Immigrazione e non solo. Consiglio europeo ad alto tasso di emotività

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IMMIGRAZIONE

Ancora lontane strategie e soluzioni che accontentino tutti gli Stati membri

Immigrazione è una parola che gli italiani conoscono bene. Non solo perché da molti anni ormai assistono allo sbarco di persone in arrivo da Paesi terzi. Ma anche perché (e)migranti lo sono stati. Con partenze tanto dal meridione, che dal profondo Nord della penisola.

IMMIGRAZIONENegli ultimi lustri la parola immigrato ha assunto una tinta scura, prima aveva gli occhi azzurri e i profili affilati dell’Est; sempre, idiomi incomprensibili e volti scavati. Stretta e lunga, l’Italia ha un mare dall’approdo forse non facile, ma almeno sicuro. È così che il problema della migrazione – sì, è un problema umano e politico, che poi diventa sociale ed economico – affligge particolarmente la nostra terra.

Esiste una politica migratoria comune all’Europa unita?

L’Italia, giudicata come il più petulante dei 27 Stati membri dell’Unione europea, ha tuttavia occupato sempre un posto di subalternità nella politica migratoria dell’Ue.

Oggetto, unitamente al Covid-19, alla Turchia e alla Russia, di una delle due giornate di lavoro del Consiglio europeo. La imminente dipartita di Angela Merkel – mediatrice capace di tenere a bada la classe – che già scatena una certa saudade, è altro argomento sussurrato nei corridoi. Orbán e Rutte, quando lei andrà in pensione a settembre, saranno i più anziani – o meglio longevi – della squadra.

Divisioni

L’Unione europea nelle ultime ore ha messo in mostra alcune delle sue divisioni più profonde. Le più significative riguardano cultura, educazione sessuale, stato di diritto e politica estera, in particolare nei confronti della Russia. Sotto osservazione anche per il recente arresto, sulla pista di decollo, dell’ex direttore di Russia Aperta Andrej Pivovarov.

L’Ungheria e la sua nuova legge, che colpisce la comunità Lgbtq+ e annienta ogni progetto di educazione sessuale, si è rivelato l’argomento che alcune testate d’oltreoceano definiscono il più emozionante. Colpisce il racconto di Xavier Bettel, capo del Governo del Lussemburgo che ha descritto cosa abbia significato per lui essere gay. L’accettazione di se stessi, la rivelazione alla famiglia, il pensiero ai giovani che talvolta ricorrono a gesti estremi perché non in grado di andare avanti.

Riecheggia poi la voce di Mark Rutte – Paesi Bassi: se l’Ungheria non è in linea con le leggi e i valori dell’Ue può anche andarsene.

L’Ungheria e l’immigrazione

Viktor Orbán alcuni giorni fa, nel pieno della bufera per la violazione dei diritti Lgbtq+ che oggi fa dire ai leader occidentali che lo metteranno presto in ginocchio, ha rilasciato una dichiarazione al settimanale cattolico croato Voce del Concilio. «Quando ai confini ungheresi arrivano decine di migliaia di persone, in massima parte giovani uomini che sono in perfette condizioni fisiche e che incolonnati marciano verso la frontiera […] allora non parliamo di immigrazione ma di violazione della sovranità nazionale».

Il Consiglio europeo ha quindi subito condannato qualsiasi tentativo di strumentalizzare i migranti e il fenomeno dell’immigrazione a fini politici.

La long read del Guardian

Interessante l’analisi del punto di vista di Ungheria e Polonia a cura del giornalista Nicholas Mulder, The Guardian. Due premesse, di cui la prima è una domanda: quale processo ha portato i rivoluzionari del 1989 a diventare i nativisti degli anni 2010 e 2020?

Seconda premessa: politiche di esclusione sull’immigrazione vengono perseguite nella maggior parte dei Paesi europei. «Eppure» – scrive Mulder – «nonostante il generale sentimento anti-immigrati, è solo nel Regno Unito, in Polonia e in Ungheria che i Governi nazionalisti si sono allontanati dall’Unione europea o hanno voltato le spalle ai suoi valori, e solo a Budapest e Varsavia è stata dichiarata l’apertura della stagione al diritto civile liberale».

ImmigrazioneSocietà e Stato di diritto. Il giornalista ricorda le 6 settimane di viaggio del giovane Orbán negli Stati Uniti nel 1992. Pagate dal German Marshall Fund. Conclude il suo pensiero con una riflessione:«Kaczyński e Orbán sono speciali tra i nazionalisti europei non per il loro sciovinismo, ma per le loro azioni autoritarie contro gli oppositori interni e le istituzioni europee e internazionali».

