Leopoli, una città viva e piena di colori

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Leopoli

Un viaggio attraverso i ricordi tra persone gioviali e affabili con tanta voglia di vivere e posti pieni di curiosità da scoprire

Sono arrivata a Leopoli, all’estremo ovest dell’Ucraina, esattamente 4 anni fa. Mi ha dato il benvenuto nientemeno che il sindaco Andriy Sadovyi, orgoglioso di far visitare la sua città alla prima giornalista occidentale di viaggi che mettesse piedi lì. Dopo i convenevoli ufficiali abbiamo chiacchierato e mi ha detto di aver portato la famiglia a sciare sulle Dolomiti e di essersene innamorato. Voleva tornare e mi chiedeva qualche consiglio. Aveva ragione, il primo cittadino a essere orgoglioso di Leopoli. È una sontuosa città mitteleuropea, armonica galleria di stili dal gotico al neoclassico, dalla belle epoque al modernismo. Con in più il tocco elegante e misterioso dell’Oriente.

Una città gioiosa

La Ploshcha Rynok, la grande piazza del mercato, scoppiava di vita e traboccava di giovani universitari fino a sera. Su di un palco si ballava di tutto, dalle danze locali al rock allo swing. Nelle strade del centro una folla allegra gremiva i caffè alla moda e i ristoranti storici, scintillanti di specchi, samovar d’argento, tappeti persiani. Fino a notte fonda il tram, fra i primi in Europa, sferragliavano portando avanti e indietro i nottambuli.

Al risveglio, il selciato delle strade, i tetti spioventi, le cupole di centinaia di chiese cattoliche ortodosse e uniate, brillavano al sole. Mentre le babushke, le “nonnette” di un mondo antico, andavano a macinare giaculatorie nei templi oppure a vendere narcisi agli angoli delle strade.

Persone affabili e con tanta voglia di vivere

Era molto facile lasciarsi sedurre dal fascino di questa città bella e colta come Parigi, Vienna, Budapest, ma con i tratti somatici dell’est qua e là. Piacevole era parlare con le persone, gentili ospitali e piene di autentica joie de vivre. Era tale la malìa da non vedere. Si guardavano, senza davvero vedere, le madri mettere fiori sulle tombe dei soldati morti in Donbass nel vecchio cimitero di Lychavic, emozionante come un Père Lachaise orientale nascosto in una foresta ombrosa.

Oggi risuonano con voce di Cassandra le parole non abbastanza ascoltate di un ufficiale ucraino che ho intervistato nel 2018 in una birreria, un ragazzo di ventisette anni che da quattro faceva avanti e indietro dall’inferno del Donbass: «L’imperialismo russo sta raggiungendo livelli pericolosi e ormai è impossibile non rispondere. L’Unione europea deve comprendere la necessità di assumere una posizione forte riguardo episodi come la guerra in Donbass e soprattutto deve farlo non solo in difesa degli ucraini, ma dell’Unione europea stessa, che della Russia è confinante».

LeopoliQuesta guerra allora sembrava remota a tutti, anche agli ucraini di Leopoli che si aprivano al turismo. La stessa guerra in un battito di ciglia ha trasformato una destinazione turistica a due ore d’aereo in un teatro d’orrori e ha sostituito i giornalisti di viaggio con gli inviati di guerra. Per questo motivo le sofferenze e le morti in Ucraina ci toccano come nessun conflitto ha mai più fatto negli ultimi ottant’anni. Perché abbiamo scopertoparafrasando Hannah Arendt – la “prossimitàdel male.

 

Elena Bianco

Foto © Elena Bianco

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