IFAD, rapporto lancia allarme per l’Africa

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L’IFAD in un rapporto lancia l’allarme crollo produzione di colture di base a causa cambiamento climatico entro il 2050

L’agenzia Onu lancia un appello alla conferenza COP26 per dei finanziamenti mirati volti a sostenere l’adattamento climatico

Il rapporto pubblicato alla fine di ottobre, dal Fondo internazionale delle Nazioni Unite per lo sviluppo agricolo (IFAD), analizza la situazione di 8 Paesi africani. Dal confronto con i dati ottenuti si evince che i raccolti e le produzioni di generi di prima necessità potrebbero subire un crollo verticale fino all’80% entro il 2050 a causa del cambiamento climatico.

Nel dettaglio l’analisi dell’IFAD dimostra che oggi l’esigenza di cambiamenti nelle pratiche agricole e nelle politiche globali è sempre più stringente rispetto al passato. Fattori climatici avversi e condizioni ambientali più secche unite all’aumento di 2°C delle temperature, avranno un impatto devastante. Un danno che si propaga non soltanto nei raccolti, ma coinvolge pienamente anche i redditi dei piccoli agricoltori. Ciò accade in varie regioni di Angola, Lesotho, Malawi, Mozambico, Ruanda, Uganda, Zambia e Zimbabwe. Nello scenario peggiore attualmente ipotizzato, entro il 2050, la produzione annuale di mais per ogni famiglia nella provincia di Namibe in Angola potrebbe diminuire del 77%.

Il ruolo di COP26

Il messaggio dell’IFAD sulla conferenza è duro. Infatti, sostiene che la trattativa avrà un effetto non duraturo se i leader mondiali si concentreranno solo sul tema della mitigazione del cambiamento del climatico, trascurando ladattamento ad essi. La conferenza dell’Onu “COP26” si sta svolgendo in questi giorni (31 ottobre/12 novembre) a Glasgow nel Regno Unito.

Uno dei temi all’attenzione del dibattito è l’impegno non rispettato, preso 6 anni fa dai Paesi più ricchi, di mobilitare 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020 per finanziare ladattamento al cambiamento climatico in quelli più in difficoltà. Impegno, che se fosse stato raggiunto risulterebbe comunque insufficiente. Stando alle attuali stime i costi di adattamento raggiungeranno nei soli Paesi in via di sviluppo una cifra compresa tra 140 e 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2030. Inoltre, un altro grande problema riguardo gli attuali flussi finanziari destinati è che la maggior parte di essi sono dedicati alla sola mitigazione del riscaldamento globale. A fronte di ogni 18 dollari spesi in mitigazione, ne viene speso solo 1 per l’adattamento al cambiamento climatico.

Mitigazione e Adattamento

IfadQuesti due processi sono fondamentali nella lotta ai cambiamenti climatici. La mitigazione ha come obiettivo la riduzione delle cause dell’eccessivo riscaldamento del Pianeta. Ciò, significa agire sui fattori inquinanti e favorire la cattura dei gas serra, ovvero l’insieme di azioni volte alla diminuzione delle emissioni. Tuttavia, il cambiamento climatico è già in atto e anche applicando i migliori interventi drastici di mitigazione è inevitabile. Per fare fronte comune a questa situazione sono necessarie misure che rendano il territorio più resiliente. Qui entra in gioco ladattamento. Ovvero adeguare lagricoltura dei sistemi umani e naturali ai cambiamenti climatici attuali e previsti, per limitarne gli impatti negativi e sfruttarne i benefici.

I piccoli agricoltori

Il cambiamento climatico è un fenomeno che investe tutti i Paesi e tutte le realtà. In questa delicata situazione la prima barriera contro di esso è costituita proprio dai piccoli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo. Loro sono responsabili della produzione di un terzo degli alimenti consumati nel Mondo, fino all’80% in alcune Regioni dell’Africa e dell’Asia. IFAD Il vero paradosso è che, nonostante siano i più vulnerabili e i meno attrezzati ad affrontare questa situazione, ricevono meno del 2% dei fondi globalmente investiti per contrastare il cambiamento climatico. Finanziamenti insufficienti per l’adattamento, produrranno solo effetti negativi a catena. Quindi, porterà all’incremento della scarsità alimentare e della povertà con conseguente aumento di conflitti e migrazioni.

Il monito dell’IFAD

Secondo la dottoressa Jyotsna Puri, vicepresidente associato del dipartimento Strategia e Conoscenze dell’IFAD, che ha elaborato il rapporto, «Mitigazione e adattamento sono come le due ali di un uccello, non possiamo continuare a volare con un’ala sola». Inoltre, aggiunge: «Benché gli sforzi rivolti alla mitigazione siano essenziali, non daranno risultati prima di due o tre decenni. Dobbiamo investire, urgentemente, nell’adattamento ai cambiamenti climatici. In modo che i piccoli agricoltori, come quelli considerati in questo studio, possano continuare a produrre le colture su cui fanno affidamento per guadagnarsi da vivere e per alimentare le loro Nazioni».

 

James Sekitoleko

Foto © IFAD, UNEP, COP26, Phys.org

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James Sekitoleko
Cittadino italo-ugandese nato a Roma, Da sempre interessato ai temi della politica, dell’ambiente e soprattutto dell’innovazione digitale che sta cambiando profondamente i modi di vivere nella nostra società. Osservatore attento di Europa ed Unione europea. Persona curiosa a 360 gradi, coinvolto in varie realtà associative.

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