Molti cittadini europei sono però in pieno accordo con il premier ungherese, e altrettanti sostengono invece le parti delle donne e degli uomini che lasciano il proprio Paese per differenti ragioni. L’estrema povertà, le guerre, le oppressioni, gli abusi e la ghettizzazione o – peggio – la morte certa.

Equilibri precari

Questa bilancia oscilla pesantemente sotto l’occhio attento degli esperti di geopolitica, di comunicazione, e dei politici stessi, occupati a trovare un punto di equilibrio. Che il premier italiano Mario Draghi non trova nella redistribuzione e nel ricollocamento obbligatorio dei migranti. A suo avviso, l’obiettivo cui mirare è il «coinvolgimento significativo, massiccio dell’Unione europea nel Nord e nel Centro Africa, nelle zone che manifestano instabilità».  Libia in primis, e poi Turchia.

I lavori del Consiglio

Secondo la cancelliera tedesca «il Consiglio europeo si è concentrato sulla dimensione esterna della questione migratoria, chiedendo alla Commissione europea di stipulare accordi con i Paesi di origine e transito dei profughi».

ImmigrazioneIl contrasto all’immigrazione illegale nell’Ue e ai trafficanti di esseri umani sono i principali obiettivi da raggiungere.

Il report dei lavori svolti dal Consiglio europeo evidenzia alcuni aspetti di particolare rilievo.

L’analisi della situazione migratoria lungo le varie rotte mette in risalto che, sebbene le misure adottate dall’Ue e dagli Stati membri abbiano ridotto negli ultimi anni i flussi irregolari complessivi, gli sviluppi su alcune rotte destano preoccupazione.

E richiedono una vigilanza costante, nonché azioni urgenti.

Le rotte dell’immigrazione

Secondo i dati raccolti dalle Istituzioni europee, gli arrivi irregolari totali nell’Ue sono scesi da 1,04 milioni nel 2015 a 97.170 nel 2020. Nel 2021 sono invece stati registrati 24.770 arrivi irregolari, la cui ripartizione – suddivisa per rotta migratoria – è la seguente:

  • centrale: 11.602 arrivi
  • orientale: 4.828 arrivi
  • occidentale: 8.340 arrivi

Sino ad aprile 2021 le nazionalità che hanno fatto registrare il maggior numero di arrivi irregolari sono state le seguenti:

  • tunisina (2.665) sulla rotta centrale
  • turca (1.048) sulla rotta orientale
  • algerina (2.059) sulla rotta occidentale

Una più stretta collaborazione

I leader dell’Ue hanno convenuto che, al fine di scongiurare la perdita di vite umane e ridurre la pressione alle frontiere europee, saranno intensificati – nel quadro dell’azione esterna dell’Ue – i partenariati e la cooperazione reciprocamente vantaggiosi con i Paesi di origine e di transito.

Per fermare l’immigrazione occorre un approccio comune, pragmatico, flessibile e su misura. Messo in atto su tutte le rotte in stretta cooperazione con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, esso utilizzerà, come Team Europa, tutti gli strumenti e gli incentivi disponibili.

I capi di Stato o di Governo dell’Ue hanno invitato la Commissione europea e l’Alto rappresentante, in stretta cooperazione con gli Stati membri, a:

  • rafforzare immediatamente le azioni concrete condotte con i Paesi di origine e di transito prioritari
  • presentare, nell’autunno 2021, piani d’azione per i Paesi di origine e di transito prioritari

Questi hanno invitato inoltre la Commissione a utilizzare nel miglior modo possibile almeno il 10% dello strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI), nonché finanziamenti a titolo di altri strumenti pertinenti, per le azioni connesse alla migrazione.

Misure restrittive in vista

Il Consiglio europeo ha rimarcato la necessità di approfondire e intensificare ulteriormente i legami politici, economici, interpersonali e la cooperazione con i partner orientali e ha sottolineato il suo impegno ad approfondire le relazioni con l’Asia centrale.

La Russia

L’attenzione della maratona di Bruxelles si è posata anche sul Cremlino.

Il dinamico duo MerkelMacron guarda a Biden, cui l’Europa vorrebbe presentare una lunga lista di desideri e con cui vorrebbe progettare una buon parte del suo futuro.

Angela ed Emmanuel hanno infatti avuto il coraggio di provare a convincere i partner europei a riprendere i colloqui con Putin. L’incontro di Biden con l’omologo russo a Ginevra ha accorciato distanze ormai lunghissime, e forse la cordata franco-tedesca non avrebbe voluto perdere l’occasione di un riavvicinamento che portasse i colori delle loro bandiere. 

