi, nè sprovveduti – ritengono che dipenda dalle nostre identità personali, ideologie e localizzazione geografica.

Se fosse così, il rischio sarebbe quello di una sorta di ghettizzazione preventiva, capace di produrre divisioni sociali.

Altri ci vengono in soccorso, parlando di un’unica bolla di filtraggio: uguale per tutti, almeno non farebbe pericolose distinzioni ex ante.

Ritorno al presente: tregua per Google

Don Harrison, presidente della Global Partnerships di Google, in occasione della partnership con News Corp non esita ad affermare che «speriamo di poter annunciare nuove partnership molto presto».

Robert Thomson, amministratore delegato di News Corporation, afferma con soddisfazione che per molti anni «siamo stati accusati di inclinare i mulini a vento tecnologici, ma quella che era una campagna solitaria, una ricerca donchisciottesca, è diventata un movimento, e sia il giornalismo che la società [ne] saranno migliorati».

Rupert Murdoch, che con la News Corp possiede una quantità impressionante di organi di stampa, è l’ultimo beneficiario di una partnership con il gigante tecnologico. Riceverà pagamenti significativi in ​​tre anni, una quota delle entrate pubblicitarie e l’inclusione nello sviluppo di una piattaforma di abbonamento.

La società possiede, tra le altre pubblicazioni, The Sun, The Times, Wall Street Journal e Australian.

Questa «è stata una causa appassionante per la nostra azienda per oltre un decennio, e sono lieto che le condizioni di scambio stiano cambiando, non solo per News Corp, ma per ogni editore», conclude Thomson.

Facebook nel mirino delle democrazie

Annie Spratt@UnsplashFacebook ha impedito agli utenti australiani l’accesso alle notizie, isolando la comunicazione con l’Australia sia in entrata che in uscita. Ha bloccato cioè la fruizione di tutti i contenuti multimediali sulla propria piattaforma, dichiarando che a tali contenuti si dovesse accedere a fronte di un pagamento.

La risposta di politici, agenzie di stampa ed esponenti della società civile nordamericani e britannici è unanime: occorre contenere il potere di Facebook.

David Cicilline, presidente del Comitato antitrust della Camera degli States, ha suggerito in merito che la mossa «non era compatibile con la democrazia». Ha poi scritto su Twitter che «minacciare di mettere un intero Paese in ginocchio per accettare i termini di Facebook è l’ammissione definitiva del potere di monopolio».

Atti di bullismo da contenere

Aidan Feddersen@Unsplash

Oltre alle tradizionali testate giornalistiche, in Australia sono state infatte bloccate anche le pagine del governo, incluse quelle dei vigili del fuoco. E poi quelle dei servizi di salute mentale, di emergenza e persino di previsioni meteorologiche. Infine, le pagine relative alla comunità, alla salute delle donne e alla violenza domestica.

Amnesty International Australia ritiene “estremamente preoccupante” quanto accaduto. Uguale posizione quella dello Human Rights Watch Australia, che ammonisce «interrompere l’accesso a informazioni vitali a un intero Paese nel cuore della notte è inconcepibile».

Ue e Italia

Absolutvision@UnsplashNon restano a guardare i politici europei e, per quanto concerne il nostro Paese, restiamo in attesa di sapere se presto accordi e intese interessanti riguarderanno anche l’Italia. Google News Showcase cambierà il nostro modo di accedere alle informazioni online? Chissà se, nel mentre, torneremo a sporcarci le mani con il classico, intramontabile inchiostro.

 

Chiara Francesca Caraffa

Foto © Unsplash: Obi Onyeador, Felix Mittermeier, Museums Victoria, Marc Sendra Martorell, Annie Spratt, Aidan Feddersen, Absolutvision

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Chiara Francesca Caraffa
Impegnata da sempre nel sociale, è Manager del Terzo Settore in Italia, ove ricopre ruoli istituzionali in differenti Organizzazioni Non Profit. Collabora con ETS in Europa e negli Stati Uniti, dove promuove iniziative per la diffusione della consapevolezza dei diritti della persona, con particolare attenzione all'ambito socio-sanitario. Insegna all'International School of Europe (Milan), dove cura il modulo di Educazione alla salute. Cultrice di Storia della Medicina e della Croce Rossa Internazionale ed esperta di antiquariato, ha pubblicato diversi volumi per Silvana Editoriale e per FrancoAngeli.

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