Effetti della pandemia registrati soprattutto in ambito lavorativo e socio-sanitario

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Pandemia

Inail e Inapp con i loro rapporti ci forniscono una chiara visione sui due ambiti e su alcuni risvolti positivi soprattutto nella Health Policies

Sono tanti i casi di contagi sul lavoro e quindi la non sicurezza negli ambienti. Inoltre, nell’emergenza è emersa anche una grave carenza in ambito medico per ciò che concerne i servizi sociosanitari. Purtroppo gli effetti della pandemia si protraggono in tanti settori creando molti disagi a persone e famiglie.

Contagi sul lavoro

Il diciassettesimo Rapporto nazionale svolto dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) rileva che i contagi sul lavoro da Covid-19 sono 175.323. I dati fanno riferimento al periodo che intercorre tra l’inizio della pandemia e il 31 maggio scorso. La seconda ondata, quindi, con il 59,6% delle infezioni denunciate ha avuto un impatto più intenso rispetto alla “prima ondata” del periodo marzo-maggio 2020 (29,0%).

Nel quadrimestre febbraio-maggio 2021, al momento, si registra invece l’8,4% delle denunce da inizio pandemia, con un calo dell’incidenza dei casi sul totale. La prima ondata ha avuto, invece, un impatto maggiore della seconda per i decessi. Infatti, il 55% dei casi mortali è stato denunciato all’Inail nel trimestre marzomaggio 2020 (il 30,2% nel solo mese di aprile). Contro il 29,6% del trimestre novembre 2020-gennaio 2021, percentuale che sale al 41,5% se si considera il periodo novembre 2020maggio 2021.

Si tratta di quasi un quarto del totale delle denunce di infortunio pervenute da gennaio 2020. Quindi, il 4,2% del totale dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data”, sottolinea l’Inail. Poi, aggiunge: “Rispetto alle 171.804 denunce rilevate dal monitoraggio precedente del 30 aprile 2021, i casi in più sono 3.519 (+2,0 per cento). Di cui 757 riferiti a maggio, 960 ad aprile, 541 a marzo, 249 a febbraio e 273 a gennaio di quest’anno, 201 a dicembre, 297 a novembre e 183 a ottobre 2020. Mentre i restanti 58 casi sono riconducibili agli altri mesi dell’anno scorso. Il consolidamento dei dati permette, infatti, di acquisire informazioni non disponibili nelle rilevazioni precedenti”.

Differenze tra i generi

FreepikLa maggioranza dei decessi riguarda gli uomini (83,6%) e i lavoratori nelle fasce di età 50-64 anni (72,3%), over 64 anni (18,5%) e 35-49 anni (8,4%). Mentre tra gli under 35 si registra lo 0,8% dei casi mortali. Allargando l’analisi a tutti i contagi sul lavoro da Covid-19, il rapporto tra i generi si inverte. La quota femminile sul totale delle denunce, infatti, è pari al 68,8%. Il numero delle lavoratrici contagiate supera quello dei lavoratori in tutte le Regioni. Fanno eccezione Calabria, Sicilia e Campania, dove l’incidenza delle donne sul complesso delle infezioni di origine professionale è, rispettivamente, del 48,5%, del 46,2% e del 44,4%. L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi (59 per i deceduti).

Analisi su Regioni e Province

La Lombardia risulta la Regione con più segnalazioni, 25,6%, e in totale nel Nord-Ovest l’incidenza è del 43,2%. Spostandoci nel Nord-Est scende al 24,5%, troviamo il Veneto con il 10,6%. Al Centro il 6,5% del totale di 15,1% è attribuito al Lazio, dove particolare peso lo ha avuto la Capitale. Continuando a scendere lungo la Penisola è la Campania con il 5,7% a detenere il primato del Sud che in totale ha una percentuale del 12,6. Tra le due Isole principali la Sicilia batte la Sardegna con un più 4,6%.

Le città con il maggior numero di contagi da inizio pandemia sono quelle di Milano, Torino, Roma, Napoli, Brescia, Verona, Varese, e Genova.

Le province che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di aprile sono però quelle di Vibo Valentia, Reggio Calabria, Salerno, Lecce, Agrigento,
Caltanissetta, Sud Sardegna, Messina, Pordenone, Bolzano, Grosseto, Terni, Cosenza, Brindisi e Catanzaro.

