Marco Paoli, la nuova mostra “TRE.E”

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Marco Paoli

Le venti opere di vario formato esposte hanno un filo conduttore ben preciso: il bosco. Soggetto molto amato dall’autore

Nato a Tavarnelle Val di Pesa (Toscana), nel 1959, Marco Paoli vive e lavora a Firenze come fotografo. Tra i suoi lavori più celebri spicca Amazonlife Project, la documentazione del progetto Busajo a Soddo, in Etiopia, a sostegno dei bambini di strada.

Nel 2017, realizza per Contrasto il libroHallelujah Toscana, con la collaborazione di Michael Cunningham e Alba Donati che ne scrivono rispettivamente la prefazione e i testi poetici. Questa pubblicazione si aggiunge alle tre precedenti realizzate con Giunti: “Ballads”, “Silenzio ed Ethiopia”.

Ha esposto a Washington nella sede del Consiglio europeo, a New York alla sede dell’Onu, a San Francisco e al Macro di Roma.

La galleria Cartavetra ospita da giovedì 5 maggio 2022 nella sua sede in via Maggio a Firenze, la nuova mostra dell’artista “TRE.E” a cura di Marcella Cangioli e Antonella Nicola.

Le venti opere di vario formato esposte hanno un filo conduttore ben preciso: il bosco.

La curatrice Marcella Cangioli da noi intervistata afferma:

«Questo è un soggetto che Marco ama molto e che sente molto suo». 

«Quando per la prima volta, sei o sette anni fa, sono entrata nel suo studio, mi sono ritrovata improvvisamente circondata proprio da alberi! Alberi da ogni dove, di qualsiasi fattezza e dimensione, che suscitavano in me un sentimento ambiguo. Non capivo se volevo trovare una rapida via di uscita per sfuggire da quella sorta di oppressione o se invece preferivo restarmene lì protetta a osservarla e a esserne osservata».

Il fotografo infatti lavora spesso a contatto con la natura: nel suo terreno, posto su una collina e affacciato su una piccola valle, Marco trova un angolo di pace e armonia che possa fungere per lui da studio, dove percepire l’esistenza di fili che intersecano una creatura con l’altra. È qui che riesce a dare sfogo all’esigenza meditativa e di azione che si innesca al momento del contatto tra uomo e natura.

All’inaugurazione del progetto, abbiamo incontrato e intervistato lo stesso Marco Paoli che ci ha svelato i segreti nascosti dietro ai rami intrecciati rappresentati.

La curiosità è tanta: perché proprio questo titolo?

«TRE.E innanzitutto come albero in inglese, che si collega perfettamente al soggetto della mostra. Ma il vero motivo sta dietro alla frase che ho pronunciato proprio quando mi è stato chiesto di allestirla: Allora faccio il 3!. Detta così sembra non significare niente, ma in realtà è legata a un prototipo di un libro, che non è stato ancora né stampato né distribuito, intitolato UNO e DUE. Un lavoro dedicato all’acqua. Questa mostra è come se ne costituisse il proseguimento, allora: 3!»

Da dove è venuta l’idea della mostra e come si è sviluppata?

«Durante il lockdown mi è venuta l’idea, che poi ho affinato nel secondo anno, durante il quale ho capito dove e in che modo potevo sperimentare». 

«L’idea è come una matassa dalla quale si cominciano poi a tirare fuori i fili: la mia idea di partenza iniziale era di raccontare la sensazione che si ha all’entrata in un bosco o in una foresta, ambiente che tra l’altro conosco bene, avendolo fotografato molte volte».

Marco Paoli«Le foto sono stampate su della carta di riso, che può essere a colori o in bianco e nero, resa poi trasparente attraverso la ceratura. La cera vegetale è per così dire stirata sulle carte e poi queste vengono sovrammesse e attaccate sulla tela. Si ottiene così un lavoro totalmente diverso da quello che ho fatto in anni precedenti». 

«Inizialmente volevo più tridimensionalità, ma la carta ahimè, non me lo ha permesso. È un materiale molto variabile, anche a causa dell’umidità, della pioggia, del caldo o del freddo».

Quali sono state le tue fonti di ispirazione? 

«Durante la fase creativa, pensavo al sistema linfatico, alle radici sotto terra, a tutti gli elementi naturali interconnessi in una fitta rete. Mi ha aiutato tantissimo ascoltare la musica psichedelica anni ’60/’70. Mi ha dato tanta ispirazione: per come lo vedo io il risultato della mostra è molto psichedelico». 

Come ci si sente il giorno del vernissage della propria mostra, quando il pubblico sta vedendo il lavoro su cui ti sei dedicato a lungo, un lavoro collettivo?

«Beh, di sicuro mi sento bene, nel senso, sono contento perché questo mi ha preso due anni totalmente. Mentre vedevo il progetto nascere e crescere, in me è nata una sensazione che dice sì, l’ho fatto io! È stato un lavoro collettivo soprattutto nella fase di incollaggio e assemblaggio delle varie carte di riso e vegetali, perché era un mondo che non conoscevo. Io vengo dalla fotografia in bianco e nero, perciò confrontarmi con la stampa industriale e la manifattura per costruire un’immagine che avevo in testa è stato stimolante».

La mostra resterà aperta fino al 2 luglio 2022

 

 

Cecilia Sandroni

Foto © Cecilia Sandroni

Video © Eurocomunicazione

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Cecilia Sandroni
Fondatrice della Piattaforma internazionale ItaliensPR. Cecilia Sandroni, per formazione semiotico del teatro, è membro della Foreign Press di Roma come Italienspr (italienspr.com/global press), oltre ad essere un'esperta di relazioni internazionali nella comunicazione. Le sue competenze spaziano dal teatro-cinema, alla fotografia, all'arte e al restauro, con la passione per i diritti umani. Indipendente, creativa, concreta, ha collaborato con importanti istituzioni italiane e straniere per la realizzazione di progetti culturali e civili.

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