Solo Mafie, pizza e mandolino? Gli stereotipi sull’Italia fanno male (all’Italia)

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“Non ordinare una ‘ndrangheta come dolce”, uno spot belga infelice, frutto di stereotipi la cui colpa è molto spesso anche italiana. Percezione vs realtà del tasso di criminalità

Sostengo da decenni che la percezione dell’opinione pubblica non è sufficiente per stabilire il livello di frode, corruzione o criminalità di un Paese. Ancora di più per l’Italia. L’algoritmo della percezione non misura le realtà.

Ma le cronache nazionali, intrise dal “sistema” mediatico-giudiziario emerso dall’affaire Palamara, da “magistratopoli”, e quello della vera o presunta “loggia Ungheria” non aiutano certo a migliorare la percezione del nostro Paese nel Mondo. Compresa quella che ha a Bruxelles. Capitale del Belgio ma pure dell’Unione europea.

Anche se Stati con bassi livelli di percezione, come ad esempio il Belgio, sono tutt’altro che immuni dal crimine organizzato e dalla corruzione. Lo ha sostenuto nel 2019 anche il GRECO, l’organismo anticorruzione del Consiglio d’Europa che, nel suo Rapporto annuale 2019, ha richiamato l’attenzione sul fatto che la percezione, da parte del pubblico, di bassi livelli di corruzione in alcuni Paesi può portare a sottovalutare la necessità di adottare misure per combattere le pratiche corruttive. Lo stesso vale per tutte le altre forme di criminalità.

Eurispes

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In Italia l’Eurispes ha sostenuto negli ultimi anni la stessa tesi, dopo una ricerca approfondita dedicata al tema, curata da Giovanni Tartaglia Polcini e intitolata “La corruzione tra realtà e rappresentazione. Ovvero: come si può alterare la reputazione di un Paese”.

L’Istituto aveva sottolineato che la costruzione di indicatori validi ed efficaci a rappresentare i molteplici aspetti relativi al fenomeno “corruzione” rappresenta il primo ed essenziale passo verso il controllo, la prevenzione e il contrasto.Italia Senza misure accurate e affidabili non solo diventa difficile cogliere l’estensione e l’ordine di grandezza del fenomeno, ma anche indirizzare strategie di intervento istituzionale e politico di contrasto e repressione.

Ora, le affermazioni del Consiglio d’Europa, segnando una pagina storica, danno pienamente ragione all’Eurispes ma anche a chi scrive, da anni convinto di questa discrepanza, soprattutto in Paesi come l’Italia, tra percezione e realtà di tali fenomeni criminali.

L’indice di percezione della criminalità una spada di Damocle sulla testa degli italiani

Se si riflette sul fatto che l’Indice di percezione della corruzione, ma anche della criminalità in generale, è assurto a livello internazionale a parametro di riferimento sulla affidabilità dei Paesi e dei loro sistemi giuridici ed economici, si può ben comprendere come il benché minimo errore nell’uso di certe misurazioni possa gravemente falsare la comparazione e la competizione tra le Nazioni. Sul piano più concreto, dipingere un Paese come corrotto o anche più corrotto di quanto realmente non sia, può avere – come in effetti ha – conseguenze indirette sull’economia. Attribuire un rating superiore a ordinamenti che non dispongono di istituti giuridici ritenuti modello di riferimento globale, costituisce operazione quantomeno illogica se non criticabile in sé.

Realtà vs Percezione, in una presentazione della Rete dei Comunicatori Anti-frode dell’OLAF (l’Ufficio Europeo per la Lotta alla Frode) nello scorso decennio.

Andrebbe difatti spiegato, ad esempio, il perché sistemi ritenuti a minor tasso di corruzione importino istituti giuridici e sistemi organizzativi ritenuti più avanzati in questa materia proprio da Paesi, come l’Italia, che li seguono di decine di posizioni nel citato rating CPI (Corruption Perception Index).

Gli Indici di percezione, oltre che non affidabili, non sono idonei a disegnare l’esatto livello di enforcement che un Paese ha raggiunto nella prevenzione e repressione della corruzione.

Italia all’avanguardia nella lotta alla corruzione. Chi lo direbbe?

