Festa della mamma, amata in famiglia, odiata a lavoro

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Festa della mamma

Per il sesto anno Save the Children stila il rapporto In Italia e la situazione è tutt’altro che rassicurante

La posizione delle donne in ambito lavorativo torna in primo piano a pochi giorni dalla festa della mamma con il rapporto “Le Equilibriste 2021” di Save the Children. Dal documento si evince che è ancora ampio il divario tra Nord e Sud Italia per la vita delle mamme nel Belpaese.

Dati allarmanti

La pandemia da Covid-19 ha inciso sulla vita di tutti noi e tanti sono i cambiamenti, tra lockdown, mascherine, distanziamento. Ma a soffrirne di più sono, sicuramente, le mamme e di conseguenza i bambini. Purtroppo il numero delle donne che hanno perso il lavoro si aggira intorno a 249 mila, di queste, 96 mila sono mamme. Inoltre, 4 su 5 hanno figli con meno di 5 anni. Donne che si sono trovate nella posizione di mettere in discussione la propria attività lavorativa per seguire i bambini. I quali a causa delle restrizioni non hanno più avuto asili nido e scuole materne dove andare ad apprendere e a giocare.

La maternità in Italia

Già prima della pandemia la situazione per le mamme italiane non era rosea. Infatti molte donne sono lasciate fuori dal mercato del lavoro dato che, ancora oggi, risulta difficile coniugare vita lavorativa e realizzazione personale. Con l’avvento del Covid-19 la situazione non è di certo migliorata, e le nascite nel Belpaese registrano un’ulteriore flessione. Meno 16 mila nel 2020 (-3,8% rispetto all’anno precedente).

Save the Children nel sesto rapportoLe Equilibriste: la maternità in Italia 2021”, analizza proprio la condizione delle madri durante la pandemia. Purtroppo ne esce un quadro molto allarmante che sottolinea le tante difficoltà che hanno dovuto affrontare milioni di mamme in Italia (6 in totale nel nostro Paese).

Stando ai dati, nel solo 2019 le dimissioni o risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro di padri e madri hanno riguardato 51.558 persone. Ma oltre 7 provvedimenti su 10 (37.611, il 72,9%) riguardavano lavoratrici madri. Le motivazioni sono sempre da ricercarsi nella difficoltà di conciliare l’occupazione lavorativa con le esigenze della prole.

L’Italia, infatti, detiene il primato delle madri più anziane d’Europa per la nascita del primo figlio, 31,3 anni contro una media di mamme in Ue di 29,4. Questo perché diventare madri nel Belpaese significa percorrere un vero e proprio percorso a ostacoli.

Pandemia e maternità

Sono in totale 456 mila i posti di lavoro evaporati (-2% rispetto al 2019) e le più colpite sono le donne che rappresentano 249 mila unità (-2,5%) rispetto ai 207 mila uomini (-1,5%). In particolare, guardando al versante delle madri, il saldo delle occupate fa segnare un calo di -96 mila donne tra il 2019 e il 2020. Di queste, in particolare, 77 mila in meno tra coloro che hanno un bambino in età prescolare. Mentre risultano aumentate le madri occupate con figli da 11 a 17 anni (+27 mila). I tassi di occupazione dei 15-64enni decrescono per entrambi i generi, passando al 67,2% per gli uomini (- 0,8%) e al 49% per le donne (- 1,1%).

Festa della mammaIn questo modo, i divari di genere, già consistenti in precedenza, si esasperano e nel 2020 raggiungono la soglia del 18,2%, penalizzando come sempre, alcune aree. Se al Nord e al Centro, infatti, si mantengono intorno al 15%, il divario si allarga fino a 23,8% nel Mezzogiorno.