Effetti della pandemiaCon la ripresa delle attività molte professioni hanno visto aumentare l’incidenza delle infezioni tra le prime due fasi della pandemia, registrando una riduzione nella terza e un nuovo incremento nella quarta. È il caso, per esempio, degli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione (passati dallo 0,6% del primo periodo al 3,7% di giugno-settembre, allo 0,6% tra ottobre e gennaio fino all’1,3% tra febbraio e maggio 2021), degli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari (dallo 0,2% al 4,3%, allo 0,1% fino allo 0,6%) e degli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (passati dallo 0,6% all’1,6%, poi allo 0,9% fino all’1,8% dell’ultimo quadrimestre).

Disagi psicologici

Purtroppo l’emergenza sanitaria ha avuto ripercussioni gravi sulla vita delle persone sordocieche e delle loro famiglie. In particolare, la pandemia ha messo a dura prova i servizi socio-sanitari. Infatti, si rileva una drastica riduzione (-87,5%) degli accessi ai servizi sociali. Mentre sono aumentati significativamente i disturbi psicologici ed
emotivi (+38,4%) delle persone con disabilità. Questo si deve soprattutto alla paura del contagio, alla preoccupazione e all’incertezza per il futuro. Non mancano dati negativi sulla perdita del sonno. Elemento che influenza la qualità della vita e il benessere psico-fisico.

A fornici questi dati è l’Istituto nazionale per l’analisi delle Politiche pubbliche (Inapp). Il quale coordina, con il responsabile dott. Luciano Bubbico, anche il progetto di Azione centrale del ministero della Salute sulla prevenzione e le politiche di inclusione delle disabilità neurosensoriali nell’infanzia in collaborazione con l’Iss.

Lo studio, condotto dal gruppo di ricerca disabilità neurosensoriali dell’Inapp, si è svolto attraverso un’indagine online che ha coinvolto una comunità di individui con comprovate gravi disabilità neurosensoriali. I soggetti sono appartenenti a sei associazioni nazionali di pazienti: Lega del filo d’oro, Unione italiana ciechi, Fiadda Umbria onlus, Istituto statale Sordi, Affrontiamo la sordità insieme e Associazione Portatori di impianto cocleare onlus.

Inapp

Deafblind UKI ricercatori Inapp fanno sapere che “Nel nostro Paese sono 189.000 le persone sordocieche, pari allo 0,3% della popolazione. Ma con un significativo incremento dell’88% tra coloro che hanno più di 65 anni. Il 31,2% di loro vive nelle regioni del Nord, il 21,4%
nel Centro, 30,6% del Sud e il 16,8% nelle Isole. La pandemia rappresenta per queste persone un disagio ancor più marcato. Questo perché utilizzano prevalentemente il tatto per comunicare e conoscere l’ambiente circostante, ma le raccomandazioni sono, appunto, quelle di mantenere la distanza di sicurezza da persone e cose”.

L’emergenza Covid-19 ha messo alla prova i servizi socio-sanitari rivelando anche capacità di resilienza. Ma rafforzando la necessità di sviluppare nuove tecnologie come la telemedicina, la teleriabilitazione, il teleconsulto. Ma anche, i sistemi elettronici di comunicazione”, ha spiegato il prof. Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp.

Innovazione tecnologica

“I risultati dello studio confermano le evidenze scientifiche internazionali. Secondo cui l’innovazione tecnologica e la ricerca multidisciplinare medico sociale rappresentano una delle chiavi fondamentali per rendere sostenibile il sistema sociosanitario. La tele-medicina, e gli sviluppi delle applicazioni dell’utilizzo del Big Data e dell’Intelligenza Artificiale insieme a nuovi approcci di ricerca multi-disciplinare, permetteranno di progettare modelli innovativi di Health Policies. Incoraggiando, così, nuovi percorsi organizzativi socioassistenziali. Per questo andrebbe introdotta, in tutte le organizzazioni, la figura del disability manager. Cioè, un professionista che svolga la funzione di supervisione (in ogni ambito: accessibilità, mobilità, politiche sociali, scuola, lavoro) del rispetto dei diritti e della soddisfazione dei bisogni delle persone con disabilità”.

Effetti della pandemiaIn definitiva l’emergenza Covid-19 ha certamente messo a dura prova la capacità di resilienza dei servizi sociosanitari, ma è stata anche un’importante occasione per incentivare lo sviluppo di conoscenze sulle nuove tecnologie di telemedicina e teleriabilitazione. Le malattie con impatto sociale come il Covid-19 richiedono un approccio gestionale basato sulla medicina sociale, che integri risposte sanitarie, sociali ed economiche con attività di ricerca, prevenzione e cura.

 

Ginevra Larosa

Foto © Adaa, Freepik, Fismic

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