È da notare, poi, che la stessa Transparency International ha voluto sottolineare apertamente l’impegno italiano nel pubblicare il rapporto Exporting CorruptionAssessing enforcement of the OECD Anti-Bribery Convention a settembre del 2018. “Gli sforzi normativi degli ultimi anni e la crescente efficacia di procedure e le Forze dell’ordine nel perseguire i reati di corruzione hanno portato l’Italia nel gruppo dei migliori” per le attività di contrasto attive verso le società che corrompono all’estero. L’Italia è stata classificata nella categoria “attiva”, livello massimo, circa l’attuazione dei princìpi contenuti nella Convenzione Ocse contro la corruzione internazionale.

Lo stesso Rapporto del 2020 classifica, come Eurocomunicazione aveva messo in evidenza, l’Italia al 52esimo posto sui 180 Paesi oggetto dell’analisi. Il nostro Paese, dunque, pur mantenendo il punteggio (53) attribuitogli nell’edizione 2019, perde una posizione in graduatoria.

Secondo un sondaggio Eurobarometro commissionato dall’Ufficio Europeo per la Lotta Anti-Frode in occasione dell’allargamento del 2004, l’esperienza diretta dei cittadini italiani in materia di corruzione era tra le più basse in Europa. A differenza del loro livello di percezione.

Il CPI 2020 segna un rallentamento del trend positivo che aveva visto l’Italia guadagnare 11 punti dal 2012 al 2019, pur confermandola al 20simo posto tra i 27 Stati membri dell’Unione europea. Danimarca e Nuova Zelanda continuano ad attestarsi tra i Paesi più virtuosi, con un punteggio di 88.

La Ricerca

In occasione della presentazione della RicercaLa corruzione tra realtà e rappresentazione. Ovvero: come si può alterare la reputazione di un Paese”, il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, aveva duramente criticato la costruzione delle classifiche di corruzione nei diversi Paesi, basate esclusivamente sugli Indici percettivi.

Ovviamente, non intendiamo sostenere che l’Italia sia immune dalla corruzione o che la corruzione stessa non ne abbia caratterizzato la storia antica e recente. Ciò che vogliamo, invece, fortemente affermare è che il nostro Paese è anche meno corrotto degli altri, che reagisce alla corruzione più degli altri, che non la tollera e che combatte il malaffare e oggi lo previene anche meglio degli altri. L’Italia, nonostante la collocazione in classifica, è uno dei Paesi più attivi nella repressione della corruzione, grazie al lavoro delle Forze dell’ordine e della Magistratura. Il fenomeno appare maggiore che in altri Paesi perché la normativa impone e consente di combatterlo duramente ed efficacemente”.

Quello che l’Eurispes auspica è la costruzione di una batteria di indicatori condivisi, di carattere oggettivo, attraverso i quali poter descrivere un quadro credibile. Vi sono ampi margini di miglioramento per le tecniche di misurazione della corruzione, seriamente in grado di riscrivere le graduatorie più diffuse sul piano globale. È perciò doveroso contribuire all’evoluzione del relativo dibattito scientifico, per favorire una fotografia comparativa della realtà globalizzata più rispondente a dati storici e reali.

Stereotipi del tasso di criminalità tra Italia e Belgio

A questo proposito, dobbiamo ricordare che per anni abbiamo sostenuto, sulla base della nostra esperienza, il fatto che non si possono redigere classifiche di Paesi più corrotti o che frodano più di altri se non si tiene conto anche degli strumenti che si utilizzano per scoprire i fenomeni corruttivi o fraudolenti.

In Italia, ad esempio, abbiamo una Guardia di Finanza, con strumenti investigativi che non hanno pari negli altri Paesi europei, e non solo. E allora anche questo va ricordato, quando molti, per anni, hanno dipinto l’Italia solo come il Paese della Frode. E non anche quello della lotta alla frode, alle mafie e alla corruzione.

L’italia, anche negli USA, non é solo Mafia, ma anche Anti-Mafia. Da sempre. Nella foto, a sinistra, Joe Petrosino, uno dei primi eroi e martiri della lotta alla Mafia. Eroe celebrato dalla Polizia di New York.

Quindi non si può combattere la frode, come la corruzione e la criminalità, in Europa, se non si tiene conto delle differenze esistenti tra i diversi servizi investigativi. E questa osservazione ci permette di fare anche delle riflessioni di carattere storico.

Vivendo da oltre tre decenni in Belgio, dove la percezione della criminalità è certamente inferiore a quella che si ha in Italia e dell’Italia, mi trovo spesso a discutere di questo argomento. Perché gli stereotipi sono spesso causa di ingiustizie e di incomprensioni. Che alla lunga fanno male. E dagli stereotipi possono nascere malintesi ed errori di comunicazione. Anche quando compiuti in buona fede.