Secondo le stime, il lockdown, avrebbe travolto un totale di circa 2,9 milioni di nuclei con figli minori di 15 anni in cui entrambi i genitori (2 milioni 460 mila) o l’unico presente (440 mila) erano occupati. Lo “stress da conciliazione”, in particolare, è stato massimo tra i genitori che non hanno potuto lavorare da casa, né fruire dei servizi (formali o informali) per la cura dei figli. Si tratta di 853 mila nuclei con figli 0-14enni, nello specifico 583 mila coppie e 270 mila monogenitori, questi ultimi in gran parte (l’84,8%) donne.

Sostegni governativi

La pandemia ha fatto chiaramente esplodere le mancanze della politica nel sostegno alla genitorialità. Il Governo è corso ai ripari nella prima prima fase del lockdown con l’introduzione di alcuni sostegni pensati per i genitori. Infatti, ha introdotto il concedo parentale straordinario e un bonus Baby-sitter. Questi solo per famiglie in cui entrambi i genitori erano occupati e nessun beneficiario di cassa integrazione o altri ammortizzatori.

Con il Decreto Cura Italia (DL 18/2020) ha previsto un congedo fino a 15 giorni retribuiti al 50% per genitori lavoratori con figli fino a 12 anni. In alternativa, la possibilità di percepire un bonus baby-sitting fino a 600 euro. Poi, resosi conto che per i successivi 15 giorni i bambini non sapevano comunque dove andare, con il Decreto Rilancio (DL34/2020) il congedo straordinario è stato esteso a 30 giorni. Così come l’aumento del bonus baby-sitting fino a 1.200 euro, elevato a 2.000 euro per i lavoratori del settore sanitario e altri lavoratori in prima linea nell’emergenza.

Inoltre, per i lavoratori con figli fino a 16 anni era consentito astenersi dal lavoro, senza stipendio e senza perdere il posto, nel periodo di chiusura delle scuole e dei servizi alla prima infanzia. Successivamente, da settembre a fine dicembre 2020, il congedo straordinario è stato previsto nei casi in cui i figli dovessero restare a casa per quarantena o nelle zone in cui le scuole sono state chiuse nuovamente.

I nodi vengono al pettine

Risulta piuttosto evidente che c’è una notevole urgenza di mettere in atto misure in grado di pensare ai bambini da zero a 6 anni. La politica deve subito intervenire. Ci devono essere servizi di qualità e gratuiti in cui i bambini abbiano la possibilità di apprendere e di vivere contesti educativi necessari al loro sviluppo.

In alcune Regioni, ad esempio, gli asili nido sono quasi inesistenti o comunque funzionano male. Questo nonostante, dal 2017, siano entrati a pieno titolo nel sistema di istruzione. Una misura necessaria a dare ai bambini maggiori opportunità educative sin dalla primissima infanzia. Inoltre contribuirebbe a colmare i rischi di povertà educativa per le famiglie più fragili. Ma riporterebbe anche le donne e in particolare le madri nel mondo del lavoro.

La Commissione europea ha indicato come obiettivo minimo entro il 2030 per ciascun Paese membro di almeno dimezzare il divario di genere a livello occupazionale rispetto al 2019. Una sfida molto impegnativa per l’Italia già ben prima dell’impatto della pandemia e che ora diventa una missione quasi impossibile da vedere realizzata.

Non solo maternità

Il Governo dovrebbe essere più celere e incisivo anche nei provvedimenti per le liti domestiche. In un indagine condotta dall’Istat i dati parlano chiaro. Nel 2020, soprattutto durante il periodo del lookdown, le chiamate al 1522, numero contro la violenza e lo stalking, sono aumentate vertiginosamente. Purtroppo a subire violenza, oltre alle madri, sono anche i bambini, (incremento dell’85,6%). Questo perché assistono a scene raccapriccianti. Dove sempre più donne per proteggere i figli sopportano varie forme di discriminazione, soprusi e aggressioni fisiche e verbali.

 

 

Ginevra Larosa

Foto © Comune di Calusco d’Adda, Digital4, Positano news, Linkiesta
Video © Eurocomunicazione

 

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