Con la tragedia Ucraina, abbiamo dimenticato quelli africani
Con la guerra in Ucraina, si è aperto, tra i tanti problemi da dover gestire, anche quello di milioni di profughi in fuga dai combattimenti e dalla fame. Sono soprattutto donne e bambini quelli che bussano alle nostre frontiere dove, fino adesso, hanno trovato la più ampia solidarietà da tutti i Paesi della vecchia Europa che, una volta tanto, non può essere accusata di egoismo.
Detto questo bisognerà vedere come questa emergenza umanitaria si risolverà nei prossimi mesi se dovesse continuare lo stato di emergenza. Anche i Paesi ospitanti, nel lungo e medio periodo avrebbero i loro problemi sia economici e sia di tenuta sociale, specie in un momento in cui tutti gli indicatori economici danno per l’Europa segnali di forte recessione.
Come recita un vecchio adagio “Chiodo schiaccia chiodo”. Con la crisi ucraina abbiamo dimenticato l’emergenza migranti sulle nostre coste di cui improvvisamente non si parla più. Come se per incanto il problema fosse stato risolto.
Purtroppo, la bacchetta magica i nostri governanti non ce l’hanno e il problema rimane in tutta la sua gravità specie in un Paese come il nostro in grave crisi economica.
Numeri spaventosi
Cifre da capogiro che nessuno è in grado di farsene carico. Ma, ciononostante, le nostre coste, Lampedusa in primis, sono sempre sotto lo stress di nuovi arrivi anche se messi sotto tono dall’emergenza ucraina.
Dall’inizio dell’anno ad oggi sono arrivati in Italia 68.320 che vanno aggiunti agli oltre 100 mila migranti arrivati da noi dal 2020 al 2021 (dati del dipartimento di pubblica sicurezza).
In marcia verso un sogno
Un flusso di disperati che difficilmente si potrà fermare. Le situazioni di disagio sono enormi per poter solamente pensare a una soluzione rapida. Inoltre su questo argomento manca una vera politica di unità europea che lascia ogni Nazione alle prese con un problema, spesso sopra le proprie possibilità. Il caso Italia insegna.
Peccato che in questo contesto difficilmente si sente anche l’opinione proprio degli africani, di coloro che non fuggono, ma vivono e lavorano per lo sviluppo del loro Paese. Coloro che sono impegnati per la sua crescita sociale e civile come, ad esempio, la parte più viva della Chiesa africana. Proprio dai suoi vescovi arrivano, purtroppo inascoltati, gli allarmi sul flusso migratorio in Europa specialmente quello dei giovani attratti dall’idea di trovare in Europa un nuovo Eldorado che non esiste.
Inascoltati, specie da quando è iniziato il pontificato di Bergoglio. Con le sue politiche di apertura alla solidarietà in nome della misericordia è stata certamente tra i principali propugnatori delle frontiere aperte a chiunque lo voglia. Dimenticando, però, l’impatto sociale ed economico che si viene a creare nella società ospitante.
Condizione vissuta sulla propria pelle
Lo scorso anno, il cardinale nigeriano Francis Arinze, già a capo della Congregazione per la dottrina della fede, l’ex Santo Uffizio, che ha vissuto sulla propria pelle la condizione di rifugiato, ha rilasciato una intervista assai polemica sul mensile americano Catholic Herald.
Nel ricordare quanto sia triste lasciare il proprio Paese e i propri affetti afferma che: «Ogni Governo deve capire a quante persone si può provvedere. Il che non significa solamente permettere “l’entrata” a chicchessia. Alle persone occorrono, per una vita dignitosa, anche un lavoro, una famiglia ecc». Altrimenti, aggiungiamo noi, vanno a ingrossare le fine dei nuovi emarginati.
Con accorato appello si è rivolto ai governanti europei, per non incoraggiare con le loro politiche di porti aperti i giovani africani a lasciare le loro case per un paradiso che non esiste, mentre le Nazioni europee, proprio in nome della solidarietà, dovrebbero aiutare proprio i Paesi da dove proviene questa gente.
Certo, chi fugge da situazioni critiche come la guerra, persecuzioni o fame, va sempre aiutato. «Ma» – aggiunge subito dopo – «A farlo sono, di massima, i più giovani, i più robusti e spesso anche i più istruiti. E non tanto per cause di forza maggiore, quali la guerra o la fame, quanto perché attratti dalle sirene del consumismo e di una certa propaganda occidentale».
E l’Africa diventa sempre più povera
Il risultato di questa assurda politica migratoria è che in Africa rimangono solo i veri poveri. Quelli senza i soldi per fuggire come gli anziani, le donne e i bambini. Quindi l’intero continente viene ulteriormente indebolito. Altro che aiuto!.
Gli fanno eco altri importanti prelati africani come il card. John O. Onaiyekan per il quale: «Abbiamo bisogno dei nostri giovani qui in Africa. Non vogliamo che affrontino la morte nella traversata del deserto e del mare, oppure la perdita di ogni dignità finendo schiavi, criminali o mantenuti».
Sullo stesso tono anche il presidente della conferenza episcopale del Congo, Nicolas Djomo. Il quale insiste, inascoltato, anche sui pericoli per l’Europa di un “invasione islamica”.
La politica del Vaticano
Una altra figura di spicco tra i porporati africani è il card. Robert Sarah. Nato in Guinea, da anni contesta le posizione estreme del Vaticano su vari argomenti. Primo fra tutti le migrazioni dall’Africa e le necessità di fermare questa emorragia di uomini.
Nel suo libro “La sera arriva e il giorno volge” parla direttamente di un “disastroso collasso dell’Occidente, conseguente a una crisi culturale e identitaria dovuta ai processi migratori”. Un fenomeno incontrollato che porta l’Europa ad autodistruggersi: uno scenario apocalittico che si intravede già nel titolo del suo libro.
«Quanta propaganda inutile fatta dall’Occidente» – è la sua dura critica – «che vuole essere aperta a tutte le culture e tutte le religioni del Mondo. Promette una migrazione sicura, ordinata e giusta». Ma il risultato è un vero fallimento che porta con sé paure, squilibri umani e sociali e situazioni incontrollate, come vediamo oggi specie nelle periferie delle grandi città europee.
In questo quadro allarmante si domanda: «Come si svilupperanno le nostre Nazioni africane se così tanti lavoratori sceglieranno l’esilio? Quali sono queste strane organizzazioni umanitarie che attraversano l’Africa per spingere giovani a fuggire promettendo loro una vita migliore in Europa?».
Per il cardinale, l’obiettivo deve essere quello che già propugnava Benedetto XVI. “Il primo diritto dell’uomo era quello di non essere costretto ad abbandonare la propria terra d’origine”. In quanto, afferma ancora nel libro: “lo sradicamento culturale e religioso degli africani che vivono nei Paesi occidentali, che a loro volta stanno vivendo una crisi senza precedenti, è un terreno fertile per ogni dramma sociale“. L’unica soluzione, per Sarah, è lo sviluppo economico in Africa senza dover emigrare. Un’idea semplice, ma difficile da penetrare, almeno oggi, attraverso le alte Mura Leonine che circondano il Vaticano.
Speriamo che gli errori fatti con la migrazione africana non si ripeta anche per quella ucraina, sarebbe non più una crisi, ma una vera tragedia.
Antonello Cannarozzo
Foto © Left, DW, Toba60, Vaticano