Non ordinerai una ‘ndrangheta per dolce”, uno spot infelice

Un esempio di quanto possano fare male gli stereotipi, è stato dato recentemente in Belgio dallo spot che lUniversità Cattolica di Lovanio, ha ideato e diffuso per promuovere in tutto il Paese i suoi studi di linguistica. Anche italiana.

Il manifesto pubblicitario subito rimosso dal Belgio, dopo le proteste dell’Ambasciata d’Italia (foto EuropaToday).

 Così non ordinerai una ‘ndrangheta per dolce“. Era l’incoraggiamento, che voleva essere ironico e provocatorio, a studiare la lingua italiana. Per conoscere senza superficialità il Paese e la cultura che la lingua rappresenta. Troppo spesso caricaturale e superficiale nel cittadino belga medio. Che necessita di approfondimento e comprensione del fatto che con certe cose e certe parole, come mafia, cupola, ‘ndrangheta e altro, in Italia non si scherza. Perché tantissimi italiani hanno perso la vita per combatterle.

E l’ignoranza e la superficialità va combattuta solo con la conoscenza, con l’approfondimento, con la cultura, con l’educazione. Che Università di grande prestigio internazionale come quella di Lovanio sanno diffondere.

Conoscersi di più

Alcuni degli autentici eroi (e martiri) della lotta alla Mafia. I giudici Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Rocco Chinnici, ed il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa.

Non solo tra gli studenti belgi ma anche tra tanti stranieri. Che abitano un Paese multi culturale che chi scrive ama profondamente. Così come ama i suoi abitanti. Che hanno qualità e difetti come ogni altro popolo. Non più né meno di quelli che caratterizzano gli italiani. E che per questo ho spesso difeso e continuo a difendere quando, con stesse pericolose generalizzazioni o stereotipi, alcuni all’estero definiscono Paese di pedofili (dopo il gravissimo affaire Dutroux) o di gente dall’intelligenza limitata, a causa delle ingenerose barzellette che i cugini francesi amano troppo spesso raccontare a proposito degli abitanti del Plat Pays.

L’Universitá Cattolica di Lovanio ha compreso immediatamente il suo errore di comunicazione, che ha profondamente irritato la comunità italiana in Belgio. E ha ritirato quindi lo spot. Ma si è anche impegnata con l’Ambasciata d’Italia in una cooperazione rafforzata, già esistente con altre università del Belgio, sul tema della cultura della lotta alla criminalità organizzata.

Per spegnere la brace sotto la cenere bisogna avere gli anticorpi

L’affaire Dutroux ha portato alla ribalta in Belgio una grossa rete criminale di pedofilia. Che é stato un terremoto giudiziario e dell’opinione pubblica che ha portato ad una radicale riforma delle forze di polizia.

Come ben sanno gli addetti ai lavori, la lotta alle mafie non riguarda solo l’Italia ma tutto il Mondo. E spesso riguarda più i Paesi che vivono in una calma apparente. Che può anche fare pensare a minore dotazione di anticorpi. Perché le mafie non hanno mai desiderio di attirare su di loro l’attenzione delle forze dell’ordine e della giustizia. Ed evitano quindi i fatti di sangue quando possono ottenere i loro risultati economici in altri modi.

Attraverso la corruzione ad esempio. Sempre gli addetti ai lavori europei, anche se non sempre il cittadino belga medio, sanno pure che l’Italia è da decenni il Paese della lotta alle mafie. Molto più di quanto non sia il Paese delle mafie che viene rappresentato dalla stampa. Anche e soprattutto italiana. Perché dispone oggi di strumenti investigativi e giudiziari che restano inimmaginabili nella maggior parte dei Paesi del Mondo. E nella quasi totalità dei Paesi dell’Ue. A cominciare proprio dal Belgio. La cui capitale è anche la capitale istituzionale d’Europa.

C’è quindi da sperare che da questo spiacevole episodio, possa nascere un nuovo modo di insegnare e comunicare in Belgio non solo la lingua e la cultura italiana. Molto amate dai belgi. Ma anche una cultura comune di lotta, e soprattutto di prevenzione, della criminalità organizzata. Che ha da moltissimo tempo come obiettivo cardine il profitto. E sarebbe quindi ingenuo credere che, nonostante l’apparente tranquillità, possano essere immuni da questo cancro sociale Paesi come il Belgio. E cittá come Anversa. Che ospitano piazze finanziarie di importanza globale, oltre che uno dei più importanti porti d’Europa.

