Eutanasia: un sereno Aldilà, ma se così non fosse?

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Eutanasia

Un referendum che ci cambia la vita in morte. Non è solo un problema medico, ma sociale e anche di civiltà

Eutanasia: un sereno Aldilà, ma se così non fosse?

A volte capita, quando si invocano nuovi diritti civili, o presunti tali, che parallelamente ci sia dietro anche lo spettro della morte.

Pensiamo all’aborto per i diritti alla donne, alla liberazione della cannabis, sapendo che la droga può distruggere la vita e adesso, rompendo ogni indugio, si va direttamente al centro della questione facendo entrare la morte, anche se sembra un paradosso, nella vita delle persone.

Legalizzare il diritto alla morte?

Con la raccolta di firme per il referendum promosso dai radicali con ben 1.200.000 firme sull’eutanasia, la morte perde, almeno apparentemente, quegli aspetti lugubri per trasformarsi in una meta di pace e di benessere a cui molti aspirano volendo lasciare questa valle di lacrime: vuoi per una malattia grave e debilitante o la disperazione per una vita in solitudine, un amore finito, insomma “sorella morte’” sarebbe sempre meglio di questa vita che poi è la quotidianità.

Ognuno, è leitmotiv che ha fatto da slogan alla raccolta di firme, è libero di vivere come vuole e, dunque, anche di morire come vuole, ben venga allora l’eutanasia o morte volontaria assistita e possiamo ancora sbizzarrirci con: morte medicalmente assistita, suicidio razionale, suicidio assistito, morte pianificata, morte su richiesta, morte procurata, ma la realtà non cambia, sempre di morte si tratta.

La vera questione

Il problema rimane, però, sempre lo stesso quando si tocca l’essere in tutte le sue manifestazioni e ci si pone allora una domanda: “Ma siamo proprio sicuri dell’eutanasia e  di quello che vogliamo fare in merito alla nostra morte?”

Senza scomodare concetti filosofici, per questo si dovrebbe fare una scelta consapevole solo se abbiamo la conoscenza della scelta, altrimenti è come fare scommesse lanciando i dadi in aria.

Non si scherza

La morte è una cosa seria perché, oltre ad essere la fine della nostra storia su questa Terra, non sappiamo cosa ci sia realmente Aldilà di quel “muro” che chiamiamo esistenza e non sapendo assolutamente nulla, come facciamo allora a cercare nel suicidio la risoluzione ai nostri problemi esistenziali?

Per logica, sembra un controsenso, perché una volta superato il famosomuroche ci divide dall’al di là, cosa troveremo? Eppure c’è chi vuole andarci lo stesso.

Certo, potremmo trovare un piacevole concerto di Angeli o un mondo dalla natura incontaminata, ma c’è anche, per il rovescio della medaglia per chi si suicida, legata alle leggi della religione: uno può essere cristiano, buddista, indù o seguire la cultura sciamanica alla Castaneda, ma per tutte togliersi la vita è una scelta sempre e comunque condannata con un inferno, dal quale non se ne esce più e da quello che si racconta non è certo uno dei mondi più belli in cui si vorrebbe vivere.

Solo gli eroi…

Ciò, ovviamente, non vale per chi, in piena coscienza e volontà, offre la propria vita per salvare altre persone, un esempio è Salvo d’Acquisto, ma simili eroi si contano sulle dita di una mano.

Dunque, il suicidio non è una passeggiata di salute perché al di là dei bei proclami, eliminare qualcosa che non ci appartiene, come la nostra vita, (nostra è un concetto convenzionale, ndr) perché non abbiamo alcuna sovranità su di essa, nessuno di noi è in grado di dire al cuore fermati o ai capelli di crescere.

L’unica cosa a cui non si può rimediare

Quando si parla della mia vita o del mio corpo, bisogna valutare queste considerazioni per comprendere almeno un po’ cosa sia realmente la vita.

La raccolta firme proposta dai radicali, pone il problema insoluto fino a quando non si saprà spiegare la morte e, come abbiamo già detto, cosa c’è dopo di essa.

Senza queste risposte tutto è e rimane vago, privo di una chiarificazione, ogni discorso sull’argomento è pura propaganda per veicolare delle idee purtroppo di morte.

Nel Mondo evoluto è una prassi

Il sogno di morire e di liberarsi dalle attuali catene, supera, a quanto anche l’incognita dell’Aldilà, tanto che ormai in molte parti del Mondo, cosiddetto evoluto, l’eutanasia è diventata una prassi.

Vari Paesi hanno autorizzato questa pratica, per citarne solo alcuni ricordiamo i Paesi Bassi, il Canada, il Belgio, l’Australia che con grande successo, (detto ovviamente con amara ironia, ndr), hanno registrato un forte aumento di morti provocati dai suicidi assistiti e, per agevolare questo modus operandi, si pensa già da adesso di escludere i medici dalle valutazioni per capire se il candidato alla “morte accompagnata” è un malato con grave disabilità o una persona semplicemente depressa.

In conclusione portiamo l’esempio dell’Olanda

Qui nel 2020 le indicazioni di morti per eutanasia sono state 6.938, dal 2002 è il numero più alto da quando la legge è entrata in vigore, con un aumento in percentuale del 9% rispetto addirittura all’anno precedente.

Ancora nel 2003 le morti su richiesta erano state 1.815, pari all’1,28% dei decessi su scala nazionale, mentre adesso sono il 4,5%, escludendo quelli per Covid.

Per capire meglio di cosa stiamo parlando, spostiamo il calcolo all’Italia ed è come se, in proporzione, nel 2020 fossero morti, attraverso l’eutanasia legalizzata, circa 30.000 persone, una città grande quanto Aosta.

Questo dovrebbe far riflettere il legislatore su cosa significa legalizzare la morte per chi lo desidera, avendo presente che non è solo un problema medico, ma sociale e anche di civiltà.

 

 

Antonello Cannarozzo

Foto © Fuori dal comune, Pagella politica, Quotidiano giuridico, Radicali italiani, Il Mattino

Video © Eurocomunicazione

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Antonello Cannarozzo
Giornalista professionista dal 1982. Nasce come consulente pubblicitario, in seguito entra nella redazione del quotidiano Il Popolo, dove diviene vaticanista ed in seguito redattore capo. Dal 1995 è libero professionista e collabora con diverse testate su argomenti di carattere sociale. In questi anni si occupa anche di pubbliche relazioni e di uffici stampa. La sua passione rimane, però, la storia e in particolar modo quella meno conosciuta e curiosa. Attualmente, è nella direzione del giornale on line Italiani.net, rivolto ai nostri connazionali in America Latina, e collabora con Wall street international magazine con articoli di storia.

1 commento

  1. Un tale scritto lascia sovrintendere che lo scrittore non abbia la minima idea di cosa significhi soffrire. È facile parlare per chi sta bene ma quando si soffrono dolori inenarrabili tutto cambia e la quotidianità di cui tu parli smette di essere tale. Sei stato fortunato, a quanto pare, ma non hai nessun diritto di dire che la quotidianità resta tale quando qualcosa ti corrode dall’interno.
    Smettila

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