Risultato non raggiunto, polemiche alle stelle. In molti hanno criticato l’inutile sforzo: mal preparato e avviato in ritardo, senza previa consultazione. Passa invece la decisione di esplorare la possibilità di avviare sanzioni economiche contro la Russia, con cui le relazioni restano tese.

Emerge che Merkel avrebbe voluto «fare un passo più audace». Mentre Macron auspica che l’Unione europea, nel proprio interesse, parli alla Russia con una “voce unificata” e una “agenda strutturata”, invece di reagire solo agli eventi.

Il punto di vista del Consiglio europeo

La Russia deve assumere pienamente la propria responsabilità nel garantire l’attuazione integrale degli accordi di Minsk quale condizione essenziale per qualsiasi cambiamento sostanziale nella posizione dell’Ue. Pena una risposta ferma e coordinata a qualsiasi ulteriore attività nociva, illegale e destabilizzante della Russia.

Le conclusioni del Consiglio europeo, che riesaminerà le forme di dialogo con la Russia e le relative condizioni, indicano infatti che esso «si aspetta che la leadership russa dimostri dedizione e impegno politico più costruttivi, e che ponga fine alle azioni contro l’Ue, i suoi Stati membri e i Paesi terzi».

Migranti: due pesi e due misure

Immigrazione, Mediterraneo e Africa restano però temi ancora da indagare e discutere. Una sconfitta non averne parlato con l’attenzione e il tempo necessari. Per Raffaele Fitto, co-presidente del gruppo Ecr al Parlamento europeo, «nulla è cambiato». «I proclami si sono sciolti come neve al sole e purtroppo si confermano le scelte sbagliate del passato».

La delusione di Fitto si manifesta così: si è «scelto di non decidere, liquidando e rinviando con una rapida discussione ogni provvedimento ad ottobre, quando la Commissione dovrebbe presentare la sua proposta in materia. Nessun riferimento, come già ampiamente previsto, in termini di ricollocazione e redistribuzione».

La Turchia

Il Consiglio europeo sostiene «l’interesse strategico dell’Ue per un ambiente stabile e sicuro nel Mediterraneo orientale e per lo sviluppo di una relazione cooperativa e reciprocamente vantaggiosa con la Turchia». E Fitto replica asciutto. Nitido è il suo punto di vista sul doppio binario su cui si muove la solita Europa: un colpo al cerchio, un colpo alla botte. Per lui il rinnovo dell’accordo del 2015 e l’erogazione di circa 3,5 miliardi di euro di contributi alla Turchia evidenziano ancora una volta l’ipocrisia dell’Ue su molti temi. Se a parole si condanna il mancato rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto in quella Turchia che secondo il proprio ministero degli Esteri «ha più che adempiuto alle sue responsabilità», di fatto ci si continua a piegare ai ricatti di Erdogan. Lasciandogli ad esempio il controllo della rotta balcanica e di quella del Mediterraneo orientale. E poi basta voltare lo sguardo dall’altra parte, e dimenticarsi le «scene viste e riviste in questi giorni, con migliaia di sbarchi sulle coste italiane […] e sarà l’Italia a farsene carico da sola, nella totale assenza di solidarietà e condivisione del problema da parte dei vertici europei».

Chiusura lavori

Mario Draghi al termine dei lavori riprende la parola. E la fa volare con un auspicio, che è anche ammonimento: «la migrazione resterà nell’agenda del Consiglio europeo. Sia perché ci sarà il piano di azione della Commissione, sia perché ci saranno eventi di rilievo che necessiteranno di discussione».

Chiudiamo le agende e posiamo le penne, spegniamo il PC

Abbiamo ancora nelle orecchie la due giorni europea raccontata da Politico come fosse una telecronaca sportiva: restiamo sintonizzati. Tra poche ora la nostra Nazionale scenderà in campo, e già fioccano le polemiche perchè gli Azzurri non hanno ancora sciolto la prognosi. Si inginocchieranno o no a palese sostegno di Black Lives Matter?

 

Chiara Francesca Caraffa

Foto © Eurocomunicazione, The New York Public Library, Getty, Christian Lue on Unsplash

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Chiara Francesca Caraffa
Impegnata da sempre nel sociale, è Manager del Terzo Settore in Italia, ove ricopre ruoli istituzionali in differenti Organizzazioni Non Profit. Collabora con ETS in Europa e negli Stati Uniti, dove promuove iniziative per la diffusione della consapevolezza dei diritti della persona, con particolare attenzione all'ambito socio-sanitario. Insegna all'International School of Europe (Milan), dove cura il modulo di Educazione alla salute. Cultrice di Storia della Medicina e della Croce Rossa Internazionale ed esperta di antiquariato, ha pubblicato diversi volumi per Silvana Editoriale e per FrancoAngeli.

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