‘Ndrangheta e altre mafie sono tutt’altro che esotiche in Belgio. Nonostante la ridotta percezione

EuropaToday nei giorni scorsi ha ricordato che nella ricca città delle Fiandre, la ‘ndrangheta (oggetto della gaffe pubblicitaria dell’università fiamminga) è ben conosciuta. «Da tempo, come rivelato da diverse inchieste, alcune cosche operano con successo negli affari locali, leciti e illeciti. E sono in buona compagnia: in Belgio si registra una presenza preoccupante di diverse organizzazioni mafiose: da quella marocchina a quella albanese, passando per camorra e mafia nigeriana. Ad attrarre i criminali c’è soprattutto il porto di Anversa, intorno al quale si sarebbe sviluppato un giro di affari notevole da parte della malavita. A fare da collante di queste mafie il mercato della cocaina: lo scorso febbraio proprio ad Anversa, un’operazione internazionale ha permesso di scoprire un carico di 16 tonnellate di cocaina. Si tratta del più grande sequestro di droga mai avvenuto in Europa. Nel 2020, le tonnellate intercettate dalla polizia nel porto belga sono state ben 65».

Senza contare che il piccolo Belgio non dispone di forze di polizia del livello organizzativo di quelle italiane. E in particolare dei mezzi di cui dispone la nostra Guardia di Finanza. Invidiata da tutti i Paesi europei.

Operazione della Guardia di Finanza (foto Italia Notizie 24).

E presa ad esempio dalle Istituzioni europee e dall’Ufficio europeo per la Lotta alla Frode (OLAF).  La cui professionalità è frutto di due secoli e mezzo di storia. Ma forse troppo costosa e complessa per poter essere creata dal nulla in ogni realtà nazionale.

Va anche segnalato che la stampa belga è molto più riservata di quella italiana su questi episodi di criminalità. E questa differenza crea spesso una differenza anche nella percezione del rischio che corrono i cittadini. Che spesso è molto diversa dalla realtà.

Belgio, Paese di approdo anche di opere d’arte trafugate in Italia

Un esempio della brace che spesso arde invisibile sotto la cenere, ce l’hanno dato recentemente i Carabinieri del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale. Che qualche settimana fa hanno recuperato a Bruxelles, tra gli eleganti antiquari di lusso della Place du Grand Sablon, una statua romana in marmo raffigurante un “Togatus”. Opera del I secolo a.C., già collocata nel parco di villa Marini Dettina in Roma, era stata trafugata circa 10 anni fa.

“Togatus”. Opera del I secolo a.C. (Foto Carabinieri)

L’importante recupero è il frutto di un’attività investigativa della Sezione Archeologia del Reparto Operativo del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale.

Il bene, asportato da ignoti nel novembre 2011, è stato individuato da due bravi carabinieri della Sezione Archeologia che si trovavano a Bruxelles per altre indagini internazionali. Liberi dal servizio, al termine delle attività giornaliere, curiosando per le vie del quartiere Sablon, ricco di negozi antiquariali e di antichità, i due militari hanno notato, presso uno di questi esercizi commerciali, una statua in marmo probabilmente proveniente dall’Italia.

Statua anche danneggiata

Statua romana sequestrata dai Carabinieri a Bruxelles a seguito di Ordine d’Indagine Europeo accolto dalle autorità belghe (Foto Carabinieri).

Che appariva danneggiata in più parti. Verosimilmente per i colpi subìti dagli attrezzi da scavo. Insospettiti, al rientro in Italia e in collaborazione con la Sezione Elaborazione Dati, hanno confrontato le immagini fotografiche acquisite a Bruxelles con i files della Banca Dati Leonardo. Dei beni culturali illecitamente sottratti. Giungendo a identificare la statua fotografata a Bruxelles con quella asportata da villa Marini Dettina. La scultura veniva quindi sequestrata su disposizione della Procura della Repubblica di Roma, a seguito di Ordine d’Indagine Europeo accolto dalle autorità belghe. E rimpatriata nel febbraio scorso.

Le indagini successivamente sviluppate con la Direction Generale de l’Inspection Economique du SPF Economie del Belgio, riuscivano ad individuare un traffico illecito di beni culturali facente capo a un commerciante italiano.

La statua sequestrata a Bruxelles è rientrata in Italia (Foto Carabinieri).

Che utilizzava uno pseudonimo spagnolo per le sue attività criminali. E che è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Roma per la ricettazione e l’esportazione illecita della statua romana. Raffigura un “Togatus”, altissima espressione storico-artistica del patrimonio culturale italiano, la statua ha una stima commerciale di centomila euro.

I “professionisti dell’antimafia” non sempre aiutano la percezione dell’Italia nel mondo

Gli stereotipi su Italia Paese di Mafia, oltre che di pizza, sole e mandolino, è causa non solo della superficialità dei media e di molti cittadini stranieri di cultura non troppo elevata. Ma anche della narrativa di troppi «professionisti dell’anti-mafia» in Italia. Compresi tanti pseudo esperti. Che il visionario Leonardo Sciascia aveva saputo prevedere con un suo celebre articolo sul Corriere della Sera il 10 gennaio del 1987.

Leonardo Sciascia, e il titolo del suo articolo sul Corriere della Sera del 10 gennaio 1987.

E che non sempre hanno reso un grande servizio al nostro Paese. Perché poco o nulla hanno a che fare con i veri eroi e martiri della lotta alle mafie. Come Giovanni Falcone, Rocco Chinnici, Paolo Borsellino, Carlo Alberto dalla Chiesa, e tanti altri. Noti e meno noti. Eroi che amavano il loro Paese e che in forza di quell’amore hanno offerto la loro vita.

E i vari signori Saviano dovrebbero forse ricordare al mondo anche che l’Italia, e da sempre, non è solo quella degli Al Capone e della cultura subumana di Gomorra o delle varie Suburre di serie televisive che spesso incoraggiano l’emulazione criminale in certe fasce di subcultura. Ma anche e soprattutto quella dei Joe Petrosino. L’eroe e martire antimafia di origine italiana della polizia di New York, che é stato un pioniere nella lotta contro il crimine organizzato. Le cui tecniche di lotta al crimine, di cui è stato ideatore, sono ancora oggi praticate dalle forze dell’ordine americane e non solo.

La venerazione per Falcone

Senza poi dimenticare che all’Accademia dell’FBI di Quantico (in Virginia) vi é una sola statua che in occasione di ogni visita ufficiale di investigatori di tutto il mondo viene fatta visitare in religioso silenzio. Non é dedicata ad un eroe americano. Ma alla memoria del giudice italiano Giovanni Falcone.

Ed é su questa linea di diffusione della cultura della legalità anti-mafie, oltre che della linguistica, che l’ambasciatore d’Italia in Belgio, Francesco Genuardi, che é stato console generale d’Italia nella New York di Joe Petrosino, intende rafforzare la grande cooperazione già esistente tra l’ambasciata e gli atenei del Paese.

L’Ambasciatore d’Italia in Belgio, Francesco Genuardi (Foto Italia chiama Italia).

Rendendo così un servizio non solo all’Italia, ma anche al Belgio. Che dall’esperienza italiana nella lotta alla criminalità e alle mafie ha ancora tanto da imparare. Come l’Italia ha tanto da imparare dal Belgio in altri campi.

 

Alessandro Butticé

Foto © Carabinieri, Guardia di Finanza, Il Riformista, Italia chiama Italia, Italia Notizie 24, EuropaToday, Commissione europea

Video © Guardia di Finanza

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Da sempre Patriota italiano ed europeo. Padre di quattro giovani e nonno di quattro giovanissimi europei. Continuo a battermi perché possano vivere nell’Europa unita dei padri fondatori. Giornalista dall'età giovanile, poi Ufficiale della Guardia di Finanza e dirigente della Commissione Europea, alternando periodicamente la comunicazione istituzionale all’attività operativa, mi trovo ora nel terzo tempo della mia vita. E voglio viverlo facendo tesoro del pensiero di Mário De Andrade in “Il tempo prezioso delle persone mature”. Soprattutto facendo, dicendo e scrivendo quello che mi piace e quando mi piace. In tutta indipendenza. Giornalismo, attività associative e volontariato sono le mie uniche attività. Almeno per il momento.

1 commento

  1. Condivido pienamente il contenuto di questo articolo, che scava in profondità sul tema della distorta percezione, che si ha nel mondo, del malaffare in Italia. La colpa della brutta nomea che abbiamo all’estero è nostra in massima parte. Se la smettiamo di farci male da soli con l’uso strumentale dell’informazione e, aggiungerei, della giustizia, forse usciremo da questo girone infernale, nel quale ci siamo ficcati con molto impegno, e da cui non siamo capaci di uscire. Complimenti all’Autore per la puntualità e la profondità del suo intervento.

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